Nelle trattative con l'Iran, per gli Stati Uniti la sicurezza d'Israele é una condizione irrinunciabile l'analisi di Vittorio Emanuele Parsi
Testata: Avvenire Data: 17 marzo 2006 Pagina: 2 Autore: Vittorio E. Parsi Titolo: «Fra Washington e Teheran la chiave è nella sicurezza d'Israele»
Un editoriale di Vittorio Emanuele Parsi da AVVENIRE di venerdì 17 marzo 2006:
Si fa sempre più intricata la situazione mediorientale, in un continuo accavallarsi e intrecciarsi tra i dossier più spinosi. Una congiuntura che potrebbe sfociare tanto nell'avvio di una sistemazione complessiva o addirittura nel malaugurato passaggio della parola alle armi. Un esito che nessuno evidentemente auspica e che oggettivamente sarebbe un disastro per tutti. Ma procediamo con ordine. Tre sono le questioni sul tappeto: la proliferazione nucleare, il processo di pace tra Israele e Palestina e l'infinito «post-guerra» iracheno. Tutte e tre vedono il coinvolgimento iraniano e il crescere della tensione tra Washington e Teheran. Com'è ampiamente noto, l'Iran ha deciso di proseguire sulla via dell'arricchimento dell'uranio e, più in generale, del proprio programma nucleare in aperta sfida alla comunità internazionale. Di fronte a tanta ostentata determinazione, Washington ha ribadito la «non esclusione» dell'attacco preventivo, per impedire all'Iran di dotarsi di quanto necessario a produrre la bomba atomica. Evidentemente gli Stati Uniti sono ben consci del costo spaventosamente alto che una simile opzione comporterebbe. Non esclusa, peraltro, la concreta possibilità che una tale scelta risulti inefficace e comunque non risolutiva. Ma il Dipartimento di Stato sa, con altrettanta sicurezza, che se la minaccia non è uno strumento negoziale è però decisivo il chiarire alla controparte le conseguenze alle quali si sottoporrebbe se si rifiutasse di negoziare. Nella scorsa settimana il presidente Bush ha accusato l'Iran di sostenere, finanziariamente e materialmente, il terrorismo in Iraq. Anche in tale caso gli Usa hanno ammonito l'Iran del prezzo che rischia di dover pagare. A queste parole, significativamente, Teheran ha replicato ieri con dichiarazioni che lasciano trasparire la volontà della Repubblica islamica di aprire un tavolo di negoziati con gli Stati Uniti sul futuro dell'Iraq. Attraverso il riconoscimento di un protagonismo politico sul futuro del gr ande Paese confinante, l'Iran chiede che vengano sancite le proprie ambizioni e il proprio ruolo di potenza regionale. Apparentemente gli Stati Uniti non possono accettare nulla di tutto questo, poiché potrebbe significare far cadere nella sfera di influenza iraniana le enormi risorse petrolifere del martoriato Paese mediorentale. Evidentemente la circostanza sarebbe mal vista anche dagli altri Paesi arabi (a partire dall'Arabia Saudita), che sostennero l'Iraq di Saddam nella decennale guerra contro l'Iran. Allo stesso tempo, però, il riconoscimento di tale ruolo potrebbe essere la sola via per consentire di bloccare la corsa di Teheran al nucleare: che nessuno crede sia seriamente determinata da ipotetiche future necessità energetiche ma da ben più concrete e presenti aspirazioni di potenza. In sostanza un'apertura di dialogo potrebbe fungere da compensazione che Washington offrirebbe a Teheran affinché rinunci all'atomica. Perché questa tortuosa, irta e strettissima via venga intrapresa, è però necessario che siano soddisfatte le garanzie per la sicurezza di Israele, garanzie che il programma nucleare iraniano oggettivamente minaccia, e che le dichiarazioni irresponsabili della sua leadership continuamente alimentano. La palla, è ancora una volta nel campo iraniano, come è del resto stato sempre, finora, anche nelle trattative sul nucleare. Se Teheran non fornirà sostanziali assicurazioni sul dossier israelo-palestinese nessuna compensazione sarà possibile. Ed allora l'esito sarà imprevedibilmente peggiore. Peggiore per tutti, sia chiaro.
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