Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Femminismo e tolleranza religiosa le caratteristiche del governo di Hamas in un titolo che preferisce la cosmesi alla realtà
Testata: Corriere della Sera Data: 20 marzo 2006 Pagina: 13 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «Una donna e un cristiano nel governo di Hamas»
Il governo palestinese sarà un "monocolore islamista", perché i dirigenti di Hamas hanno rifiutato la richiesta di Fatah di riconoscere gli accordi già sottoscitti con Israele. Probabilmente ministro degli Esteri sarà Mahmoud Zahar, noto per la sua esplicita e brutale negazione della possibilità di un riconoscimento di Israele. Così com'é, la notizia nuoce ovviamente molto ai tentativi di accreditare la "moderazione" dell'Hamas governativa, frequenti nei media italiani. Sarà dunque un caso che il CORRIERE della SERA di lunedì 20 marzo 2006 scelga, per la cronaca di Lorenzo Cremonesi, un titolo che si concentra sugli aspetti meramente cosmetici del governo fondamentalista che, con lo scopo evidente di apparire rispettoso dei diritti femminili e della libertà religiosa, includerà una donna e un cristiano? (vedi l'immagine a fianco) Se il capolavoro di disinformazione, in questo caso, é il titolo, l'articolo offre comunque il suo contributo. Il programma politico terrorista e distruttivo seriamente enunciato da Zahar diviene la "retorica della scontro con Israele", le motivazioni della chiusura del valico di Karni (ovvero gli allarmi attentati) , come pure la mancata collaborazione palestinese all'apertura di un passaggio alternativo, scompaiono e non resta che un allarme umanitario che, privo di indispensabili elementi di conoscenza, risulta utilizzabile per gettare la colpa su Israele.
Ecco il testo:
GERUSALEMME — È tutto «in verde» il futuro palestinese. Un governo monocolore, completamente dominato da Hamas e inevitabilmente destinato allo scontro con Israele, oltre che all'isolamento da larga parte della comunità internazionale. Ieri sera a Gaza il neopremier Ismail Haniye ha presentato al presidente Abu Mazen la lista dei suoi 24 ministri. Tutti personaggi legati al blocco islamico, alcuni dei quali da anni ricercati da Israele. «Eccezioni» un cristiano di Betlemme al ministero del Turismo, Tannus Abu Eitah, e una donna responsabile delle Pari opportunità, Mariam Saleh. Il presidente ha già detto che non si opporrà, ma toccherà al Parlamento nei prossimi giorni dare l'approvazione. Abbas potrebbe rinviare il voto a dopo le elezioni israeliane del 28 marzo. Hamas controlla attualmente 74 dei 132 seggi al Parlamento palestinese: la maggioranza assoluta. Eppure gli esponenti più pragmatici, compreso lo stesso Haniye, avevano accettato le pressioni di Abu Mazen per cercare di formare una coalizione di unità nazionale con i dirigenti del Fatah e delle formazioni minori legate al vecchio fronte laico dell'Olp. Questa formula avrebbe tra l'altro aiutato Abu Mazen a proporsi come legittimo interlocutore di Israele per il processo di pace. L'alleanza con il Fatah avrebbe inoltre contribuito a rendere il governo di Hamas più presentabile alla comunità internazionale e facilitato l'arrivo dei finanziamenti stranieri. Ma i duri del movimento islamico non si sono piegati alla richiesta del Fatah di riconoscere gli accordi firmati con Israele. Hamas ripete il suo «no» alle tre richieste del segretario generale Onu, Kofi Annan: riconoscere il diritto all'esistenza di Israele, rinunciare alla lotta armata, adeguarsi agli accordi internazionali. Ieri anche i tre deputati del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, più estremisti del Fatah, hanno preferito restare all'opposizione quando Hamas ha replicato di non riconoscere la supremazia dell'Olp e il suo programma per la coesistenza pacifica tra due Stati nella regione. Tutto ciò non può che condurre allo scoppio di nuove violenze e tensioni. Anche la scelta di Mahmoud Zahar a ministro degli Esteri lascia poche speranze di dialogo. Considerato più rigido di Haniye, Zahar negli ultimi tempi ha rilanciato la retorica dello scontro con Israele. E le difficoltà sono già alle porte. Le organizzazioni internazionali segnalano la crescita di gravi disagi per un milione mezzo di abitanti palestinesi residenti nella Striscia di Gaza, i cui confini con Israele sono quasi del tutto chiusi al passaggio di persone e merci da circa due mesi. L'Onu parla di «crisi umanitaria» per la mancanza di cibo e medicinali. Cominciano a scarseggiare anche alimenti base come farina e riso.
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