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La Repubblica Rassegna Stampa
16.03.2006 E' sempre Israele a "scatenare le crisi"
e c'é chi ne rimette in discussione il diritto all'esistenza come Stato degli Ebrei

Testata: La Repubblica
Data: 16 marzo 2006
Pagina: 16
Autore: Alberto Stabile - Umberto De Giovannangeli - Michele Giorgio
Titolo: «Gerico, crimine imperdonabile - Stop Usa ll'Onu. La Ue contro Israele - Abu Mazen tra le rovine di Gerico accusa Israele - «Così non c’è più spazio per due popoli-due Stati» - Abu Mazen accusa Israele: «Criminali»»

La "dignità residua" impone al "povero Abu Mazen" di condannare l'azione israeliana per catturare gli assassini del ministro Zeevi, prossimi ad essere liberati per un accordo tra Hamas e Fplp.Così inizia la cronaca di Alberto Stabile su La REPUBBLICA di giovedì 16 marzo 2006. Si continua sullo stesso tono: gli israeliani negano pervicacemente ad Abu Mazen la qualifica di interlocuotore, americani e inglesi mentono quando accusano l'Anp di non aver fornito garanzie per la sicurezza degli osservatori  nel carcere di Gerico. Il presidente palestinese "rivela" di aver proposto il trasferimento dei prigionieri alla Muqata e di non aver ricevuto risposta.
Cosa che potrebbe essere stata una forma di cortesia diplomatica: alla Muqata infatti, liberi  di continuare nella loro attività terroristica e protetti dai tentativi di cattura israeliani, gli assassini di Zeevi erano già stati quando il presidente palestiense era Arafat. La loro presenza lì era stato uno dei motivi dell'assedio israeliano al quartier geenerale del vecchi raìs. l'unica risposta possibile alla proposta di Abu Mazen, posto che sia stata davvero formulata,  sarebbe dunque stata:  "Ci sta prendendo in giro?".
Ecco il testo:

