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La Stampa Rassegna Stampa
28.03.2006 Ritrattatto di Ehud Olmert
leader del partito Kadima

Testata: La Stampa
Data: 28 marzo 2006
Pagina: 11
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La sfida di Ehud, il condottiero postmoderno»

Un ritratto di Ehud Olmert probabile vincitore con il partito Kadima che guida delle elezioni israeliane che si tengono oggi, 28 marzo 2006:

L’UOMO che a meno di cataclismi si prepara a diventare, dopo le elezioni di oggi, il primo ministro di questi piccolissimo paese così importante per tutto il mondo, quello con più responsabilità di qualsiasi altro, è un sessantenne che ama grandi sigari costosi, che cerca di comportarsi tutto il tempo come farebbe Sharon, con calma e senso di autorità, ma che dentro è tutto uno schioppettio di battute salaci, di antipatie feroci, di risate. Ehud Olmert ,che tutte le mattine corre dieci chilometri, ha una moglie di ultrasinistra e quattro figli fra cui un obiettore di coscienza e una ragazza lesbica uscita dall’armadio. È duro ma borghese, sionista ma diverso da tutti i gloriosi pezzi della breve storia dello Stato degli Ebrei: nonostante i suoi sforzi non somiglia a nessun primo ministro della destra, nè a Sharon, nè al suo primo mentore Yztchkak Shamir. E nonostante le elezioni siano di fatto un referendum sulla sua idea di un ulteriore sgombero da parte dell’West Bank e il suo sostegno per il recente sgombero da Gaza sia stato appassionato, pure non somiglia per niente nè a Rabin nè a Peres. Politico di professione, non arriva polveroso di battaglia come Rabin o Sharon né con l’aura del pacifista come Barak o Peres, disposti a cercare la giustizia fino all’autolesionismo. No. Olmert è un leader che cerca di combinare il desiderio di normalità con la necessità di azioni straordinarie. Il suo personale rischio consiste proprio nel voler ricercare una strada postmoderna in una situazione in cui giuocano comportamenti feroci e arcaici, soprattutto da parte di Hamas al potere.
Fin da piccolissimo Ehud è stato in gara con tutto e con tutti. Nato il 30 settembre 1945, durante la battaglia degli ebrei contro gli inglesi per l’indipendenza, cresce all’inizio nella fortezza turca di Shuni, nel villaggio di Benyamina, sulla costa a sud di Haifa. Qui si allenavano i combattenti delle organizzazioni clandestine ebraiche discepoli di Jabotinsky: fra loro i suoi genitori, il padre Mordechai russo e la madre, Bella, ucraina. Snbobbato anche dalla destra più morbida, tutti ricordano Ehud come un durissimo pupo. Olmert cresce in due stanze con i genitori e quattro fratelli, da contadino. Il suo partito, l’Herut, nel 1966 assiste alla scena di un ragazzo fulvo che si alza nel bel mezzo di un comitato centrale e chiede, fra lo strepito, che il riverito, adorato Menahem Begin, si dimetta dopo aver perso per sei volte le elezioni. Da allora Olmert è sempre in prima linea, noto a tutti per il suo carattere aggressivo.
A soli 28 anni è già parlamentare. È un uomo decisamente di destra, favorevole agli insediamenti, ma c’è qualcosa che lavora nel profondo della sua vita, e questo qualcosa si chiama Aliza. Si incontrano all’università di Gerusalemme nel 1970, la bella studentessa fa la cameriera per guadagnarsi da vivere, escono per tre giorni litigando come pazzi perchè lei non sopporta l’arroganza di quel ragazzo alto e magro che ragiona sempre di calcio e di politica per vincere. Dopo tre giorni decidono di sposarsi. Lei è una pacifista inamovibile. Si muoverà lui. È Olmert che nel 91 spinge il recalcitrante Shamir a andare al summit di Madrid che apre la strada a tutti i processi di pace (falliti dopi il ritorno di Arafat da Tunisi). È Olmert che molto piu avanti, dopo essere stato per dieci anni sindaco di Gerusalemme (dal 93) sarà il portabandiera del piano di sgombero di Sharon.
Adesso arriva per lui l’ora della verità: dal malore fatale di Sharon, Olmert, primo ministro ad interim, non ha mai voluto sedere nell’ufficio del suo capo. Adesso, salvo sorprese sempre possibili in un Paese dove ieri c’erano 79 avvertimenti di attentati terroristi, Ehud dovrà accomodarsi sula poltrona da cui ha promesso di disegnare entro i prossimi quattro anni i confini definitivi di una terra tutta intersecata da intersezioni con i palestinesi, dove ogni cosa, ogni metro, ogni animo, è segmentato e frazionato. Ha spiegato che vuole uscire dalle zone dove vivono i palestinesi e lasciare a Israele quelle in cui la demografia darebbe ragione agli israeliani.
Ma convincerà i settler? Stavolta sono più di 80 mila, non 8 mila come a Gaza. Terrà a bada Hamas? E se davvero l’Iran ha solo due anni da andare prima della bomba atomica il cui destinatario preferito sono gli ebrei, che farà il suo governo? Insomma, Ehud può restare rilassato e postmoderno, oppure deve trasformarsi benchè non sia un condottiero, nel solito soldato di cui Israele ha bisogno?

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