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Il Foglio Rassegna Stampa
22.03.2006 La palla del dialogo é nel campo palestinese
intervista al leader laburista Amir Peretz

Testata: Il Foglio
Data: 22 marzo 2006
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Peretz apre a Kadima e ci dice che ora Hamas deve fare il grande passo»

Un'intervista al leader laburista israeliano Amir Peretz, pubblicata dal FOGLIO  di mercoledì 22 marzo 2006:

Gerusalemme. “La mia verità è il Partito laburista”. Con questo slogan è partito il tour di Amir Peretz, il baffuto leader dei laburisti israeliani, che con il suo autobus attraversa il paese da sud a nord in quest’ultima settimana di campagna elettorale.
Ieri, a sei giorni dal voto del 28 marzo, era a Gerusalemme, dove è stato accolto da una folla di fan che sventolavano striscioni di Avoda. Peretz, sorridente e con gli occhi vispi, ha attraversato la via principale della città, Yaffo, attorniato da un mucchio di gente: chi voleva salutarlo, chi dargli il suo sostegno, chi voleva semplicemente osservarlo. Quando finalmente si è seduto per un rapido pranzo al Pinate, uno dei ristoranti più noti di Gerusalemme, con pane e humus nel piatto, ha spiegato al Foglio la sua strategia nei confronti di Hamas e dei finanziamenti al popolo palestinese. “Sono rimasto scioccato dalla vittoria di Hamas a gennaio come tutti quanti qui – spiega – E’ chiaro che, finché il gruppo islamista non riconosce Israele, non si può fare alcun negoziato. Quando ho incontrato Abu Mazen all’inizio del mese, ho cercato di trovare insieme con lui un modo per trasferire fondi ai palestinesi senza coinvolgere il governo guidato da Hamas, così da evitare un disastro umanitario nei Territori. Ora siamo in un periodo di attesa, dobbiamo vedere se Hamas deciderà di riconoscerci. La palla – e passa dall’inglese, un po’ stentato a dire il vero, all’ebraico – è nella loro metà campo”.
E’ stata finora una campagna elettorale un po’ atipica quella di Avoda, che nei sondaggi s’assesta su una media di 20-22 seggi sui 120 della Knesset. Gli spot pubblicitari erano tutti incentrati a far capire che i laburisti sanno come difendere Israele, con Peretz che mostrava le ferite di guerra e si faceva ispirare da leader come il premier britannico, Tony Blair, e l’ex presidente americano, Bill Clinton. Ma è stata una campagna un po’ “solitaria” – così l’ha definita il New York Times – con alcuni commentatori impertinenti che ogni tanto si chiedevano dove mai fosse finito il baffuto sindacalista catapultato – ai danni di Shimon Peres, confluito poi in Kadima – alla leadership dei laburisti. E’ stato parecchio in giro, Peretz. Oltre al presidente dell’Anp, Abu Mazen, ha incontrato il rais egiziano, Hosni Mubarak, e il re di Marocco, Mohammed IV. I contatti con il mondo arabo fanno parte della sua strategia, poiché anche lui è di origine marocchina: quando cammina per le strade, si ferma spesso, per la gioia dei convenuti, nei “makolet”, piccoli negozietti di alimentari tradizionalmente gestiti da ebrei sefarditi. “Proveniendo dal Marocco – spiega Peretz – ho una certa sensibilità nel capire il mondo arabo. Cerco nuovi percorsi di pace con le nazioni arabe per aprire nuove vie di dialogo, laddove queste esistono”. Proprio questo atteggiamento “aperto” è costato ad Avoda più di una critica, soprattutto dalla destra del Likud guidato da Benjamin Netanyahu, che accusa i laburisti di non saper prendersi cura della sicurezza di Israele.

L’assistente Gilli e “il socialista radicale”
Il piatto resta vuoto e Peretz è subito riacciuffato dalla folla che chiede rassicurazioni e promesse. Dà mandato alla sua giovane assistente, Gilli Buium, che coi suoi ricci biondi sembra una ragazzina, di rispondere al suo posto. E Gilli spiega al Foglio che, in termini di alleanze per il governo, “ogni alternativa è possibile”. Kadima, il partito di Ariel Sharon ora guidato dal premier Ehud Olmert, ha al momento 42 seggi nei sondaggi: per governare deve trovare alleati. Il Likud ha detto che con Kadima non vuol fare accordi, Avoda è molto più possibilista. “Il nostro programma – spiega Gilli – prevede un miglioramento dell’istruzione, una risposta alla povertà e ai problemi della sanità e l’aumento del salario minimo a mille dollari al mese. Se Kadima, o qualche altro partito, rispetterà la nostra agenda, prenderemo in seria considerazione l’alleanza”.
Peretz ormai è sommerso dai suoi fan, che chiedono attenzioni. E’ un bagno di folla particolare, visto che molte sono state le perplessità sul suo conto, soprattutto per la scarsa esperienza politica, ancor più grave se confrontata con quella (grande) degli avversari. E mentre il suo sorriso compare per l’ennesima volta da sotto i baffi, la domanda a Gilli sorge spontanea: ma è vero, come dicono i detrattori che è un socialista radicale? L’assistente sorride, guarda la porta, deve seguire Peretz, ha soltanto il tempo di esclamare: “Non lo è! E’ un socialista radicale soltanto perché vuole migliorare il welfare di Israele?”. Poi corre via, verso l’autobus. La campagna elettorale continua.

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