GERICO - Che deve dire il povero Mahmud Abbas davanti alle rovine della Muqata, sulla quale, vista alla luce del giorno, sembra si sia abbattuta una squadriglia di caccia bombardieri? La dignità residua gli impone di condannare l´assalto israeliano al carcere di Gerico come un «crimine imperdonabile», «un´umiliazione per il popolo palestinese» e «una violazione degli accordi». Ma sa perfettamente, il presidente dell´Autorità palestinese, che è lui, in persona, la vittima politica designata di quest´attacco.
La faccia segnata da una piega d´amarezza, le mani strette l´una all´altra per la tensione, con accanto il fido Saeb Erekat, il negoziatore che da tempo non ha più niente su cui negoziare, circondato da un nugolo di guardie del corpo che rappresentano forse l´ultimo attributo d´autorità rimasta a corredo della sua carica, Mahmud Abbas (alias Abu Mazen) sembra un generale in visita alle truppe dopo una disfatta.
Non è che prima che Ehud Olmert ordinasse l´assalto alla prigione di Gerico per catturare quelli che vengono considerati gli assassini dell´ex ministro del Turismo, Rahavam Zeevi, la posizione di Abu Mazen fosse più florida. Come Sharon, anche il suo successore pro tempore sembra aver deciso di negare al presidente dei palestinesi la qualifica di «interlocutore». Ma quel che è successo a Gerico non riguarda soltanto Israele. Sono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna che hanno messo in mora l´Autorità Palestinese ritirando i loro osservatori, preoccupati della loro sicurezza, così spianando la strada alle truppe israeliane.
Mentre si aggira fra quel che rimane dell´ennesimo simbolo dell´Autorità palestinese ridotto in frantumi, Abu Mazen evoca, senza dirlo esplicitamente, l´idea di un´operazione concertata, un complotto. «Non faccio teorie, riferisco i fatti», dice. «Gli osservatori se ne sono andati alle 9,20 e gli israeliani sono arrivati alle 9,30. Come si può spiegare tanta rapidità?» Quanto alle critiche che gli sono piovute addosso da Londra e da Washington, Abu Mazen le ribalta. Non ha detto il segretario del Foreign Office, Jack Straw, che alle numerose sollecitazioni, l´ultima con lettera datata 8 marzo, circa la necessità di migliorare le condizioni di sicurezza degli osservatori alla luce dalla vittoria di Hamas e delle intenzioni espresse dagli stessi integralisti di liberare i cinque prigionieri accusati dell´omicidio di Zeevi, non ha detto Straw che a queste sollecitazioni l´autorità palestinese non ha risposto?
Abu Mazen contrattacca rivelando di aver offerto a inglesi e americani di trasferire i detenuti sotto stretta osservazione alla Muqata di Ramallah, sede della presidenza, e di non aver ricevuto risposta, né da Londra, né da Washington.
E tuttavia il messaggio lanciato da inglesi e americani è chiaro. Per Abu Mazen, gli spazi si sono improvvisamente ristretti anche sul piano internazionale. Non a caso, ieri, James Wolfenson, inviato dal Quartetto per coordinare gli aiuti economici ai palestinesi, ha fatto sapere da Washington che, in mancanza di un nuovo, chiaro mandato da parte della comunità internazionale, che chiaramente gli indichi cosa deve fare dopo la vittoria di Hamas, considererà conclusa la sua missione. Davanti alle macerie di quello che era non soltanto il carcere, ma la sede del governatorato di Gerico, e dunque uffici amministrativi, caserma di polizia e della security, alloggi di funzionari, emerge la potenza distruttiva messa in campo dall´esercito israeliano nelle nove ore di assedio. Non un locale del grande edificio della Muqata è stato risparmiato, a parte la piccola moschea e il posto di polizia, all´ingresso. La facciata principale è stata demolita dalle cannonate. Due ali dell´edificio, un quadrilatero con al centro la prigione vera e propria, sono crollate sotto i colpi d´ariete dei bulldozer. Il garage, la mensa, il panificio, gli alloggi dei civili sono stati completamente spazzati via. La prigione vera e propria è stata rasa al suolo, dopo che Saadat e gli altri prigionieri si erano arresi. Tre caterpillar sono entrati a finire il lavoro.
Un pilota delle linee aeree palestinesi (che operano su piccole tratte regionali con aerei canadesi) racconta come sono stati trattati i civili che sono usciti subito dopo l´inizio dell´operazione, al mattino. «Come bestie - dice -. Giovani o anziani, nessuna differenza. Bisognava spogliarsi e andare verso di loro nudi e con le mani alzate. Su sessanta persone soltanto a me è stato risparmiato questo trattamento: sparatemi, ho detto, ma non mi spoglio».
La cittadina, ieri mattina, sembrava tranquilla. Negozi chiusi per lo sciopero generale proclamato nei Territori. Soltanto qualche banco di spremute lungo la strada principale, inondata dal profumo degli agrumeti. Poco traffico. Una tranquillità solo apparente, perché dietro al crollo sistematico dell´Autorità palestinese cova l´anarchia. Mentre la Muqata veniva presa d´assalto, trecento shabab, come vengono chiamati i ragazzi pronti scontrasi con le truppe israeliane, hanno "occupato" un ristorante, saccheggiandolo.
Sull´altro versante del conflitto, il pugno di ferro minacciato giorni fa dal premier Olmert, e puntualmente messo in pratica con l´assedio di Gerico, sembra produrre i frutti politici auspicati dai dirigenti israeliani. I giornali, ieri, erano tutti un coro di elogi alla fermezza dimostrata da Olmert, «che ha fatto quello che qualunque governo avrebbe fatto al posto suo».
E non importa se mancano soltanto 12 giorni alle elezioni. La campagna elettorale, dicono gli osservatori, non c´entra. Sta di fatto, però, che Kadima, il partito del premier, dopo settimane di lenta regressione ha fatto l´ennesimo balzo in avanti.

