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Il Foglio Rassegna Stampa
01.04.2006 Se il mondo si abitua all'atomica dei mullah
André Glucksmann denuncia l'indifferenza verso una minaccia mortale

Testata: Il Foglio
Data: 01 aprile 2006
Pagina: 1
Autore: André Glucksmann
Titolo: «La rabbia di Glucksmann contro l’occidente che si rassegna al jihad atomico»
Il FOGLIO di lunedì 1 aprile 2006 pubblica in prima pagina  una conversazione  con André  Glucksmann sulla minaccia atomica  iraniana  e sull'incomprensione della sua  gravità  da parte della  comunità internazionale.
Ecco il testo:


Festa a Teheran, nuovi missili
Roma. André Glucksmann è molto arrabbiato, quest’idea di “jihad nucleare” che si sta delineando nell’“attendismo e nell’inazione” dell’occidente tutto lo irrita parecchio. L’Iran è al centro dei suoi pensieri. “E’ una questione gravissima, la più importante, la più spaventosa”. Il mondo ha festeggiato l’intesa raggiunta tra i membri del Consiglio di sicurezza, quella “dichiarazione presidenziale” non vincolante che ha dato al governo dei mullah un tempo massimo di 30 giorni per abbandonare tutte le attività di arricchimento dell’uranio. Ma Mahmoud Ahmadinejad, il presidente iraniano, con tutto il suo staff ha risposto all’accordo con una pernacchia, mentre il capo dell’Agenzia atomica, il Nobel Mohammed ElBaradei, si preoccupava di ribadire che no, è tutto sotto controllo, “Teheran non è una minaccia”. E intanto la tv di stato iraniana annunciava festosa il successo del test su un missile che sfugge al controllo dei radar, all’interno della settimana dei “Giochi di battaglie navali” che si è aperta ieri nel Golfo Persico.
“Europa e Stati Uniti sono evidentemente in grande imbarazzo”, sottolinea Glucksmann, che tende a non fare troppe distinzioni all’interno della comunità internazionale, nonostante le derive di Russia e Cina. “Domina l’indecisione, domina l’assenza di chiarezza – continua l’intellettuale francese – Mosca e Pechino hanno i loro interessi, ma nessuno vuole sconvolgere il mercato petrolifero e gli equilibri del Golfo, nessuno si rende conto che l’interesse globale dovrebbe essere più importante di tutto il resto”. Il tempo passa: sono tre anni che, tra la diplomazia della troika europea (Francia, Germania e Gran Bretagna) e le minacce senza alcun seguito, l’Iran si fa beffa dell’occidente. E si arma, in modo convenzionale e no. Perché c’è una differenza culturale enorme. “Auschwitz e Hiroshima sono scesi nello spirito profondo dell’Europa e nella coscienza collettiva dell’intesa atlantica”, spiega Glucksmann, che, nella sua autobiografia fresca di pubblicazione (“Une rage d’enfant”), racconta quei drammi vissuti da lui, bambino ebreo austriaco, diventato poi uno strenuo oppositore del “crimine dell’indifferenza”. “Gli orrori del 1945 hanno portato l’Europa a guardare la guerra in modo diverso. I risultati sono stati un pacifismo illimitato e la politica della dissuasione”. Ma la Repubblica islamica non riconosce questi assiomi: “In un Iran in cui non c’è diritto di scelta, in uno stato e in una religione che predicano il diritto allo sterminio degli ebrei, in una nazione in cui l’arma nucleare non è un anatema, i nostri assiomi cadono. Per i mullah le armi non convenzionali sono uno strumento come un altro, non cambiano la natura della guerra, che diventa semplicemente un jihad nucleare”. E’ questo che, secondo l’intellettuale francese – che già una quarantina d’anni fa si pose contro il “suo” mondo confrontando l’inconfrontabile, cioè i campi di sterminio nazisti e i gulag sovietici – l’occidente non capisce. Non si tratta di proliferazione nucleare tout court, non si tratta di un problema legato “alla contabilità, all’aggiunta di un altro stato al club nucleare”, ma di “un pericolo specifico, unico nella sua gravità”.

I conti sanguinari dei mullah pragmatici
La distinzione tra pragmatici falchi, più buoni e meno cattivi, all’interno della leadership iraniana manda in bestia Glucksmann: “Il cosiddetto ‘pragmatico’ e ‘moderato’ Rafsanjani (ex presidente, ndr) ha calcolato i costi: per 5 milioni di morti israeliani conta 15 milioni di morti iraniani. Così è arrivato alla conclusione che, rispetto ai milioni di musulmani nel mondo, questa è soltanto una goccia nell’oceano. Dunque l’affare è conveniente”. Si sta perdendo altro tempo, perché “Ahmadinejad diventa più forte con le sue posizioni estremiste” e l’occidente sempre meno minaccioso con le sue dichiarazioni d’intenti. Ma la soluzione? Mai domanda fu più sbagliata. Glucksmann non ne può più di sentir parlare di guerra, cambio di regime, sanzioni e quant’altro gli esperti stiano cercando di studiare. “E’ tutto inutile finché non si spiega con onestà la portata del problema: è necessario chiarire perché il caso iraniano è ben diverso da quello nordcoreano, pachistano o indiano. Ma non lo fanno né il Quay d’Orsay né la Casa Bianca né Londra”. E’ come se la comunità internazionale si stesse abituando all’idea che una bomba in mano ai mullah può essere sì pericolosa, ma gestibile. Quest’ipotesi per l’intellettuale francese non è contemplabile. Per lui l’indifferenza è un crimine, il nichilismo un mostro contro il quale si può cercare soltanto di sopravvivere.


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