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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.04.2006 La visita di Shimon Peres in Vaticano
l'invito a Benedetto XVI e la questione del dialogo con Hamas

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 aprile 2006
Pagina: 16
Autore: Luigi Accattoli
Titolo: «Peres invita il Papa in Israele «La visita all'inizio del 2007» - Il Vaticano e Hamas: «Un errore l'isolamento»»

Una cronaca della visita di Shimon Peres in Vaticano:

CITTÀ DEL VATICANO — Shimon Peres, il grande saggio di Israele, ha invitato il Papa a visitare il suo Paese e Benedetto XVI gli ha risposto che «potrebbe farlo nella prima metà del prossimo anno»: è stato lo stesso Peres a riferirlo ai giornalisti, mentre il portavoce vaticano ha informato che i due si sono trovati d'accordo nella più piena condanna del terrorismo.
Nella conferenza stampa che ha tenuto dopo il colloquio di 40 minuti con il Papa e quello più tecnico con il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, Peres — premio Nobel per la pace, ex leader laburista, ex primo ministro e ora figura centrale di Kadima — si è detto ottimista sullo stato dei rapporti con la Santa Sede: ritiene che per questi rapporti sia arrivata «la primavera» e che sarà possibile «lavorare insieme».
«Ho trovato un uomo deciso a fare della religione un richiamo alle coscienze e a non lasciare che il terrorismo uccida le chances della pace», ha detto Peres in un'intervista a Telepace.
Ai giornalisti incontrati all'Hotel Minerva ha parlato con apprezzamento del Papa tedesco: «La sua voce si è levata per separare la religione dal terrorismo. In qualunque libro sacro, compreso il Corano, non si fa mai appello a compiere violenze e a uccidere».
Peres ha riferito di aver esposto a Benedetto XVI «un panorama preciso del processo di pace, sottolineando che per noi si deve partire da una proposta accettata da tutti, vale a dire la Road Map».
Riguardo ai negoziati bilterali, tra Israele e Santa Sede, per l'accordo economico — la trattativa dura da sei anni e segna il passo — Peres ha promesso il suo impegno nella ricerca di una «soluzione giusta», per «aumentare il livello del negoziato e concluderlo nel più breve tempo».
Altra questione affrontata in Vaticano è stata quella dell'accesso ai luoghi santi: «Anche in questo caso si tratta di migliorare la situazione, incluso Nazareth, in modo che i pellegrini possano trovare sempre luoghi amichevoli e attraenti». Si conosce la protesta della Custodia di Terra Santa (i padri francescani che «custodiscono» i santuari a gestione cattolica) per le limitazioni che incontrano i cristiani palestinesi in tale «accesso».
Questo è il passaggio più importante della dichiarazione del portavoce vaticano Navarro-Valls: «Nel corso dei colloqui vi è stato uno scambio di opinioni sul problema della pace in Terra Santa, nel rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite e degli accordi finora conclusi. In tale contesto vi è stata unanimità nel condannare ogni forma di terrorismo sotto qualsiasi pretesto si tenti di giustificarlo».
Il richiamo congiunto alle «risoluzioni» dell'Onu e agli accordi «finora conclusi» è un piccolo capolavoro di diplomazia: al rispetto integrale delle risoluzioni dell'Onu richiama da sempre la Santa Sede, mentre è una parola d'ordine israeliana la richiesta — rivolta al nuovo governo palestinese, dominato da Hamas, vincitore delle elezioni — della sottoscrizione degli accordi già raggiunti tra Israele e l'Autorità palestinese.
Quanto al viaggio papale in Israele, fino a ieri non si sapeva che Benedetto XVI l'avesse già deciso, tanto da poter dare all'autorevole interlocutore una precisa previsione temporale. Si sapeva tuttavia che il nuovo Papa aveva a cuore quella visita e che ad essa lo muoveva principalmente l'obiettivo del «pellegrinaggio» ai luoghi santi e quello del dialogo con l'ebraismo.
Il Papa teologo ragiona più da teologo che da diplomatico o da predicatore della pace e perciò anche i suoi «pellegrinaggi» li intende innanzitutto come missioni ecclesiali ed ecumeniche, prima che politiche. Già il novembre scorso avrebbe voluto visitare la Turchia, per esempio, non per affrontare la questione dell'ingresso di Ankara in Europa o qualsiasi altra materia geopolitica, ma per «abbracciare» il patriarca di Costantinopoli. In Turchia andrà il prossimo novembre e la visita in Terra Santa potrebbe seguire pochi mesi dopo: il «pellegrinaggio» di Giovanni Paolo II, nell'anno 2000, avvenne in marzo.