Un altro articolo, di Fabio Scuto punta l'indice contro gli Stati Uniti per aver bloccato una risoluzione di condanna contro israele. Condanna per aver arrestato gli assassini di un suo ministro che stavano per essere scarcerati.
La condanna da parte della Ue é enfatizzata rispetto alle critiche rivolte ai palestinesi. La crisi risulta essere incominciata con l'azione israeliana a Gerico, non , come logica e verità vorrebbero, con la decisione palestinese di scarcerare i terroristi. Ecco il testo:

Il Consiglio di sicurezza dell´Onu riunito ieri a porte chiuse ha lanciato un appello alla calma dopo la crisi scatenata dall´irruzione israeliana nel carcere di Gerico e il rapimento nella striscia di Gaza di cittadini stranieri. Il Consiglio ha espresso preoccupazione per l´escalation di violenze e ha invitato tutte le parti alla massima moderazione per ripristinare la calma, ha riferito l´ambasciatore argentino Cesar Mayoral, che ha la presidenza di turno. E´ stato il sottosegretario per gli Affari politici dell´Onu Ibrahim Gambari a riferire ai quindici membri del Consiglio sulla «violenta incursione» israeliana a Gerico e sulle successive violenze che, ha avvertito, minacciano di destabilizzare una situazione già molto tesa.
Ieri il Qatar aveva presentato al Palazzo di Vetro una mozione di condanna di Israele per l´azione al carcere di Gerico, sulla quale però pende tuttavia la minaccia del veto americano. Il testo, proposto dal Qatar, «condanna la violenta incursione israeliana» e chiede il ripristino della situazione precedente con la riconsegna dei sei detenuti che sono stati condotti in Israele. Condizioni inaccettabili per gli Stati Uniti.
La crisi scatenata dall´azione israeliana contro il carcere di Gerico è stata oggetto ieri di una lunga telefonata fra i capi della diplomazia russa Serghei Lavorov - che ha espresso grande inquietudine per quanto accaduto e per le possibili escalation della crisi - e quella americana Condoleezza Rice. Mosca e Washington, ha spiegato Lavrov, «concordano nel chiedere a palestinesi e israeliani un grande impegno per normalizzare la situazione», invitando il "Quartetto" (composto da Usa, Russia, Onu e Ue) ad adoperarsi in una efficace opera di mediazione fra le parti.
Più chiara la posizione dell´Unione europea sul blitz nel carcere di Gerico. Parlando a Strasburgo, dove ieri sarebbe dovuto intervenire il presidente palestinese Abu Mazen, il commissario per le Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, ha definito «inaccettabile l´incursione e il trattamento riservato ai detenuti» avvertendo però che saranno i palestinesi i primi a soffrire di una situazione di anarchia in cui vengono attaccati stranieri inermi. «Nessuno ha aiutato il popolo palestinese più dell´Ue», ha ricordato il presidente della Commissione, Manuel Durao Barroso «l´Ue è stata, e vuole continuare a essere, un donatore per i palestinesi». Chiara l´allusione ai 500 milioni di euro di aiuti che ogni anno Bruxelles invia nei territori e che gli attacchi al personale e agli uffici europei potrebbero mettere a repentaglio.


Anche L'UNITA' pubblica una cronaca, Umberto De Giovannageli, che presenta Abu Mazen come il "moderato" vittima dell'intransigenza israeliana, e non come il leader debole che é. Come colui che sta provocando la propria rovina politica per non aver saputo o voluto lottare contro il terrorismo. Falso il titolo  "Abu Mazen tra le rovine di Gerico accusa Israele". Le rovine non erano "Di Gerico", ma solo del carcere della città. Ecco il testo: 

