A noi di Informazione Corretta ogni tanto viene da chiederci chi ce lo fa fare, perché la nostra fatica somiglia spesso a quella di Sisifo, che spingeva un masso verso la cima di un monte e, appena arrivato, il masso ricadeva giù. In realtà la domanda viene spontanea quando si guardi alla reazione di certe persone, che poi sono i “disinformatori”. Non è per loro che facciamo quel che facciamo, ma per gli altri, per le persone in buona fede, che ci sono e rappresentano l’unica speranza. Quanto agli altri, sono irrecuperabili. Oltretutto sono sempre i soliti, le stesse identiche persone. Ci rinviano la stessa voce, le stesse parole e gli stessi concetti, dal secolo scorso, come l’ineffabile Rossana Rossanda. Qualcuno aveva sperato che il ritiro da Gaza, il cambiamento di tono nei confronti del “macellaio” Sharon, improvvisamente sollevato al rango di un De Gaulle israeliano, significassero qualcosa? Qualcuno aveva sperato che finalmente si sarebbe cominciato a parlare della questione mediorientale in modo normale? Povero illuso. Alla prima occasione i “soliti” sono spuntati fuori a ripetere le vecchie litanie. Come prima, peggio di prima. Peggio, perché ci voleva e ci vuole una faccia di bronzo senza limiti per ricominciare a demonizzare Israele proprio mentre la sua delegittimazione raggiunge livelli mai visti e il tema, che sembrava seppellito, del diritto di Israele ad esistere ritorna sul tavolo con prepotenza. Insomma, ci voleva e ci vuole una faccia di bronzo senza limiti a fare certi discorsi proprio dopo la vittoria di Hamas e mentre il Presidente iraniano continua a tuonare contro Israele, gli ebrei e la “menzogna” della Shoah. Fino a qualche tempo fa veniva cavalcato il discorso della distinzione fra problema ebraico e problema israeliano, fa antisemitismo e antisionismo. Ahmadinejad ha brutalmente indicato che si tratta della stessa cosa. Ebbene, l’ineffabile ragazza del secolo scorso – che una ventina di anni fa avrebbe ammonito gli ebrei a fare gli italiani e a non confondersi con la causa sionista – ora si mette a parlare indistintamente di ebrei e di israeliani come Ahmadinejad e nel suo delirante appello a Romano Prodi lo invita addirittura a “dire alla comunità ebraica italiana che Israele va difesa anche ora più che mai dai suoi nemici interni”. Un avvertimento odioso: perché mai Prodi dovrebbe rivolgere questo invito alla comunità ebraica italiana? Affinché si dissoci da Israele, è chiaro. E perché tra i cittadini italiani proprio gli ebrei sono invitati a tale dissociazione? La domanda è retorica, ma il fatto che un simile invito venga rivolto mentre Ahmadinejad ha lasciato cadere la foglia di fico della distinzione tra antisionismo e antisemitismo, la dice lunga su quel che passa per la testa alla ragazza del secolo scorso e a coloro che le danno retta. Fanno finta di credere e tentano di far credere che Hamas sia un movimento moderato e che vuole la pace con Israele. E su che basi? Perché Hamas ha fatto una proposta. E qual è questa proposta? Che Israele si ritiri da Gaza (già fatto), dal West Bank, da Gerusalemme Est, e poi allora si potrà “cominciare a discutere”. Insomma, dopo che Israele avrà concesso tutto l’immaginabile si “comincia a discutere”... E cosa? Le modalità del reimbarco degli israeliani in Mediterraneo? E questo nelle versioni più moderate, perché secondo Meshaal occorre aggiungere a queste condizioni il rientro di tutti i profughi e dei loro discendenti. E poi si comincerà a discutere. Intanto, “sarebbe un errore chiedere a Hamas di ammettere che Israele è uno stato indipendente”, dichiara l’ex-ministro degli esteri russo Primakov; e l’Unione Europea si mostra ansiosa di aprire un dialogo con Hamas. Quasi quasi sembra che con Hamas la pace sia a portata di mano. Si dice di guardare al fatto che il nuovo primo ministro palestinese Haniyeh ha detto che lui non ha mai inviato nessuno a fare il kamikaze. Sì, ma ci ha pensato il suo compare di pianerottolo – Hamas ha rivendicato decine di attentati – e lui fa finta di niente, secondo la lezione del gran maestro Arafat. Si prende sul serio la dichiarazione del presidente del parlamento palestinese Aziz Dweik secondo cui – una volta che Israele si sia ritirata soddisfacendo le famose condizioni preliminari – si inizierà a parlare promuovendo un referendum popolare sulla legittimità dello Stato di Israele. Se passerà, tutto bene, si comincerà a trattare sulle innumerevoli altre questioni aperte. Se non passerà Dweik non ha detto cosa succederà. Ma la risposta è ovvia: “Che ci volete fare? Bisognerà che ve ne andiate. È la democrazia, bellezza”. Ebbene, leggetevi l’inarrivabile commento de l’Unità a questa “proposta” di Dweik. Essa “fa ritenere una piena accettazione, da parte di Hamas, della logica democratica”. Da non credere ai propri occhi. Come volete che si possa convincere chi scrive cose simili?