Di seguito, un articolo sulla posizione del Vaticano circa i rapporti diplomatici con Hamas:
 

CITTA' DEL VATICANO — Nei colloqui che ha avuto in Vaticano Shimon Peres non ha posto la questione di Hamas, né gliel'hanno proposta papa Ratzinger e il cardinale Sodano. Ma sullo sfondo di quanto diceva l'ex premier israeliano c'era la preoccupazione per il futuro comportamento di Hamas e dietro le parole dei suoi interlocutori c'era l'idea che forse è meglio «non isolare» chi ha vinto le elezioni, ma «aiutarlo a evolvere». Così — in risposta a una nostra domanda — si è espresso un collaboratore del papa in riferimento all'incontro di ieri.
Non c'è — ad oggi — una posizione ufficiale vaticana su Hamas e sul governo che ha costituito. C'è piuttosto un atteggiamento attendista e possibilista. Ovviamente preoccupato per il passato terrorista di Hamas, ma anche attendo a cogliere i segni dell'auspicata evoluzione e che valuta positivamente la capacità dei vincitori delle elezioni di mantenere l'ordine nei territori palestinesi.
Nei colloqui di ieri i riferimenti ad Hamas sono stati solo indiretti. Ma certo si alludeva alla situazione creata dalla sua vittoria quando ci si scambiava opinioni sull'opportunità di favorire l'affluenza degli aiuti economici che possa permettere all'Autorità palestinese di pagare gli stipendi e quindi di mantenere la pace sociale, condizione indispensabile per la ripresa del processo di pace.
La disponibilità a «dialogare» con Hamas espressa ieri, in un'intervista al Corriere della Sera, dal Custode di Terrasanta, il padre francescano Pierbattista Pizzaballa, è condivisa in Vaticano: e del resto il Custode viene nominato dal papa. Ma sia alla Custodia sia in Vaticano fanno osservare che una cosa sono i rapporti della Custodia con chi governa i territori palestinese e «tutt'altra questione» è la pregiudiziale posta dai vincitori delle elezioni israeliane affermando che non «tratteranno» con Hamas.
Con riferimento alle dichiarazioni di Pizzaballa e in risposta alla domanda di un giornalista, ieri Peres ha detto che «è normale parlare con qualcuno», ma «ci deve essere reciprocità». E ancora: «Continueremo a negoziare con i palestinesi nonostante al governo ci sia Hamas, perché la Road Map prevede che l'interlocutore nel negoziato sia il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, che è forte del sostegno del 62 per cento dell'elettorato che lo ha votato».
Peres è stato durissimo con Hamas che — ha detto — «è per definizione contro la pace». Ma ha insistito sulla necessità di rilanciare il processo di pace, parlandone in termini molto simili a quanto sempre auspicato dai portavoce vaticani: «Siamo disposti a puntare a un accordo di pace e a confini definitivi, sulla base di quanto già previsto dalla Road Map».
Pare dunque che non vi sia grande distanza tra la disponibilità israeliana al negoziato «nonostante Hamas», com'è interpretata dal flessibile Peres e il «possibilismo» vaticano che ha sempre inviato Israele a tener conto di «tutti gli interlocutori» del processo di pace.

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