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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.04.2006 La questua di Hamas
utilizza i buoni uffici di un'intervistatore acritico

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 aprile 2006
Pagina: 15
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «L'Autorità palestinese ha solo due mesi di vita»

In un'intervista a Lorenzo Cremonesi rilasciata al CORRIERE della SERA di lunedì 3 aprile 2006 il ministro delle finanze palestinese, membro di Hamas, lancia l'allarme per l'imminente collasso finanziario dell'Anp.
Per meglio aiutarlo a convincere il pubblico italiano della necessità di finanziare l'Anp di Hamas Lorenzo Cremonesi gli suggerisce: "Se Israele si ritirasse sui confini del 1967, sareste pronti a firmare un pieno trattato di pace? ".
Prevedibilmente, la risposta é affermativa, ma subito viene posta un'ulteriore condizione che annuncia la propagandistica di sponibilità al riconoscimento di Israele ostentata dal ministro fondamentalista: Israele deve anche riconoscere il "diritto al ritorno", ovvero acconsentire alla sua distruzione per via demografica. Finché ciò non avverrà, "ogni azione militare é legittima, inclusi gli attentati suicidi a Tel Aviv", allo scopo di distuggere Israele per via terroristica.
Cremonesi non indica queste contraddizioni al suo interlocutore  e si guarda bene anche dal riferire le dichiarazioni del ministro degli Esteri palestinese al Zahar, che chiaramente ha negato il diritto all'esistenza di Israele, indicando la necessità di creare uno Stato islamico in tutta la "Palestina".
Ecco il testo:
  

RAMALLAH - «Per un paio di mesi i salari possiamo pagarli. Poi non è escluso che l’intera amministrazione palestinese vada in bancarotta. Ma sono fiducioso: nessuno al mondo vuole il caos in Cisgiordania e Gaza. E Israele non è affatto interessato a tornare alla gestione di scuole, trasporti, ospedali, strade o immondizie palestinesi».
Omar Abdelrazek da soli due giorni è entrato nel suo ufficio di ministro delle Finanze per il nuovo governo Hamas. E già rimpiange la sua cattedra di professore di economia all’università di Nablus. Perché il suo in questo momento è probabilmente il compito più ingrato: fare quadrare un bilancio che parte in rosso e con la prospettiva di un pesantissimo embargo internazionale mirato a costringere Hamas a riconoscere Israele, rinunciare alla lotta armata e accettare gli accordi firmati in precedenza dall’Olp con lo Stato ebraico.
Dovete pagare i salari di 140.000 dipendenti pubblici, tra cui circa 60.000 poliziotti. Avete i soldi?
«Pochi, ma per marzo e aprile possiamo farcela, senza ridurre gli stipendi, anche se sto già pianificando di tagliare le spese per la benzina e le auto dei ministeri».
Secondo James Wolfensohn, il rappresentante dimissionario del Quartetto (Usa, Eu, Onu e Russia), il vostro debito ammonta mensilmente a 130 milioni di dollari. Come farete se Usa, Eu e altri donatori vi tagliano i finanziamenti?
«Lo ammetto, è un colpo grave. Non serve il mio dottorato del 1986 in economia all’università dello Stato americano dello Iowa per capire che siamo in forti difficoltà. Ma conto molto sull’aiuto del mondo arabo. Negli ultimi giorni al summit della Lega Araba in Sudan ci hanno promesso 50 milioni di dollari mensili. A ciò si aggiungono i contributi separati di Arabia Saudita, Algeria, Kuwait e Emirati».
E aiuti da Teheran?
«Per ora nulla di concreto».
Talvolta le promesse della Lega Araba non sono parole al vento?
«Può essere. Ancora non ho potuto fare il conteggio dei contributi effettivi. Ma non credo davvero che il mondo Occidentale ci lascerà andare a picco. Ad Amman si stanno riunendo i rappresentanti del Quartetto per decidere le modalità di invio degli aiuti via agenzie Onu e organizzazioni non governative. E gli israeliani sono i primi a non volere il caos. Se la nostra amministrazione dovesse sciogliersi, loro dovrebbero tornare a gestire Cisgiordania e Gaza come facevano prima degli accordi di Oslo nel 1993. Non mi sembrano affatto intenzionati».
A Gaza le diverse fazioni palestinesi stanno sparandosi contro. Teme la guerra civile?
«Nessuno la vuole. Tutti i gruppi sono consapevoli che tutto ciò serve solo a Israele».
Se Israele si ritirasse sui confini del 1967, sareste pronti a firmare un pieno trattato di pace?
«La voglio stupire: io dico di sì. Sono personalmente convinto che si debba firmare la pace in cambio del ritiro israeliano sui confini precedenti la guerra del 1967. Sino ad allora ogni azione militare è legittima, inclusi gli attentati suicidi a Tel Aviv. Ma voglio anche dire che non possiamo rinunciare al diritto del ritorno alle loro case e agli indennizzi per i palestinesi della diaspora»

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