A pag. 56- 57-58-59 de La NUOVA ECOLOGIA di marzo Stefano Carofei firma un reportage dal titolo: "Un fiore a Damasco" e dal sottotitolo: "E' una città nella città. Trecentocinquantamila persone, profughi delle guerre mediorientali. Ora un centro sociale si prende cura dei più deboli: donne e disabili.
Hajar Al-Aswad, è una città satellite di Damasco. Tre chilometri quadrati a sud-est della capitale siriana abitati da 350.000 persone. Una umanità varia, fatta di rifugiati siriani dal Golan, di eredi dei profughi palestinesi, di nomadi di origine turcomanna. Un solo denominatore comune: la povertà.
E il vivere sotto una delle più spietate dittature ancora esistenti al mondo. Perché non ricordarlo? Da quando in qua poi esistono gli eredi dei profughi? Esistono per esempio gli eredi dei profughi dalla Dalmazia? Dal Sud Tirolo? Dall'Alsazia e la Lorena? Esistono gli eredi dei profughi dalla Corsica o dalla Savoia? L'essere rifugiati o profughi è un mestiere a vita che si tramanda di generazione in generazione soltanto per i palestinesi? E' pazzesco che per descrivere condizioni di vita miserevoli se ne debba far risalire le cause a Israele!
Proprio qui è nato un centro sociale, un luogo in cui le persone, soprattutto le donne, si incontrano per affrontare insieme questa difficile realtà. Si chiama Zahret Al-Mada'en in arabo significa il "fiore della città". Prima del 1967 Hajar Al-Aswad era un piccolissimo villaggio di agricoltori poco lontano dalla grande metropoli. Poi, la guerra con Israele
Se il giornalista avesse voluto essere corretto avrebbe detto la guerra che i Paesi arabi (Siria compresa) hanno fortemente voluto con la speranza per la terza volta in meno di vent'anni, di distruggere Israele. Questa vaghezza, unita alle espressioni precedenti lascia intendere al lettore una storia totalmente falsificata ad uso e consumo dei noglobal.
e l'arrivo dei profughi soprattutto da Quneitra, per i siriani città simbolo dell'occupazione israeliana.
Anche qui, si sta tentando di addossare ad Israele la responsabilità della povertà dei cittadini siriani, ignorando che i dittatori Assad hanno vissuto nel lusso per numerosi decenni, infischiandosene della propria gente che moriva di fame. Dittatori che hanno distrutto non solo la propria popolazione, ma anche quella del vicino Libano in cui la Siria ha fatto i suoi sporchi interessi e continua a seminare morte e violenza tra le varie componenti etniche.
Inizia così un'espansione rapida, il paese si trasforma in una vera città. Aisha, una delle volontarie di Zahret Al Mada'en, mi accompagna alla sua scoperta della città. Mentre camminiamo per le strade polverose e malconce mi racconta che l'energia elettrica è arrivata qui solo nel 1977 e solo nel 1988 si è iniziato a progettare un sistema fognario adeguato. "Qui - spiega Aisha - mancano i servizi essenziali. Pochi ambulatori per l'assistenza sanitaria, poche scuole e manca qualsiasi forma di assistenza pubblica per i disabili."
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione di Nuova Ecologia