«MAHMUD IL MODERATO» si aggira tra le macerie del carcere di Gerico. Teso, scuro in volto, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese condanna duramente il blitz israeliano. Quelle macerie sono l’emblema di ciò che resta di una speranza di pace.
«Quanto è accaduto - afferma Abu Mazen - è un crimine odioso che non può essere perdonato e un insulto al popolo palestinese». Il presidente dell’Anp definisce un «rapimento» la cattura nel carcere da parte dei militari israeliani dei cinque membri del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina accusati di essere responsabili dell’assassinio di un ministro di Gerusalemme: «Non possiamo accettare un tale atto - sottolinea Abu Mazen - la collera e la tristezza nelle strade palestinesi sono giustificati». L’accusa rivolta al rais è di aver saputo in anticipo il ritiro degli osservatori ma di non aver fatto nulla per fermare il blitz israeliano. Il rais conferma tra le macerie di essere stato informato, ma solo genericamente, di un possibile ritiro di inglesi e americani. «Ci hanno informato che intendevano ritirarsi, ma non ci hanno detto quando», ripete adirato Abu Mazen. «Non abbiamo alcuna responsabilità - taglia corto - non possiamo essere criticati per quanto è accaduto».
Collera. Tristezza. I sentimenti evocati da Abu Mazen si riflettono nel giorno del dolore e della protesta in Cisgiordania e a Gaza. I palestinesi dei Territori hanno reagito con uno sciopero generale e con cortei di protesta alla cattura l’altro ieri da parte di Israele del leader del Fplp Ahmed Saadat, custodito nel carcere di Gerico. Con Saadat Israele ha prelevato quattro membri del braccio armato del Fronte Popolare implicati nell’uccisione del ministro israeliano Rehavam Zeevi nel 2001, nonchè Fuad Shobaki, un ex consigliere finanziario di Yasser Arafat implicato in un tentativo di contrabbando di armi. La radio militare israeliana riferisce che Saadat viene interrogato da agenti dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno) per il suo ruolo non solo nell’uccisione di Zeevi ma anche in successivi attentati terroristici condotti dall’Fplp in Israele: in particolar modo, un attentato avvenuto oltre un anno fa a Tel Aviv. Secondo l’emittente anche nel carcere palestinese di Gerico Saadat era rimasto in grado di organizzare attentati. In seguito al raid di Gerico, Israele ha deciso di prolungare di alcuni giorni la chiusura dei Territori (iniziata sabato scorso, doveva concludersi ieri) e di elevare lo stato di allerta nel territorio nazionale. La polizia ha provveduto a rafforzare i pattugliamenti nelle strade e i controlli lungo le linee di demarcazione con la Cisgiordania. All’indomani delle scene di rivolta da Gaza e del sequestro di diversi stranieri, gli ultimi quattro ostaggi stranieri ancora nelle mani dei miliziani ieri sono stati liberati, sani e salvi. Fra di loro tre giornalisti, due francesi e un sud-coreano, e un cittadino canadese catturato l’altro ieri dagli uomini del Fplp. Ma la tensione nei Territori e in Israele resta altissima. Durante tutta la giornata i miliziani palestinesi hanno continuato a sparare per protesta razzi Qassam a partire dalla Striscia verso il Neghev. Almeno 20 sono caduti nel territorio dello Stato ebraico, senza fare vittime. A farsi viva è anche l’ala militare di Hamas che non esclude di rapire soldati israeliani per poterli scambiare con i palestinesi catturati l’altro ieri a Gerico, stando al sito Palestine-Info, vicino al movimento islamico. «Si tratta di un crimine odioso, non c’è dubbio che il governo di occupazione israeliano pagherà un prezzo», avverte Fathi Hammad, deputato di Hamas.

Affianca questa cronaca la propaganda di Yasser Rabbo, membro dell'esecutivo dell'Olp che, con una logica incomprensibile, afferma che l'azione a Gerico impone lo stato binazionale come unica possibile soluzione del conflitto palestinese. Israele si é ritirata da Gaza e, se le elezioni saranno vinte da Kadima, smantellerà le colonie da gran parte della Cisgiordania. Una dirigenza palestinese interessata all'indipendenza nazionale si concentrerebbe sulla costruzione di uno stato. Ma é ovvio, invece che chi é interessato solo alla distruzione di Israele debba dichiarare, con qualsiasi pretesto che la "soluzione due popoli per due stati" non é più praticabile. L'UNITA' sceglie di fare da grancassa a questo messaggio di delegittimazione di Israele. Ecco il testo: 

