Hamas diventa pacifista nelle cronache surreali di Alberto Stabile
Testata: La Repubblica Data: 28 marzo 2006 Pagina: 26 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Hamas, appello al dialogo»
Hamas lancia un "appello al dialogo " , "in sintonia con i tempi pasquali". Scade nel grottesco, nei titoli e nel testo della cronaca di Alberto Stabile, la disinformazione di REPUBBLICA del 28 marzo 2006 circa le "aperture" di Hamas. In proposito ricordiamo che il gruppo terroristico si é detto disposto a trattare con il quartetto, non con Israele, che continua a non riconoscere. Ecco il testo:
RAMALLAH - In sintonia con i tempi pasquali, più che con le richieste della comunità internazionale, Ismail Haniyeh agita il ramoscello d´ulivo. «Il nostro popolo, più d´ogni altra nazione al mondo, ha bisogno di pace, sicurezza, stabilità», dice il capo del governo tutto di Hamas, salvo tre compiacenti figure d´indipendenti, chiedendo al parlamento palestinese una fiducia che visti i rapporti di forza non gli potrà essere negata e alle cancellerie occidentali la legittimazione, quella sì, tuttora incerta, necessaria a governare. Eccolo allora, il sorridente, pacato Haniyeh, l´allievo prediletto che Sheik Ahmed Yassin aveva voluto al suo fianco, negare l´anima oltranzista e guerrafondaia del suo movimento. «Non siamo mai stati cercatori di guerra. Mai abbiamo richiesto terrorismo e bagni di sangue». «Il nostro governo non risparmierà gli sforzi per raggiungere una giusta pace nella regione». Ma c´è un problema, anzi tre, quante sono le condizioni poste dalla comunità internazionale per aprire il suo credito ad un governo guidato da Hamas: abbandono della violenza e del terrorismo, riconoscimento dello Stato d´Israele, accettazione degli accordi sottoscritti dall´Autorità palestinese. Haniyeh non ne parla esplicitamente, preferisce aggirare gli ostacoli e lanciare la sua contro offerta. «Il nostro governo sarà pronto a dialogare con il Quartetto e ad esaminare tutti i modi per porre fine allo stato di lotta e stabilire la calma nella regione». E´ questa la via diplomatica escogitata da Hamas senza formalmente derogare ai propri principi: avviare un negoziato con i rappresentati di Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Nazioni Unite, il famoso Quartetto, teorico sponsor di un inesistente processo di pace, evitando di riconoscere formalmente Israele. Abito rigato blu, cravatta perfettamente intonata, Haniyeh pronuncia il suo discorso programmatico nell´aula parlamentare di Gaza collegata in video conferenza con la sede del Consiglio legislativo, a Ramallah. Come nelle grandi occasioni, la tribuna degli ospiti, consoli, osservatori, diplomatici, è affollata. Nonostante certe scorciatoie retoriche, i dirigenti di Hamas temono l´isolamento in cui rischia di piombare l´Autorità palestinese. Capiscono che in gioco non è tanto il loro destino politico, quanto l´avvenire di un intero popolo, già messo in ginocchio dalle sanzioni unilaterali decise dal governo israeliano e dagli Stati Uniti, e ulteriormente minacciato dalle misure che potrebbe prendere gli altri paesi donatori, Europa in testa. Haniyeh assume un tono conciliante. Promette che il suo governo «cercherà di essere aperto e di dialogare con tutti i paesi, inclusa l´Unione Europea» perché gli aiuti continuino ad arrivare e «possano garantire una vita dignitosa ai palestinesi». Ma, avverte il premier, con un implicito riferimento alle sanzioni adottate da Israele, che «chiunque pensi che le pressioni economiche possono spingere il nostro governo a soccombere o che possano indebolire la determinazione e la fermezza della nostra orgogliosa popolazione si sbaglia». E, senza nulla concedere sul principio per Hamas irrinunciabile della resistenza, ha aggiunto: «Proteggeremo il diritto del nostro popolo a difendersi contro l´occupazione». Da Saeb Erekat ad Hanan Ashrawi, a Mustafà Barguti, tutti rappresentanti delle fazioni escluse dal governo palestinese hanno rimproverato al nuovo premier la mancanza di un vero programma, di chiare e precise indicazioni su come far uscire i palestinesi dalla crisi, rilanciare il processo di pace, riavviare l´economia boccheggiante. «Ho notato un cambiamento nel vocabolario, ma non nei contenuti politici», ha sentenziato Mohammed Dahalan, l´ex leader della generazione di mezzo, sempre più a disagio in una striscia di Gaza che il governo di Hamas intende trasformare nel suo primo banco di prova, specie per quanto riguarda riforma dell´Autorità e moralizzazione. L´Europa ha reagito freddamente al discorso di Haniyeh. Ma la risposta che sembra negare al nuovo governo palestinese qualsiasi credibilità presente e futura è venuta dal portavoce del Ministero degli Esteri israeliano Mark Regev che ha bollato il discorso di Haniyeh come una forma di «doppio linguaggio», un´esercitazione di «ginnastica verbale». Si riferiva anche a quello che Hamiye aveva detto il giorno prima, domenica, quando il leader integralista aveva dichiarato di non essere interessato a uno scontro con Israele ma ad «ottenere i nostri diritti». «Abbiamo colto l´impressione che le cose potevano cambiare, ma subito ha ritrattato», ha replicato il portavoce israeliano.
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