Un governo di coalizione per realizzare il progetto di Sharon
Il terrorismo non ha risparmiato il primo giorno delle trattative per la formazione del nuovo governo dopo le elezioni vinte da Kadima. Tre israeliani sono stati uccisi ieri sera in un attentato all'ingresso della colonia di Kedumin, in Cisgiordania, nel quale è morto anche l'autore, un palestinese di Hebron, Ahmad Macharka, 24 anni, che si era travestito da ebreo ultraortodosso per avvicinare le vittime. L’attacco è stato rivendicato dalle Brigate Al Aqsa, il gruppo armato vicino al movimento Al Fatah del presidente palestinese Abu Mazen. Ieri da Beirut il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshaal, aveva assicurato che l'arrivo al governo del movimento islamico non avrebbe fatto cessare la lotta armata. In Israele il partito fondato da Ariel Sharon è cresciuto ancora un po’: ai 28 seggi se n’è aggiunto uno regalato dai soldati e dai malati che hanno votato ieri. Anche il Likud si sente meglio, con un seggio in più tocca i 12 e ridiventa il primo partito della destra. Bibi Netanyahu, probabilmente, ne esce come il capo dell’opposizione detronizzando il leader del partito russo Israel Beitenu, Avigdor Lieberman, che perde un seggio scendendo a 11. Meretz (il partito radicale) grazie al voto dei giovani soldati cresce a 5. Il partito laburista è fermo a 20, lo Shas (il partito sefardita religioso a sfondo sociale) perde un seggio e passa a 12. Spostamenti che vogliono dire qualcosa nell’assegnazione dei ministeri e delle cariche. La sinistra è decisamente all’attacco, sembra indispensabile per formare un governo che possa realizzare le scelte di fondo per cui ha votato il Paese: largo disimpegno dai Territori occupati e riforma sociale. E ieri i laburisti si sono spinti tanto avanti da sostenere che non è detto che sia Olmert a dover formare il nuovo governo, e che potrebbe benissimo essere il suo leader Amir Peretz a ricevere l’incarico. L’idea è che esiste un campo sociale interessato a temperare i rigori dell’endemica povertà israeliana: va dai religiosi di vario tipo all’estrema sinistra, ai pensionati, alle «Foglie Verdi» dei liberalizzatori di marijuana, ai partiti arabi che hanno una ragguardevole forza di 10 seggi, che, insieme, possono aderire al programma sociale di un partito laburista lanciato verso la riforma delle pensioni e la garanzia del salario minimo. Ma il mandato di Olmert sembra chiaro, Kadima come erede di Sharon fornisce pur sempre le migliori garanzie politiche sia per un consistente sgombero dalla Cisgiordania, che per la difesa dal terrorismo. E il presidente Moshe Katzav non è tipo da abbandonarsi a bizzarie. L’eredità di Sharon (che oggi viene operato di nuovo, per la nona volta, per essere preparato al trasferimento o in un altra clinica o a casa) è il messaggio, e Olmert è il suo profeta. Egli sa che il mandato del popolo è di sgomberare parte della Cisgiordania, che quindi ha bisogno di appoggio a sinistra. Questo non significa che Olmert in queste ore non stia prendendo in considerazione i segnali che vengono da destra: per esempio, Lieberman, il cui programma di separazione dai palestinesi ha una base demografica, ieri ha reso chiaro che deve discutere a fondo la proposta, e magari potrebbe anche lui entrare al governo. Olmert ha anche dichiarato di non chiudere la porta al Likud. La condizione è una sola, per tutti: accettare il piano di disimpegno, forte anche del sostegno di Condoleezza Rice, che ieri ha detto che gli Usa potrebbero appoggiare il programma unilaterale se l’Anp di Hamas rifiutasse di trattare. Quindi la coalizione potrebbe raggiungere dimensioni abbastanza ampie, fino a 70 deputati. I laburisti e Shas hanno cercato ieri una comune piattaforma sociale, che però non è facile, visto che le necessità dei religiosi includono il peso sulla società di famiglie numerose (10-12 bambini) i cui padri si occupano in gran parte di studi biblici. Da sinistra una portavoce di Peretz ha azzardato che i laburisti non entreranno al governo se non avranno il ministero del Tesoro: ma Olmert non ha nessuna intenzione di mettere a rischio la situazione economica di un Paese appena recuperato alla vita da Netanyahu che ha tagliato senza pietà le spese eccessive, ridotto la disoccupazione, rilanciato la borsa. La società semisocialista israeliana non ha accettato la linee thatcheriana e americana di Bibi, vuole quello che promette Peretz: salario minimo garantito, pensioni per tutti, e più alte. Olmert dovrà venire incontro alle richieste sociali senza distruggere l’economia. Non darà ai laburisti il Tesoro,ma concederà loro riforme, e altri ministeri chiave, come, forse, la Difesa (anche se suona paradossale, dato che i migliori «sicuristi» stanno dentro Kadima). Può darsi che Peretz stia manovrando per un ritorno a sorpresa di Ehud Barak, che avrebbe la competenza per ricoprire quel ruolo. Ma allora, dove sarà collocata l’immensa ambizione personale di Peretz? La sinistra per ora può contare sull’Educazione, lo Shas vuole la Comunicazione, per trasmettere più ebraismo in diretta, e bloccare tutto ciò che gli appare pornografico. E i pensionati, la grande, potente sorpresa delle elezioni con i loro 7 seggi cosa vogliono? Lunedì vanno dal presidente Katzav a cercare ispirazione.