«La prova di forza compiuta da Israele a Gerico non è solo un mega spot elettorale per Ehud Olmert. È qualcosa di ben più grave e strategico: è la consacrazione dell'unilateralismo forzato da parte di Israele. È un messaggio lanciato non solo ad Hamas ma all'intero popolo palestinese: saremo noi israeliani a decidere il vostro futuro». Un futuro che Yasser Rabbo, membro dell'esecutivo dell'Olp e promotore, assieme al leader di Yahad (la sinistra sionista israeliana) Yossi Beilin, dell'Iniziativa di Ginevra, il piano di pace elaborato da intellettuali, politici e militari palestinesi e israeliani, vede a tinte fosche: «Non c'è più spazio - afferma - per una pace fondata sul principio di due Stati, a questo punto occorre rilanciare l'iniziativa per un unico Stato binazionale».
Israele esulta per il blitz di Gerico. Qual è lo stato d'animo prevalente tra i palestinesi?
«Più che rabbia direi che a prevalere è un senso di umiliazione. Le immagini dei poliziotti e dei detenuti palestinesi bendati, denudati, a braccia alzate, esibiti come prede di guerra davanti alle telecamere, rappresentano una ferita nella coscienza di ogni palestinese. Quegli uomini privati della loro dignità sono assurti a simbolo di un popolo privato dei propri diritti. Ma Israele sbaglia a esultare per quel raid: l’umiliazione produce rabbia e rafforza ulteriormente i gruppi estremisti».
Il blitz di Gerico è anche un attacco all'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen?
«È qualcosa di più: Israele non riconosce l'esistenza di una controparte. Ne prescinde completamente. Così su Gerico, così nella costruzione del Muro in Cisgiordania, così nella determinazione unilaterale dei nuovi confini…».
Israele ribatte che è improponibile negoziare con una Anp egemonizzata da Hamas.
«La vittoria elettorale di Hamas non può divenire il pretesto usato da Israele per far scempio dei diritti dei palestinesi. Ciò è intollerabile. E lo dice uno che considera una sciagura il successo di Hamas».
Esiste ancora uno spazio per un accordo di pace fondato sul principio di due popoli, due Stati?
«Temo di no. A scontrarsi oggi sono due unilateralismi opposti e speculari: quello di Israele e quello di Hamas. A questo punto è meglio avviare una iniziativa che punti alla creazione di uno Stato binazionale che ponga fine all'apartheid di cui sono vittime i palestinesi dei territori occupati. La strategia di Israele è ormai chiara: trascinare all’infinito un ipotetico negoziato e nel frattempo operare sul campo perché un negoziato sia svuotato di ogni significato concreto».
Come giudica il comportamento della comunità internazionale?
«Reticente, come sempre. Cosa è stato tentato per dare piena attuazione alla Road Map? (il tracciato di pace messo a punto dal Quartetto Usa-Ue-Onu-Russia, ndr.). Vuole sapere qual è oggi l'immagine che i palestinesi hanno della comunità internazionale? È quella degli agenti inglesi e americani che abbandonano il carcere di Gerico lasciando campo libero all'esercito israeliano. È l'immagine di una fuga dalle proprie responsabilità».

Ehud Olmert descritto come un criminale impegnato ad uccidere il maggior numero possibile di "arabi" per quadagnare il consenso di un'opinione pubblica (quella israeliana) ubriaca di nazionalismo, il raid di Gerico come "violazione degli accordi" alla quale la comunità internazionale non ha saputo rispondere... dimenticando che gli accordi "violati" prevedevano che i terroristi del Fplp fossero tenuti in carcere e che l'Anp stava per liberarli.
Ecco l'articolo di michele Giorgio pubblicato dal MANIFESTO: 
«I palestinesi presi a Gerico saranno tutti incriminati secondo la legge israeliana e riceveranno la pena che meritano». Parlava con tono da capo di stato maggiore ieri Ehud Olmert a proposito della cattura del leader del Fronte popolare Ahmed Saadat. Il premier che non aveva medaglie conquistate sul campo di battaglia, come i suoi predecessori, da ostentare in pubblico, ora ha ottenuto i gradi di generale agli occhi dell'opinione pubblica. I sondaggi danno il suo partito di nuovo a 42 seggi (contro i 37 di qualche giorno fa) e la stampa e' tutta con lui. I titoli su gran parte dei quotidiani sono stati un tripudio di nazionalismo e militarismo. «Il conto è chiuso» ha scritto Yediot Ahronot, «Li abbiamo presi» ha esclamato Maariv che all'interno ha aggiunto: «Il giorno del giudizio». Un analista militare ha parlato addirittura di «Giorno di orgoglio nazionale». Nessun dubbio sulla legalità oltre che sulla opportunità politica di una azione militare che potrebbe essere seguita da una rappresaglia palestinese contro Israele. Diversi esperti legali hanno sollevato dubbi sulla possibilità di processare Saadat e gli altri detenuti palestinesi in Israele. Quattro di loro infatti sono già stati condannati da un tribunale dell'Anp nel 2002. Poco importa, quello che conta per Olmert sono i «suggerimenti» del suo stratega politico preferito, Reuven Adler. Ieri Yossi Verter ha riferito su Haaretz che la parola d'ordine dettata da Adler è: «Restituisci i territori e ammazza gli arabi». Lo «stratega» che nel 2000 rifece il volto di Ariel Sharon, ha convinto Olmert che alla popolazione piace molto un leader che si ritira appena un po' dai territori occupati e allo stesso tempo uccide i palestinesi. Ma, come è noto, in vita e politica si raccoglie quello che si e' seminato. Il premier da parte sua si affanna a negare di aver voluto favorire la sua campagna elettorale e ha precisato che i tempi dell'operazione di martedì li ha scelti in funzione della decisione dei governi americano e britannico di richiamare i loro ispettori dal carcere di Gerico.

