domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
10.04.2006 Gaza come la foresta di Sherwood, Hamas come Robin Hood
nell'articolo di Alberto Stabile

Testata: La Repubblica
Data: 10 aprile 2006
Pagina: 1
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «La morsa di Israele su gaza»

Su REPUBBLICA di oggi, 10.4.2006, un servizio di Alberto Stabile che viene richiamato in prima pagina dal breve pezzo che segue. Breve, ma lungo quanto basta per riproporre  la solita "Con la morte di due palestinesi in altrettanti raid israeliani, sale a 15 il numero delle persone morte negli ultimi quattro giorni nei terrirori...". Una abitudine questa della propaganda contro Israele, la quale si guarda bene dal fornire la stessa contabilità quando le vittime sono israeliani uccisi in attentati. Mai abbiamo letto " sono salite a 22 le vitime dell'auotobus fatto saltare in aria dai terroristi palestinesi", mai, neanche una volta per sbaglio. Questa macabra contabilità, che però agisce abilmente sull'opinione dei lettori, è sempre a senso unico. Eccola:

GERUSALEMME - Con la morte di due palestinesi in altrettanti raid israeliani sale a 15 il numero delle persone morte negli ultimi quattro giorni nei Territori, nell´ambito della rappresaglia lanciata contro i gruppi armati palestinesi che nei giorni scorsi avevano aperto le ostilità lanciando razzi contro le postazioni dell´esercito. Alcune vittime sono tra la popolazione civile. Lo scopo di Gerusalemme è mettere sotto pressione il nuovo governo di Hamas, che promette vendetta e chiede l´intervento dell´Europa per fermare le azioni israeliane.

Segue a pag.16 l'articolo di Alberto Stabile, che, come sempre, confonde Gaza con la foresta di Sherwood e descrive le attività dei vari gruppi terroristi come se avesse davanti ai propri occhi  gli allegri "militanti" di Robin Hood. Che i buoni "miliziani" si dedichino non alla rapina dei ricchi viandanti ma a lanciare missili e razzi contro le città israeliane che confinano con Gaza, viene evidentemente giudicata una attività normale. E la reazione di Israele, che quegli attacchi vuole e deve impedire, come qualcosa che dovrebbe essere condannato dal "mondo civile". Stabile descrive il terroirsmo a Gaza come se sotto le dita, invece dei tasti del PC, avesse una tavolozza ricca di colori. Qui uso il verde, là spalmo del rosso, e poi calco ancora sul verde così e più brillante. Un classico il titolo: "La morsa di Israele su Gaza", gli attacchi a base di Kassam e Katiushe scompaiono dal titolo, viene evidenziata solo la risposta di Israele. Poteva non essere una "morsa" ? Invitiamo i nostri lettori a leggere il pezzo di Stabile e poi chiedersi se è così che deve fare informazione un grande quotidiano (grande per le copie vendute) come REPUBBLICA.

