Di seguito pubblichiamo un articolo del FOGLIO di martedì14 marzo 2006:
Firenze. Il 22 febbraio 2005 l’ambasciatore israeliano in Italia, Ehud Gol, fu contestato da alcuni studenti universitari – con cori inneggianti all’Intifada, contro l’“assassino Sharon” e l’“ambasciatore di uno stato terrorista” – durante una lezione nell’aula magna dell’Università di Firenze sulle prospettive di pace in medio oriente. L’edificio si riempì di agenti, sia della Digos sia di polizia in tenuta antisommossa, che portarono via i ragazzi; Gol riuscì a completare il discorso dopo una ventina di minuti d’interruzione. Oggi, a più di un anno di distanza dall’episodio, sette ragazzi del Collettivo politico della facoltà fiorentina e tre degli Studenti di sinistra si presenteranno davanti al giudice per rispondere di disturbo delle occupazioni delle persone e inosservanza dei provvedimenti delle autorità di polizia. Dodici docenti universitari (tra cui l’ex preside di Scienze politiche, Paolo Giovannini) hanno scritto e firmato una lettera in cui difendono i ragazzi e criticano la decisione di invitare “un ambasciatore direttamente coinvolto nelle scelte politiche del governo Sharon e notoriamente schierato su posizioni di un sionismo intransigente, assai poco incline al dialogo e alla pace”. “Su un tema complesso e incandescente come quello del conflitto fra il popolo palestinese e lo stato di Israele – scrivono i professori – si sarebbe dovuto procedere con estrema cautela. Se l’intenzione era di offrire un contributo al dialogo fra le parti, la prudenza avrebbe suggerito la presenza simultanea di rappresentanti israeliani e palestinesi, e avrebbe consigliato che l’invito venisse rivolto a studiosi autorevoli anziché esponenti politici”. E ancora: “Per quanto si voglia giudicare con severità la reazione di una parte degli studenti, che per circa quindici minuti hanno impedito all’ambasciatore Gol di parlare, resta il fatto che la loro reazione è stata una manifestazione di dissenso politico, per quanto rumorosa e impropria in un’aula universitaria, nei confronti di una iniziativa sbagliata e ritenuta provocatoria”. Infine, spiegano i professori, “non vorremmo che l’iniziativa della Procura fiorentina apparisse come un tentativo di criminalizzare l’opposizione politica degli studenti secondo una logica che contraddice quello che dovrebbe essere il principale obiettivo di una università non grettamente e autoritariamente accademica: trasmettere ai giovani un senso di responsabilità civile che ne faccia soggetti attivi della cittadinanza democratica”. L’iniziativa dei docenti è accolta con favore anche dalla Sinistra universitaria (Su), associazione studentesca considerata più moderata rispetto agli Studenti di sinistra e ai collettivi politici. “L’episodio di contestazione fu a suo tempo strumentalizzato – dice al Foglio Giampiero Calapà, consigliere di Su per Scienze politiche – Non ho condiviso la modalità, ma è stata una contestazione legittima: a una critica verbale non si può rispondere inviando polizia e Digos, dunque condividiamo la decisione dei professori di difendere i ragazzi”. Secondo Calapà si tratta di una “questione di libertà d’espressione e di dissenso che dovrebbe essere garantita all’interno delle aule universitarie”. Il Collettivo, invece, non arretra di un passo: “E’ un fatto significativo – dice al Foglio Bernardo, un ragazzo del gruppo – che la lettera sia stata sottoscritta da personalità ragguardevoli come Danilo Zolo e Andrea Proto Pisani e da docenti di procedura penale. Riteniamo che il processo sia simbolico e politico e che sia fatto per favorire una certa sinistra di governo; a discapito di quelle realtà, come la nostra, antagoniste. Se si arrivasse a una condanna definitiva, si verrebbe a creare un precedente molto grave. Riteniamo sbagliato che si abbandonino le aule universitarie per quelle giudiziarie”. Per oggi il Collettivo ha organizzato un presidio davanti al tribunale dove si terrà la prima udienza.
Sulla vicenda, ecco una lettera inviata alla NAZIONE di Firenze da Federico Steinhaus, editorialista di Informazione Corretta:
Non avrei mai pensato di potermi vergognare della mia amatissima Facoltà di Scienze Politiche. Mi sono laureato al Cesare Alfieri 42 anni fa, ed era una facoltà gloriosa che vantava docenti come Spadolini, Maranini, Luzi, Sartori. Eravamo dei privilegiati per il fatto stesso di poter seguire i loro corsi, ed eravamo onorati dalla quantità di illustri nomi di laureati che ci avevano preceduti.
Il Cesare
Alfieri, in quegli anni e per molti anni successivi, è stato un esempio di illuminato insegnamento, e qui abbiamo appreso a pensare con la nostra testa, a ragionare sui fatti senza accettarli acriticamente.
Ora un gruppo di docenti della Facoltà, unitamente ad altri di Giurisprudenza (il mio primo esame curricolare fu Diritto Privato), si barrica contro la libera espressione delle opinioni, sia pure controverse, da parte di un diplomatico invitato a questo scopo. La dialettica, anche intransigente ed arroccata, è parte essenziale di quanto i predecessori di questi docenti ci hanno insegnato, e proprio la città che conserva memorie di Galileo ne dovrebbe essere l’amorevole e fedele custode.
Sono e resto fiero di aver conseguito la laurea in questa Facoltà che è di Scienze Politiche e non una Scuola di Partito. Ma da ora in poi mi vedrò costretto, come si fa col buon vino, a dichiarare anche l’annata in cui Maranini mi consegnò quel diploma.
Federico Steinhaus