Non è quello che sostiene il presidente palestinese Abu Mazen che ha accusato Israele di avere commesso un «crimine imperdonabile» e ha respinto le critiche che gli sono state rivolte dopo il blitz israeliano. Il rais ha ribadito di essere stato informato genericamente dell'intenzione di lasciare Gerico da parte degli osservatori inglesi e americani che sorvegliavano la prigione in cui era detenuto Saadat. «Ci hanno informato che intendevano ritirarsi ma non ci hanno detto quando» ha affermato ieri mentre faceva un sopralluogo a Gerico. «Non abbiamo alcuna responsabilità, non possiamo essere criticati per quanto è accaduto» ha affermato. Abu Mazen ha aggiunto di avere proposto a Usa e Regno Unito, i cui osservatori criticavano le scarse condizioni di sicurezza nel carcere di Gerico, di trasferire i cinque esponenti del Fplp nella Muqata, il palazzo presidenziale di Ramallah, «ma non abbiamo ricevuto risposta alla proposta». Il presidente ha sottolineato che americani e britannici hanno lasciato il carcere di Gerico alle 09:20 del mattino e «le truppe israeliane sono arrivate alle 09:25». Tempi ravvicinati che alimentano i sospetti dei palestinesi.

Si difende Abu Mazen ma il danno ormai è fatto. Ora è ancora più contestato e isolato nel suo solitario scranno di presidente dell'Anp in attesa della nascita del governo di Hamas e di nuove azioni di forza di Israele. Secondo Ali Jarbawi, docente di scienze politiche all'università di Beir Zeit, «quello che è successo a Gerico è un esempio di come la comunità internazionale si comporterà in futuro, specie con il governo di Hamas. Nessuno si è schierato dalla nostra parte, nel rivendicare il rispetto della legalità e degli accordi passati e temo che nessuno si schiererà con noi in futuro». Dall'Europa però sono giunti segnali diversi. Il commissario europeo alle relazione esterne, Benita Ferrero-Waldner, ieri ha detto che «l'attacco israeliano alla prigione di Gerico e il modo in cui sono state trattate le guardie carcerarie è inaccettabile e deve essere condannato». Ha anche condannato le violenze e i rapimenti di stranieri a Gaza e gli attacchi agli uffici della Commissione Europea. Ieri sono stati finalmente rilasciati gli ultimi tre occidentali sequestrati due giorni fa a Gaza, durante una giornata terribile, segnata da una caccia allo straniero inaccettabile da parte di militanti armati ma respinta da tutto il resto della popolazione. Ieri sera si è concluso lo sciopero generale nei Territori occupati, oggi sono previste nuove manifestazioni. A Rafah, a sud di Gaza, verrà commemorata Rachel Corrie, la giovane pacifista americana uccisa da un ruspa israeliana tre anni fa mentre tentava di impedire la demolizione di una abitazione civile.


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