Quando le “novità” che ci piombano addosso per il tramite dei media cartacei ed elettronici hanno tutte il sapore del vecchio, può valere la pena di fare qualche riflessione.
Proviamo a cominciare con l’operazione delle forze israeliane che ha portato alla cattura di 6 terroristi del Fronte di Liberazione Popolare della Palestina detenuti – si fa per dire – nelle carceri palestinesi di Gerico. Il coro di critiche nei confronti di Israele è stato quasi unanime, e certamente la spettacolarità di quell’intervento era tale da colpire l’immaginazione molto più di una operazione militare tradizionale.
Si trattava di impedire che sei terroristi, anzi sei dirigenti politici ed operativi del terrorismo palestinese, venissero non solo liberati ma rimessi in condizione di riprendere le loro attività terroristiche. Quattro di loro (Ahmed Saadat, Majdi Rimawi, Hamdi Koran ed il “palo” Basel al Asmar) si erano macchiati di un crimine – l’assassinio di un ministro israeliano commesso in un grande albergo di Gerusalemme – che subito dopo l’11 settembre aveva trasferito nello scenario mediorientale il paradigma di Osama bin Laden; due ( Majdi Rimawi e Hamdi Koran) avevano inoltre messo una bomba in una pizzeria ed avevano assassinato molti altri civili israeliani in diversi attentati; il sesto (Fuad Shubaki) in veste di tesoriere delle forze di sicurezza palestinesi aveva comprato una nave con 50 tonnellate di armi e munizioni che era stata intercettata mentre dall’Iran le trasferiva a Gaza.
L’escamotage diplomatico che a suo tempo era stato concordato con Arafat e contemplava la loro detenzione in un prigione palestinese sorvegliata da militari americani ed inglesi era stato revocato dai palestinesi, e le guardie carcerarie avevano ritenuto opportuno tagliare
la corda. Non
solo, ma il governo che sta per nascere in Palestina sarà certamente più incline a considerare i terroristi come dei martiri che non dei criminali.
L’alternativa per Israele era fra agire, esponendosi alle critiche di mezzo mondo, o stare a guardare passivamente lo svolgersi degli eventi, per ritrovarsi con qualche pericoloso nemico in più.
Restiamo in argomento. L’Autorità Palestinese (quella di Abu Mazen, non quella gestita da Hamas che ce ne farà vedere di tutti i colori in futuro) ha annunciato che verrà concessa la cittadinanza onoraria al terrorista libanese Samir Quntar ed al terrorista giordano Sultan al-Ajaluni, attualmente incarcerati in Israele con condanne all’ergastolo. Ricordiamo il titolo di merito di Quntar attraverso le parole della madre di una famiglia che lui sterminò a sangue freddo nel 1979 ( attenzione: non eravamo in periodo di intifada!).
Era shabbat.
La famigliola Harat
– marito moglie e due figli di 4 e 2 anni – avevano passato la giornata sulla spiaggia. Verso mezzanotte i terroristi sono entrati in casa; la madre e Yael di 2 anni si nascosero, ma la bimba morì soffocata nel nascondiglio.Il padre ed Einat,di 4 anni, furono catturati. I terroristi li portarono sulla vicina spiaggia. Il padre fu ucciso davanti alla bambina, in modo che la morte del padre fosse l’ultima cosa che vedeva, poi la piccola fu presa e la sua testa fu sbattuta contro le rocce fino alla morte.
Queste le gesta eroiche del nuovo cittadino onorario di Palestina. Nel 2003,2004,2006 giornali e televisione palestinese lo hanno più volte definito un “guerriero modello”, un eroico alfiere della torcia della libertà, un martire benedetto.
Ripetiamo: questo avviene nella Palestina di Abu Mazen e di Al Fatah.
Il sito internet al-fateh che da Beirut Hamas dedica all’educazione ed al divertimento dei bambini palestinesi propone una breve fiction di cartoni animati che glorifica il gesto di una bambina – terrorista suicida: la segue passo dopo passo fin dall’ideazione e pianificazione dell’attentato suicida, e la ritrae sorridente, sdraiata nell’erba dopo essere morta come una martire per la Palestina.Dopo che questa esaltazione del terrorismo fu resa nota, ai primi di marzo, il server russo Corbina Telecom Network Operations ha chiuso il sito, che tuttavia dopo pochi giorni ha trovato un nuovo host in Malaysia (Eastgate, Telekom Multimedia di Telekom Malaysia Berhard, Telekom Exchange II, Jalan Lingkaran Fauna).
Leggiamo sui quotidiani e vediamo sui manifesti un raggiante Diliberto che ha incontrato un non meno allegro Moni Ovadia, il quale ha proclamato di essere ebreo e comunista e di non vedere in ciò alcuna contraddizione. Diliberto, che grazie a Moni si sente sdoganato, ha in tal modo confermato il consueto paradigma e sembra che dica: ecco,vedete, c’è perfino un ebreo, un ebreo noto ed ammirato, che mi sostiene; questo dimostra che tutti gli ebrei che mi lanciano contro accuse sono degli imbecilli in mala fede!
Egli ha poi rincarato la dose facendo sapere che un suo zio riposa nel cimitero dei “Giusti” in Israele. Gli ebrei sanno bene che un qualche parente che abbia salvato un ebreo dalla deportazione viene spesso esibito con soddisfazione da chi in tal modo pensa di rifarsi una verginità, come se la bontà di uno zio o cugino abbia il potere di ricadere anche su chi non
la merita. Ma
a questa pretesa Diliberto aggiunge l’ignoranza: difatti non esiste un cimitero dei “Giusti” ma solamente un parco con alberi piantati in onore dei “giusti”. Se questo cimitero dei Giusti esistesse veramente Diliberto non potrebbe comunque essrvi sepolto accanto allo zio: il suo luogo di sepoltura, quando sarà il momento, sarebbe in un cimitero dei Sbagliati.
Tante novità, tante conferme di quanto si sapeva, tanta ripetitività. In Medio Oriente la violenza sanguinaria si è solamente fermata per riprendere fiato, i terroristi si contano prima di tornare ad agire, la politica palestinese non depone l’arma dell’educazione dei giovani al sacrificio di sè per uccidere il nemico israeliano. Oslo, che non ha mai funzionato veramente perché Arafat non voleva che funzionasse, è un lontano e sbiadito ricordo, ma anche
la Road Map
giace in un angolo abbandonata da tutti, inclusi i suoi padrini. L’Europa, tanto per cambiare, sta alla finestra, ed una parte della nostra sinistra, oltre a lanciare contro gli ebrei (non solo contro gli israeliani) insulti volgari e brutali per bocca di una Dacia Valent che nessuno critica, non ha ancora capito che laggiù qualcuno combatte per avere il diritto di vivere, e qualcun altro combatte per conquistare quanto è stato assegnato ad altri dalle Nazioni Unite.
Lo scenario è deprimente, senza minimamente considerare i temi dirompenti del quotidiano come Iraq ed Iran. Quel che più deprime, comunque, è l’incapacità di alcuni settori della politica italiana di scrollarsi di dosso antichi clichè da lotta del proletariato che ignorano la realtà e lasciano spazio alla sola ideologia, che spesso si nutre anche di rabbia oltre che di pregiudizio. Sembra quasi che una parte della contesa per vincere le elezioni in Italia venga giocata su temi della politica estera più vecchia e trita (“siamo contro l’ Israele espansionista e guerrafondaio e per i palestinesi oppressi”) e su un tema sgradevole in primo luogo per gli ebrei stessi (“guardate quanto bene vogliamo agli ebrei, poveretti