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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.03.2006 Abu Mazen non può mantenere le sue promesse
intervista a Tzipi Livni, ministro degli Esteri israeliano

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 marzo 2006
Pagina: 13
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Abu Mazen é debole non cambierà Hamas»

Dal CORRIERE della SERA di giovedì 9 marzo 2006:

TEL AVIV - «Ci fa piacere che il presidente Abu Mazen apprezzi il nostro premier Ehud Olmert. Peccato che sia in una posizione di estrema debolezza. Lui è un uomo di pace, ma non può mantenere le promesse che fa. Perché il presidente palestinese è legittimo, ma non lo è altrettanto il suo governo dominato da Hamas». Tzipi Livni non si lascia fuorviare dalle aperture espresse dal presidente palestinese al Corriere della Sera . In questa intervista il ministro degli Esteri israeliano ribadisce con fermezza le tradizionali richieste del suo governo.
Non crede che Abu Mazen possa fare da garante per la continuità del processo di pace?
«Non ho nulla contro di lui. Abu Mazen è un noto moderato, un sincero democratico, crede nella soluzione dei due Stati. Mi fido di lui, nulla a che vedere con le ambiguità di Arafat. Ma sono anche ben consapevole che lui non può in alcun modo mantenere le promesse che fa. È un presidente senza potere quando si tratta di modificare le posizioni di Hamas».
Non crede che in realtà le posizioni di Hamas siano articolate, moderati contro estremisti?
«Noto alcune piccole differenze interne specie tra gli esponenti all’estero e quelli in Cisgiordania e a Gaza. Ma si tratta di piccolezze. In effetti Hamas resta un’organizzazione terroristica a tutti gli effetti che mira alla distruzione di Israele. Se vuole essere accettata da noi, dalla comunità internazionale, deve rispettare le tre condizioni che chiediamo sin dalla sua vittoria elettorale il 25 gennaio scorso: che riconosca il diritto all’esistenza di Israele, rinunci al terrorismo e rispetti tutti gli accordi firmati in precedenza dall’Autorità palestinese. Una volta che rispetteranno queste condizioni potremo tornare a trattare con loro sulla road map, perché io non sono contraria ad Hamas in quanto tale».
Che cosa si aspetta dall’Europa?
«Che non abbandoni assolutamente le pressioni contro Hamas in questo momento estremamente delicato. Era infatti ovvio che appena andati al governo suoi dirigenti avrebbero mutato la loro tradizionale retorica di guerra e odio nei nostri confronti. Hanno bisogno di legittimità e di finanziamenti da parte della comunità internazionale. Ma in cambio occorre costringerli a cambiare. Non ci sono vie di mezzo o cambieranno o resteranno isolati».
Di recente i ministri degli Esteri europei hanno criticato la vostra scelta di sospendere la consegna delle entrate doganali che secondo gli accordi di Parigi Israele deve consegnare ai palestinesi.
«Mi spiace, non cambieremo politica fino a quando Hamas non cambierà la sua essenza terroristica. E ci aspettiamo che i 120 milioni di euro promessi dall’Europa vengano consegnati alla popolazione palestinese tramite agenzie Onu e le Ong. Non devono finire nelle casse dell’Autorità diretta da Hamas».
Il premier Olmert sta verificando un nuovo ritiro dalla Cisgiordania dopo quello da Gaza la scorsa estate. Avete già pensato a dei confini definiti?
«I confini andranno definiti con un negoziato. Ma il nostro partito di centro, Kadima, crede fermamente nella necessità di uno Stato israeliano democratico, che mantenga una solida maggioranza ebraica. Per questo motivo siamo pronti a un ritiro da grande parte dei Territori occupati nel 1967. E alla necessità della coesistenza pacifica tra due Stati, il nostro e quello palestinese».

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