Dal GIORNALE di giovedì 16 marzo 2006:
Li abbiamo presi». «Il conto è chiuso». I titoli cubitali sulle prime pagine di Maariv e di Yedihot Ahronot, due dei principali quotidiani israeliani, spiegano meglio di ogni commento e analisi politica il successo politico garantito al premier ad interim Ehud Olmert dal trionfale raid di Gerico. E quella foto di Ahmed Saadat bendato e legato tra i soldati israeliani sembra già un manifesto di vittoria, una sicura ipoteca sulle elezioni del prossimo 28 marzo. Non che ce ne fosse un gran bisogno. Un sondaggio condotto dalla Tv israeliana alla vigilia del raid già segnalava una prepotente rimonta di Kadima. Secondo quei dati, il partito fondato da Ariel Sharon era risalito a 42 seggi recuperando la leggera flessione che nelle scorse settimane l'aveva visto cadere a quota 37. L'impennata garantita dalla cattura del mandante e dai killer del ministro Rehavam Zeevi renderà praticamente incolmabile il distacco nei confronti di Likud e laburisti, congelati a 16 e 15 seggi. A casa Kadima accostare il successo di Gerico alle imminenti elezioni è, ovviamente, una sorta di tabù. L'operazione con cui Olmert è riuscito a sopperire alla mancanza di carriera militare garantendosi l'indispensabile reputazione di leader deciso e determinato viene tenuta rigorosamente separata dalle esigenze elettorali. Il più risoluto nello smentire qualsiasi possibile collegamento è il ministro della difesa Shaul Mofaz, che sottolinea come la decisione di intervenire sia stata presa soltanto in seguito al ritiro degli osservatori americani e inglesi. «Non siamo intervenuti a Gerico per ragioni elettorali – ha detto ieri Mofaz - non avevamo altra scelta, dovevamo entrare in azione, nessuno Stato responsabile avrebbe permesso che gli assassini di un suo ministro fossero rimessi in libertà». E per prevenire qualsiasi rappresaglia, Shaul Mofaz e i vertici militari hanno prorogato il blocco dei territori palestinesi imposto durante le festività di Purim, il carnevale ebraico. Ovviamente il leader del Likud, Bibì Nethanyahu, e i suoi collaboratori, raggelati dal tempismo di Olmert e dai sondaggi, ripetono che una rondine non fa primavera. Ma i commentatori politici, fino a ieri instancabili nel sottolineare l'inesperienza di Olmert in fatto di leadership, sembrano finalmente pronti a riconoscere in lui il vero erede di Sharon. «Sharon l'ha promesso e Olmert lo ha reso possibile, se non è il passaggio dello scettro cos'è?», si chiedeva ieri Haaretz. «Gli elettori amano questo genere d'operazioni, amano veder il nemico umiliato e i nostri soldati rientrare vittoriosi e incolumi alle basi. Olmert – spiegava invece Yedioth Ahronot – ha pienamente raggiunto il suo scopo, ha imposto un assedio e si è mosso con freddezza e pazienza nell'attesa della resa». In questi cori di osanna e vittoria gli unici dubbi riguardano il destino giudiziale di Ahmad Saadat, dei suoi quattro sottoposti e di Fuad Shobaki, l'uomo che nel 2001 tentò di far arrivare a Gaza una nave carica di armi. Di certo finiranno in galera e vi resteranno un bel po', ma i leader israeliani sembrano incerti se processarli di nuovo o ratificare il giudizio sommario emesso da un'improvvisata Corte palestinese nel 2002. Il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, ha ricordato che Israele non ha ricevuto alcuna protesta dagli Stati Uniti o dall'Europa per l'operazione di Gerico.
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