GAZA - Le grida dei bambini sovrastano i tonfi delle cannonate che rimbombano nel cielo grigio di scirocco. Non solo non ci fanno più caso a quegli schianti assordanti, come di una porta che sbatte e sbatte in una casa vuota, ma negli ultimi giorni hanno persino inventato un nuovo gioco, una specie di caccia al tesoro, a chi trova lo shrapnel più grosso conficcato nelle dune che avvolgono le ultime case di Beit Layha. E´ qui, alla periferia di questa cittadina di 30 o 40mila abitanti, a ridosso del confine nord della Striscia, che l´artiglieria israeliana cerca di allontanare con uno sbarramento continuo, ossessivo i lanciatori di missili Kassam.
Sono, o per meglio dire, dovrebbero essere loro, gli artificieri delle milizie irriducibili, che oggi non si curano se al governo c´è Hamas, come ieri non si curavano se c´era al Fatah, gli obiettivi di questa potente offensiva israeliana. Una "risposta" che soltanto nel fine settimana, da venerdì a domenica, ha lasciato sul terreno 15 morti, quasi tutti attivisti di diversi gruppi armati, ma anche un bambino di cinque anni e un tassista di 42 che aveva avuto la ventura di accompagnare al posto di lavoro un dirigente della sicurezza palestinese. Decine i feriti.
Accade, però, che un colpo centri una casa di Beit Layha e ferisca una donna e i suoi due figli. E che una raffica di cannonate si abbatta su un campo di fragole, non lontano da dove, un anno fa, cinque fratelli vennero feriti e amputati delle gambe, su un allevamento di polli risparmiato dall´aviaria, o su una fabbrica di materassi al centro e non alla periferia della stessa cittadina, riducendola in fumo. La nuova offensiva, in sostanza, si va pericolosamente avvicinando alla popolazione civile.
Accade anche, che al di là della strada che taglia in due la Striscia, a Beit Hanun, dove un tempo sorgevano i più begli agrumeti di Gaza, nel mirino dei soldati israeliani finiscano non le batterie mobili di razzi fatti in casa, orgoglio e vanto di milizie che vorrebbero piegare in questo modo insulso uno degli eserciti più potenti del mondo, ma quel che rimane, in loco, della Sicurezza Nazionale Palestinese, vale a dire due minuscole posizioni già colpite malamente durante la seconda intifada.
Come un´incontenibile e misteriosa materia fluida la guerra dei Kassam, che in realtà è una guerra contro il potere di Hamas, si va espandendo lambendo la popolazione civile e avvolgendo nelle sue soffocanti volute quella parte dell´Autorità palestinese che con Hamas non ha niente a che fare. Compreso, si potrebbe dire, il povero presidente Abu Mazen che oggi viene additato da Ehud Olmert come un inutile orpello, senza autorità, senza prestigio e l´indomani viene indicato come l´unico interlocutore cui è lecito rivolgere la parole. Ma per discutere di che cosa?
Quel corridoio di terra palestinese su cui lo scorso agosto, dopo il ritiro, si sono vanamente appuntate le speranze di un nuovo inizio, era ieri percorso da correnti di rabbia e di lutto. A Khan Yunis una folla di armati ha accompagnato al cimitero le sei vittime del bombardamento di sabato sera (missili aria terra) contro un campo d´addestramento delle Brigate Abu Rish, dal nome di una potente famiglia di Gaza, tradizionalmente associata ad al Fatah.
Migliaia di colpi sono stati sparati in aria da uomini mascherati, identificabili soltanto per le bandiere dei gruppi d´appartenenza.
C´erano tutti i colori della guerriglia palestinese. Il nero della Jihad, che ha prima dichiarato e poi smentito una tregua di una settimana nel lancio di Kassam verso il territorio israeliano.
Il giallo delle Brigte Al Aqsa (Al Fatah). Il verde pallido dei Comitati di Resistenza popolare, che il giorno prima, venerdì sera, avevano visto falciati dagli elicotteri Apache cinque dei loro uomini, più il bambino di cinque anni, figlio di uno dei comandanti, Eyad Abu el Ein. Mancava soltanto il verde brillante, delle Brigate Ezzeddin el Kassam, braccio armato del partito al potere, le quali Brigate Ezzeddin el Kassam hanno comunque minacciato, con una telefonata all´Agenzia France Presse, la più feroce delle vendette.
Folle dolenti e minacciose sono sfilate anche a Beit Layha e a Rafah, nel sud. L´offensiva, insomma, ricompatta e unisce un fronte che appariva diviso.
Per tutto il giorno i nuovi governanti sono risultati introvabili.
Si sono rinchiusi in una località segreta per una riunione d´emergenza dalla quale è trapelato soltanto lo «stupore» del premier Ismail Haniyeh verso il silenzio dell´Europa che «assiste insensibile a questi crimini odiosi commessi anche contro donne e bambini». Quella stessa Europa, sembra dire Haniyeh, che oggi si riunirà, coi suoi ministri, per condannarci alla penuria e alla fame togliendoci gli aiuti di cui abbiamo bisogno.
Se, però, Israele, come dice Haniyeh, «conta sul silenzio dell´Europa» per proseguire la sua guerra contro il partito islamico al potere, Hamas conta sull´orgoglio ferito dei palestinesi per non cambiare la sua politica. «Noi non possiamo fermarli», dice Hatem Abu Halub, un impiegato del centro sanitario "Martiri di Beit Layah", «il mondo deve fare qualcosa».
«Se ne sono andati ad agosto - continua - ma l´occupazione non è finita, anzi, forse, è peggio di prima. Venerdì sera hanno cominciato a martellarci poco dopo mezzanotte e sono andati avanti fino al mattino. Pausa, poi riprendono fino a sera. Ogni giorno così. Risultato. I bambini non vanno a scuola. La gente non va a lavorare. Le strade sono deserte come se fossero ancora lì», è indica un recinto di filo spinato sormontato da torri di guardia che negli anni della prima intifada era un accantonamento israeliano ed oggi, ospita la Guardia Nazionale.
Si crea il solito capannello di gente. Molti sono bambini che orgogliosi di mostrare le prede premono e pestano i piedi agli adulti. Ormai sanno distinguere le schegge "fresche" da quelle di qualche giorno. Le prime hanno l´erba verde attaccata in mezzo ai minuscoli tentacoli. Se le contendono e gridano, e le grida coprono gli schianti

Per inviare la propria opinione a Repubblica, cliccare sulla e-mail sottostante.


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT