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La Repubblica Rassegna Stampa
15.03.2006 Gli "uomini inermi" che uccisero Rehavam Zeevi
i terroristi palestinesi secondo Alberto Stabile

Testata: La Repubblica
Data: 15 marzo 2006
Pagina: 1
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Blitz di Israele, caos e sangue a Gerico e Gaza»

"30 uomini inermi" attenti a non irritare gli spietati soldati israeliani. Tra di loro i terroristi responsabili dell'assassinio di un ministro israeliano, particolare irrilevante per Alberto Stabile, autore della cronaca pubblicata da La REPUBBLICA di mercoledì 15 marzo 2006, che ha scelto la chiave del patetismo per raccontare il raid al carcere di Gerico.
Le responsabilità dei terroristi per Stabile restano naturalmente "presunte".
Per contro, persino la versione inglese e americana sul ritiro degli osservatori da Gerico é messa in dubbio. Sulla base delle accuse di Hamas.
Ecco il testo:

Nella luce dei bengala che squarciano il buio una trentina di uomini inermi, le mani intrecciate dietro la nuca, avanzano a piccoli passi tra cumuli di macerie, badando a non irritare i soldati israeliani che li guidano, con ordini secchi, verso una nuova prigionia.
Nel gruppo degli arrestati c´è Ahmed Saadat, il segretario del Fronte Popolare accusato di essere il cervello dietro l´uccisione, il 17 ottobre del 2001, del ministro del Turismo Rahavam Zeevi. E´ per catturare Saadat ed altri cinque detenuti palestinesi «eccellenti» che l´esercito israeliano ha assaltato ieri la Muqata di Gerico, un raid che ha provocato, in risposta, un´ondata di minacce e di rapimenti da Gaza alla Cisgiordania. Ora, quel drappello di fantasmi che sfila davanti ai fari delle jeep in atteggiamento di resa attesta che l´operazione è finita, ma la reazione, forse, è destinata a durare.
Stavolta, non è soltanto lo Stato ebraico coinvolto in quest´ennesimo episodio della guerra che da decenni lo vede opporsi ai palestinesi. L´assalto alla prigione di Gerico, in cui sono morti due palestinesi e nove sono stati feriti, è stato possibile, infatti, soltanto dopo che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, congiuntamente, hanno deciso di ritirare i loro osservatori. Un gruppo di "specialisti" in materia di sicurezza che, in base a un accordo raggiunto nel 2002 con Israele e l´Autorità palestinese, s´erano impegnati a controllare che Saadat e i suoi compagni restassero in galera.
Improvvisamente, invece, ieri mattina alle nove, i tre "consiglieri" britannici di turno alla prigione se ne sono andati, di fatto, denunciando l´accordo. Non più di mezz´ora dopo, in un lasso di tempo così stretto da suscitare il sospetto di un previo coordinamento con gli israeliani, coordinamento che gli interessati si sono affrettati a smentire, una forza ingente che, oltre a centinaia di soldati, comprendeva anche carri armati, elicotteri e bulldozer, ha circondato la Muqata intimando ai detenuti di uscire e di consegnarsi.
Un alto ufficiale israeliano, il cui nome non ci è permesso di menzionare, a metà giornata ha riassunto così i termini del diktat: «Siamo interessati ad arrestare gli assassini di Zeevi e il terrorista Fuad Shubaki (l´uomo accusato di un traffico d´armi diretto all´Autorità palestinese e scoperto nel 2002). Ma non siamo intenzionati a negoziare: devono uscire dalla prigione. Se non escono saranno uccisi».
Quando siamo arrivati a Gerico, poco dopo mezzogiorno, la scena che ci si è presentata era quella di un´operazione di guerra in piena regola, lungamente e dettagliatamente preparata. L´oasi su cui si estende la cittadina, una delle testimonianze più antiche di civiltà urbana, era avvolta nella foschia del deserto. Nel cielo ronzavano gli elicotteri, uno dei quali, ad un certo punto, ha sganciato un missile che ha scavato un cratere nel cortile della prigione (un missile «per dimostrare - ha spiegato l´ufficiale - che non scherziamo»).
