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La pena di morte nell'autorità palestinese
di Valentina Piattelli
http://www.squilibrio.it/index.php?idcontainer=178





Reintrodotta nel 1994, la pena capitale ha già fatto decine di vittime.

Molti sono stati condannati per 'collaborazionismo', ma forse erano solo

oppositori politici.



SOLTANTO NEL 1996, 12 CONDANNE A MORTE



Dopo l'occupazione del 1967, l'esercito israeliano emanò un'ordinanza con

cui aboliva la pena di morte, prevista dalla legge giordana ed egiziana.



Nel 1994, con la creazione dell'Autorità Palestinese, gli israeliani

manifestarono il loro timore per una possibile reintroduzione della pena di

morte pretendendo, con l'Accordo di Gerico, che la pena capitale non fosse

applicabile ai sospetti estradati da Israele verso l'Autorità Palestinese.

La pena di morte effettivamente è stata reintrodotta in Palestina quello

stesso anno.



La prima persona ad essere condannata a morte è stata Tha'er Mahmoud Faris,

fucilato nel maggio del 1995, dopo essere stato condannato da una corte

militare sulla base della "Legge della Rivoluzione Palestinese", approvata

dall'Olp nel 1974.



Possono condannare a morte, oltre ai tribunali militari, anche le Corti di

Sicurezza di Stato istituite nel 1995. Queste corti - che lavorano a porte

chiuse e per le cui sentenze non c'è diritto d'appello - sono state

aspramente criticate da Amnesty International perché non seguono le

procedure legali basilari, violando i diritti dell'accusato.



Ad esempio Rajeh Huliel Ali Abu-Sitta è stato processato a porte chiuse

subito dopo il suo arresto, alle tre di notte, e condannato a morte in 15

minuti. Inoltre Abu-Sitta ha affermato di essere stato picchiato fra il

momento dell'arresto e il processo. La famiglia ha saputo dai giornali

dell'arresto e della condanna morte del loro congiunto.



L'applicazione della pena di morte è stata subito massiccia: soltanto nel

1996 vi sono state 12 condanne a morte.



Nel 2001 vi sono state due esecuzioni e 12 condanne a morte, tutte dopo

processi iniqui e sommari. La maggior parte dei condannati erano stati

accusati di tradimento o "collaborazionismo" con le autorità israeliane.



ESECUZIONI DI 'COLLABORAZIONISTI'



Il 13 gennaio 2001, Allan Bani Odeh è stato fucilato nella pubblica piazza

di Nablus, in Cisgiordania, davanti a migliaia di palestinesi che gridavano

"Dio è grande". Lo stesso giorno, Majdi Mikkawi è stato fucilato presso la

stazione centrale della polizia di Gaza. Entrambi erano stati condannati a

morte perché ritenuti colpevoli di aver fornito a Israele informazioni che

avevano portato all'uccisione di attivisti palestinesi. Il leader

palestinese Yasser Arafat aveva ratificato le condanne a morte emesse 2

giorni prima da tribunali per la sicurezza dello stato.



Secondo il Palestinian Human Rights Monitor Group (Phrmg),

un'organizzazione palestinese per la difesa dei diritti umani, "Alan Bani

Odeh è stato fucilato il 13 gennaio 2001 dopo un processo durato appena tre

ore; i suoi avvocati, designati d'ufficio, avevano avuto quindici minuti

per prendere conoscenza degli incartamenti".



Nel marzo del 2002 una troupe della BBC ha incontrato le famiglie delle due

vittime; secondo i giornalisti entrambi gli assassinati avevano un passato

di oppositori dell'Autorità Palestinese ed entrambi avevano criticato

apertamente Arafat.



Secondo l'associazione pacifista Betselem sono decine le persone uccise

sommariamente o condannate a morte per "collaborazionismo". Sotto questo

termine vi sono i comportamenti più vari: dal non partecipare a scioperi

generali al compiere azioni "immorali", quali la prostituzione e il consumo

di droghe.



ESECUZIONI SOMMARIE E LINCIAGGI



Nell'agosto del 2002 Ikhlas Yasin Khouli, palestinese, vedova e con sette

figli, è stata fucilata, senza processo, a Tulkarem dalle Brigate martiri

Al-Aqsa per "collaborazionismo con Israele". L'esecuzione è la confessione

della donna sono state trasmesse dalla televisione palestinese. "Non

collaborate con Israele", sono state le ultime parole di Ikhlas Khouki,

prima di essere trascinata nelle strade di Tulkarem e fucilata.



In seguito il figlio diciassettenne Bakir Khouli, anche lui in attesa di

esecuzione, ha fatto sapere a giornalisti della Bbc: "Mi hanno torturato

finché ho inventato una confessione che incolpava mia madre".



L'anno precedente era stato ucciso il padre di questa famiglia, sempre per

"collaborazionismo". Un mese dopo la zia, anche la nipote della donna, di

soli diciassette anni, è stata giustiziata sommariamente dopo essere stata

condotta in un terreno incolto.



La figlia adolescente Nadjla ha detto a "Le Monde" di non essere affatto

convinta della colpevolezza della madre: "Stavamo tutto il tempo assieme;

so di lei vita morte e miracoli. Non vedo quando possa aver fatto la spia

per gli israeliani". Così racconta l'esecuzione: "E' venuto un impiegato

del comune a comunicarmi la morte di mia madre. Era stata prelevata il

giorno prima. Dopo averla uccisa, hanno abbandonato il suo corpo per la

strada. E' stato durante il coprifuoco imposto dall'esercito israeliano. Ho

saputo in seguito che un'ambulanza palestinese si era fermata accanto a

lei, ma i barellieri non hanno voluto trasportarla all'obitorio perché era

una collaborazionista. E' questa l'immagine che mi fa più male".



Talvolta le prigioni palestinesi vengono assaltate da gruppi armati che si

impossessano dei presunti "collaboratori" per linciarli. L'ultimo caso è

avvenuto nella primavera scorsa a Tulkarem, quando otto prigionieri sono

stati prelevati dalle celle e uccisi. I loro corpi sono rimasti esposti in

una via del centro per molte ore.



Sono una cinquantina le vittime di queste esecuzioni sommarie dall'inizio

della seconda Intifada. Un numero finora inferiore rispetto alla prima

Intifada (1987-1993), quando furono ben 1200 i presunti collaborazionisti

giustiziati sommariamente



Secondo il Phrmg: "L'utilizzo da parte degli occupanti di persone dei

territori occupati per ottenere informazioni è contrario alla convenzione

di Ginevra". Secondo l'esercito israeliano, circa l'80% degli attacchi

contro gli israeliani viene sventato grazie a informazioni fornite da

palestinesi.



L'ULTIMO CONDANNATO E' UN ATTIVISTA PER I DIRITTI UMANI



Khaidar Ghanem lavorava per l'organizzazione pacifista Betselem

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