Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Hamas diviene la vittima di Israele e degli Stati Uniti in una cronaca scorretta
Testata: Corriere della Sera Data: 30 marzo 2006 Pagina: 2 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «L'America rompe con il governo di Hamas»
Lorenzo Cremonesi sul CORRIERE della SERA di giovedì 30 marzo 2006 descrive l'insediamento del governo di Hamas con toni di sofferta partecipazione per i torti rappresentati dall' "embargo diplomatico americano" e "dalle regole inflessibili dettate dagli israeliani, che non premettono gli spostamenti per i dirigenti del partito estremista islamico". Che Hamas non riconosca Israele, che abbia garantito l'impunità dei terroristi , che sia a sua volta un gruppo terroristico che ha ucciso o mutilato civili innocenti non rientra nelle suo campo visuale. Entro il quale i dirigenti di Hamas sono vittime dell' "intransigenza" del paese che vogliono distruggere e di chi, come gli Stati Uniti, non condivide un simile progetto. Ecco il testo:
GERUSALEMME — Visi duri, tirati. L'intera cerimonia prende meno di mezz'ora, ieri poco dopo le sei del pomeriggio. Solo mezz'ora per il giuramento dei 24 ministri di Hamas. Un gabinetto fisicamente diviso dalle regole inflessibili dettate dagli israeliani, che non premettono gli spostamenti per i dirigenti del partito estremista islamico: i 13 che risiedono nella Striscia di Gaza comunicano per videoconferenza con gli 11 della Cisgiordania riuniti a Ramallah. E intanto giunge l'embargo diplomatico americano, seguito da quello economico del Canada. Non saranno gli unici, l'Europa sta preparando passi simili. Il presidente Mahmoud Abbas (alias Abu Mazen) è arrivato direttamente dal summit arabo in Sudan, ha attraversato il confine di Rafah provenendo dal Sinai ed è giunto giusto in tempo per la cerimonia nella sala spoglia del parlamento di Gaza City. Dovrebbe essere un giorno di festa: l'insediamento del primo governo Hamas dopo il successo delle elezioni politiche lo scorso 25 gennaio. Ma in verità anche ieri non ha visto soluzione la gravissima crisi che lacera i rapporti tra il partito islamico vincente e ciò che resta del Fatah, il gruppo maggioritario dell'Olp che dal 1994 guidava l'amministrazione dell'Autonomia palestinese e oggi è relegato all'opposizione. Lo scontro è più che evidente. Abu Mazen si limita alle formule di circostanza incontrando Ismail Haniyeh, il nuovo premier. Sa bene che il suo invito a riconoscere Israele, annunciare la fine della lotta armata e accettare tutti gli accordi firmati tra Olp e Stato ebraico, è caduto nel nulla. «Siamo pronti a negoziare con gli israeliani. Speriamo che il nuovo governo israeliano non ceda alle imposizioni unilaterali, che comunque saranno categoricamente respinte», dice poi il presidente in una conferenza stampa improvvisata. Haniyeh non è con lui. In ogni caso, sono parole al vento. Israele ha già detto chiaro e tondo che Hamas deve cambiare, altrimenti non c'è spazio per alcun contatto. E dunque il prossimo governo Olmert procederà con il parziale ritiro unilaterale dalla Cisgiordania. Dialogo tra sordi. L'insediamento del nuovo governo palestinese ha luogo a meno di 24 ore dalla chiusura dei seggi in Israele. Ma le distanze appaiono immense, senza possibilità di compromesso. Haniyeh è talmente rigido che nelle ultime ore ha abolito il dicastero per gli Affari civili, che ai tempi del governo Fatah aveva il compito di trattare con gli israeliani, soprattutto per ottenere i permessi di viaggio per gli abitanti palestinesi. Lo sostituisce con il dicastero per Gerusalemme. Suo problema maggiore sarà nei prossimi giorni trovare i fondi per pagare i salari di 140.000 impiegati pubblici, tra cui 60.000 agenti di polizia. Ma non sono le sole difficoltà. Già ieri Washington ha proibito ogni contatto diplomatico con gli esponenti di Hamas. Lo aveva minacciato in gennaio. E il Canada si è spinto più lontano, sino a bloccare tutti i contributi economici.
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