Da LIBERO del 21 marzo 2006:
Fu Sciascia ad individuare per primo la fascia di professionisti che fecero dell'anti- mafia il loro cavallo di battaglia per fare carriera. Oggi, sia pure limitatamente a pochissimi soggetti, il fenomeno sembra ripetersi ma su un filone totalmente diverso: quello dell'anti- Sismi. Un filone che si presta a mire di notorietà internazionale. Sulla copertina del libro dei due cronisti di Repubblica Carlo Bonini e Giuseppe D'Avanzo, da pochi giorni in libreria e edito dalla Einaudi controllata dalla berlusconiana Mondadori, il premio Pulitzer, Seymour Hersh, consacra alla storia i due giornalisti: « ( Gli) autori di questo libro sono cercatori di verità che fanno quel genere di duro, onesto lavoro che tutti i reporter dovrebbero fare: trovare la verità e stamparla » . Non sappiamo quale reazione potrà avere Seymour Hersh nell'apprendere che forse il libro non si è basato sulla ricerca della verità ma sulla illazione, sulla confutazione persino delle inchieste del Senato americano, dell'Fbi e della Magistratura italiana, al solo scopo di demonizzare il Sismi e il suo Direttore, Nicolò Pollari prestandosi al gioco di chi ha interesse a delegittimare l'intelligence militare italiana. « Trovare la verità e stamparla » ? Ci sono parecchi falsi clamorosi, e magari, con pazienza nei prossimi giorni li tireremo fuori. Ma l'idea è costante. Ed è quella di far passare il servizio come una " fabbrica di allarmi". Persino Luigi Malabarba, senatore di Rifondazione, ha potuto smentirlo in un suo libro, mostrando la traduzione falsificata di atti americani. Ancora. Nel libro di Bonini e D'Avanzo si parla, a un certo punto, di incontri con Nicolò Pollari omettendo di dire che li hanno avuti, su loro richiesta, tramite l'amico Nicola Calipari e che questi è stato sempre presente provvedendo forse a documentare analogicamente gli incontri. Incuriosisce la ragione per la quale la presenza di un testimone così importante, citato però espressamente in un'altra parte del libro per avvalorare la tesi dell'inesistenza dell'attentato di Beirut ( tanto purtroppo non potrà mai smentire le affermazioni attribuitegli), non sia stata mai evocata pur avendone ottenuto una insperata cortesia basandosi sulla sensibilità e l'amicizia di Nicola. Ma quel che sorprende di più è che nel rigoroso racconto di fatti e circostanze, per altro già anticipati nei loro articoli, i due giornalisti, parlando del capo del Sismi scrivono: « Nicolò Pollari è uno sgobbone. Si accampa per 14 ore al giorno in un ufficetto di Palazzo Baracchini, il ministero della Difesa. Poche decine di metri quadrati. Una finestra dove non si affaccia mai il sole. Le boiserie di legno completano una scena soffocante, dominata dalle carte (...) alla sinistra della sua scrivania, c'è un altro largo scrittoio a ferro di cavallo coperto di fascicoli come uno scoglio dall'onda » . Bene, chiunque conosca l'ufficio di Pollari, ben noto a uno dei due autori essendovi stato ricevuto insieme a Calipari, sa che si tratta di un locale molto ampio e molto luminoso, nonché salvo errori, dotato di quattro finestre. Se uno sbaglia o mente su un aspetto così marginale, chissà sul resto. L'angusta stanzuccia è utile per far respirare al lettore l'atmosfera oscura e sudaticcia all'interno della quale vengono maturate le trame e concepita la manutenzione della paura. Il tutto a quale scopo? Non pensiamo vogliano far male all'Italia, destabilizzando i servizi segreti. Magari più banalmente tirano la volata a qualche nuovo capo degli 007. Uno, come ha spiegato Cossiga, vicino ai prodiani. Che miseria. re. fa.
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