Colpi di cannone, sparati dai carri armati, e cariche di esplosivo risuonavano nell´aria.
Facendoci strada tra i posti di blocco, siamo arrivati abbastanza vicino da poter vedere le ruspe in azione contro le mura della Muqata. E il ricordo è corso ad un´altra Muqata, quella di Ramallah da dove questa storia origina. Fu, infatti, per mettere le mani sui killer di Zeevi che l´esercito israeliano prese d´assedio il quartier generale di Arafat, nel 2002, sapendo che era lì che si nascondevano. Un compromesso raggiunto con la mediazione di inglesi e americani, permise di far cessare l´assalto (l´assedio di Arafat, invece, non sarebbe mai finito, se non con la sua morte). In cambio, Arafat s´impegnò a rinchiudere gli accusati nella prigione di Gerico sotto la supervisione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.
Così è stato fino a ieri, ma, a voler dar credito alle giustificazioni offerte da Londra, negli ultimi tempi i rapporti tra gi osservatori e l´autorità palestinese si sono deteriorati. Inghilterra e Stati Uniti hanno messo da mesi sull´avviso il successore di Arafat, Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che il regime carcerario cui erano sottoposti i sei detenuti sotto osservazione era carente. In più, il Foreign Office, con una lettera inviata l´otto marzo ad Abu Mazen, ha sollevato il problema delle condizioni di sicurezza degli osservatori, giudicate insufficienti.
Ad accrescere le preoccupazioni di inglesi e americani, poi, sono venute le recenti allusioni di Abu Mazen alla possibilità di liberare i militanti imprigionati, come richiesto dai dirigenti di Hamas. Da qui, a quanto pare, la decisione di andarsene.
L´esercito israeliano era lì pronto a cogliere il momento. Il premier, Ehud Olmert, e il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, non si sono lasciati sfuggire l´occasione di dimostrare, a due settimane dal voto, come sia la «sicurezza» il punto centrale del loro programma politico. In pochi minuti l´ordine impartito dai politici è stato eseguito. Senza indugio i militari hanno cominciato a martellare le mura della Muqata, all´interno della quale si trovavano 130 prigionieri (tra civili e militari) e una settantina di persone, tra guardie e dipendenti degli uffici governativi che hanno sede nello stesso recinto. Una guardia e un detenuto sono stati uccisi nello scontro a fuoco. Tre persone, ferite, sono state potate in un ospedale di Gerusalemme. Altre sei, sono rimaste a sanguinare all´interno.
La notizia ha incendiato Gaza e i Territori. Gli stranieri, quegli stessi stranieri spesso in prima fila nell´attività delle organizzazioni umanitarie a favore dei palestinesi, sono stati presi di mira da bande di sequestratori. A sera della dozzina di occidentali sequestrati durante la giornata, ne restavano ancora tre nelle mani dei rapitori, due giornalisti francesi e un sud coreano.
A Gerico, la prima svolta si è avuta poco dopo le due, quando decine di prigionieri sono usciti dalla Muqata con le mani alzate. Per lo più erano giovani, forse detenuti comuni. Gli israeliani li hanno fatti denudare, prima di bendarli e ammanettarli e portarli altrove per interrogarli. Dall´interno dell´unica ala risparmiata dalle cannonate, Ahmed Saadat, si diceva pronto ad andare incontro serenamente al «suo destino di combattente», e così anche gli altri killer di Zeevi: Majdi Zimawi, Raed Abu Ghilme, Hamdi Quran e Bassem el Asmar, oltre a Shubaki. Fuori, i militari lasciavano intendere che avrebbero lasciato che i reclusi rimanessero intrappolati dalle macerie. Al calare della sera gli assediati hanno forse pensato che a quel punto il loro sacrificio sarebbe stato inutile.


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