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La Stampa Rassegna Stampa
09.03.2006 La strategia aggressiva dell'Iran
nell'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 09 marzo 2006
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La strategia del tempo»

Da La STAMPA di giovedì 9 marzo 2006:

SI è ribadito che il tempo è un fattore fondamentale nella strategia iraniana per la costruzione del potere atomico. Per questo Ahmadinejad continua a ripetere le sue minacce e i suoi dinieghi, anche quando il dossier sul nucleare di Teheran plana dal board dell’Agenzia Atomica sul Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove sarà discusso dall’inizio della settimana prossima.
Con questa strategia Teheran spera di rafforzare lo sconcerto e la paralisi europea, in modo da dare più forza al parere del direttore generale dell’Aiea Mohamed el Baradei, che di fatto preme per una soluzione negoziale, e dunque per far scorrere altro tempo.
Per l’Iran, il tempo ha un valore doppio, quello della bomba atomica e quello della bomba geopolitica. In primis, l’aspetto evidente dell’energia nucleare: ma Ahmadinejd non vuole soltanto arrivare a verificare le prime centrifughe (poche secondo l’ipotesi russo-iraniana. Ma, ricordano gli esperti, la loro attivazione varrebbe, quanto a know how, proprio come il funzionamento delle migliaia di centrifughe necessarie per fare la bomba), e a mettere a punto i missili Shihab in grado di portare a destinazione le testate atomiche (prima fino a Israele e poi verso le città europee).
No, non solo per queste fasi della costruzione del suo potere strategico nucleare l'Iran spera che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si impantani in diatribe e veti. Mentre prepara il potere nucleare, Teheran sta innescando micce strategiche in tutto il Medio Oriente che giorno dopo giorno diventano più incandescenti godendo del tentennamento europeo, del nuovo gioco imperiale russo, e della speranza nei veti della Cina.
Gli alleati, i famigli, i valvassori e i valvassini del progetto islamista, in particolare quelli che fanno parte del quadrilatero Iran-Siria-Hezbollah-Hamas con l'aggiunta collaterale di Al Qaeda che conserva una sua strategia autonoma, si nutrono giorno dopo giorno del tentennamento occidentale; e l'Iran abilmente scardina senza sosta gli equilibri.
La tessitura si vede in trasparenza senza problema: nelle ultime settimane i summit fra iraniani e gruppi terroristi sono stati due, uno a Damasco e uno in Libano.
Hamas, che anche dopo la vittoria elettorale insiste nella sua scelta della lotta armata e della distruzione di Israele, ha ripetuto che anche nel caso del taglio dei fondi (che per ora non avviene, con un altro tentennamento micidiale) l'Iran, presso il quale ha effettuato la sua prima visita ufficiale, gliene fornirà.
Nel West Bank e a Gaza sta operando, in terreno sunnita, un gruppo terrorista chiamato «il consiglio superiore sciita» comandato da Muhammad Ghawanmeh, uno dei capi della Jihad islamica. Chi scrive ha incontrato un terrorista della Jihad, Shahada, ex sunnita, convertitosi alla Shiah. «Gli iraniani» sono una presenza fisica continuamente evocata sul campo. Ovvero, si creano fra i palestinesi gruppi direttamente dipendenti dall'Iran che, quali che siano in futuro le scelte o le tattiche di Hamas, potranno seguitare a colpire ovunque.
Hezbollah, il più potente fra i gruppi dipendenti dall'Iran e dalla Siria, ha creato un autentico confine iraniano con Israele sul bordo Sud del Libano, ed è ormai presente anche a Gaza e nella West Bank, dove preparano bombe e missili. Per non parlare dei giochi dell'Iran sulla grande scacchiera della guerra in Iraq. Una vera guerra totale è in preparazione, oltre all'atomica. L'effetto costruzione di una bomba atomica islamica, accompagnata da promesse di distruzione di Isarele e dell'Occidente, è la galvanizzazione di tutte le forze negative della zona, compresa Al Qaeda, la cui attenzione, come testimoniano due recenti video e i reperti dei servizi segreti israeliani, è puntata contro Israele per la prima volta. Anche la Giordania è scossa dall'ondata di eccitazione islamista e così l'Egitto e l'Arabia Saudita, che, sunnita, è, oltre a Israele, il principale antagonista odierno di Ahmadinejad. Il gioco fra sciiti e sunniti può diventare letale, come si è visto recentemente in Iraq, per poi ricomporsi in alleanze antioccidentali; di certo il fanatismo di Ahmadinejad si nutre di ogni minuto in cui l'Occidente, l'Europa, gli Usa, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu non diano chiari segni di severità verso la bomba, il casus belli più patente dietro il quale si nasconde una evidente tentacolare crescita strategica.
L'Iran nonostante il petrolio è vulnerabile all'isolamento diplomatico e economico. E dunque, non si rischi una «guerra non necessaria» come Churchill chiamò nel 1946 la Seconda Guerra Mondiale proprio perché avrebbe potuto essere evitata dalla determinazione occidentale.

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