Accordo tra Kadima e Avoda per la formazione del governo la cronaca di Fiamma Nirenstein
Testata: La Stampa Data: 05 marzo 2006 Pagina: 10 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «L’annuncio di Olmert e Peretz «Faremo insieme il nuovo governo»»
Da La STAMPA di mercoledì 5 aprile 2006:
Diceva Churchill che i governi fanno la cosa giusta solo dopo aver provato tutte le altre strade. Lo si vede qui, ancor prima che un governo esista, dal lavorio delle forze uscite dalle elezioni israeliane del 28 aprile. Ieri per la prima volta finalmente i leader delle due forze cui naturalmente compete essere il cuore della politica israeliana prossima ventura, si sono presentati al pubblico insieme. Ehud Olmert, capo di Kadima, il partito del centro ereditato da Sharon, con i suoi 29 seggi, ha dichiarato che quando riceverà dal presidente della repubblica Moshe Katzav il mandato, Amir Peretz, capo dei laburisti, 19 seggi, sarà il suo primo alleato naturale, con tutti gli onori e i ministeri dovuti. E Peretz ha chinato la testa di fronte al capo di Kadima dichiarando che Olmert, invece, è il suo primo ministro naturale. Poi, uscendo, Peretz, ostentando di nuovo un’esuberante sicurezza di sé, ha detto di avere ottenuto da Olmert l’impegno di non trattare con nessun altro partito fino a che linea e distribuzione dei ruoli non saranno concordate. In realtà durante la conferenza stampa i due sembravano una coppia che si ripresenta in pubblico dopo ripetuti e ben noti tradimenti: imbarazzati, scontenti, scorbutici. Il messaggio era quello che tutta Israele voleva sentire, ma prima di arrivarci, soprattutto Peretz, ha fantasticato parecchio. Olmert gli telefonava e lui si faceva negare, mentre era impegnato, si dice, in un’operazione che i cronisti più anziani hanno definito niente meno che «trucco puzzolente», sulle tracce del primo «trucco», quello di Shimon Peres contro il governo a rotazione di Shamir, nel 1990. Peretz ha tentato, sembra, una presa di contatto niente meno che con la destra, specie con i partiti religiosi che rappresentano gli indigenti, per formare un governo «sociale»; ma sembra che ci siano stati anche contatti col Likud di Netanyahu. Che cosa ci sarebbe in comune? Ambedue sono contrari all’unilateralismo, e vogliono invece subordinare la divisione territoriale a una trattativa. Si può bene immaginare che dalla trattativa dell’uno e dell’altro uscirebbero piani ben diversi e in realtà è apparso a tutti un gran segno di bizzaria che Peretz, se le indiscrezioni sono vere, si sia buttato tanto in avanti in un’operazione quasi senza speranza. Probabilmente il nuovo leader laburista, che ha sostenuto di non aver contattato nessuno ma di essere stato cercato lui dalla destra senza avergli dato corda, ha avallato così le voci di una possibilità alternativa Kadima per accreditare l’idea di una sua possibile candidatura a primo ministro. Un’idea già vivacemente ventilata dai suoi nonostante i poco eccitanti risultati elettorali: da mettere nel cassetto e tirare fuori alla prima possibilità. Nel frattempo, tuttavia, specie nottetempo e in casa di amici comuni, senza per niente coinvolgere le squadre incaricate di trattare e senza dir niente neppure ai più cari amici, Olmert e Peretz si sono incontrati due volte. Quello che Peretz chiede è uno dei tre ministeri chiavi: gli Esteri che però è stato promesso all’attuale ministra Tzipi Livni, la migliore aiutante di Olmert; il Ministero del Tesoro, che Olmert non vuole in nessun modo affidare a un socialista come Peretz, per paura che gli rovini l’economia appena rimessa in piedi (a costo di tagli pesantissimi e del crollo della simpatia popolare) da Netanyahu. Resta la Sicurezza, che tutti possono immaginare quanto valga in Israele e che è oggi di Shaul Mofaz capo di Stato Maggiore. Pare proprio che questo incarico sarà la ricompensa che richiede Peretz, oltre all’Educazione. Peretz stesso, che di esercito non se ne intende, sembra piuttosto spaventato dall’ipotesi, ma probabilmente offrirà il ruolo di viceministro e quello di direttore del ministero a personaggi che possano colmare le sue falle tecniche. Intanto tutti ridacchiano all’ipotesi. «Ma - dice Haim Ramon, ex ministro di Barak, ex laburista, oggi politico molto in vista in Kadima, che vorrebbe essere ministro della Giustizia - non abbiamo preso 40 seggi, ma solo 29. E quindi, dobbiamo pagare il prezzo dovuto nelle democrazie. Anche io mi appresto a pagare il mio». Dunque, il nodo centrale sembra sciolto. Adesso comincia la danza di tutti gli indispensabili partitini, come i pensionati o Shas, che avanzano richieste sociali per aderire al programma: lo sgombero da buona parte della Cisgiordania. Oggi, ricordiamocelo, non si chiama più «Itnatchut» , disimpegno o sgombero, ma «itcansut», rientro, consolidamento, raccolta. Insomma, ritorno a casa.
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