Le colpe dell'Europa nel precipitare della crisi iraniana le spiega Leon de Winter
Testata: Il Foglio Data: 08 marzo 2006 Pagina: 4 Autore: Leon de Winter Titolo: «L’origine della crisi con l’Iran è nella mollezza dell’Europa»
Da pagina 4 dell'inserto del FOGLIO di mercoledì 8 marzo 2006:
Dopo due anni di dialoghi disastrosi, proseguiti anche da quelli degli ultimi giorni, possiamo concludere che nessuna iniziativa diplomatica è in grado di fermare la corsa degli iraniani alla bomba atomica. Questa settimana l’Aiea si riunirà ancora una volta per discutere le ambizioni nucleari dei mullah, mentre la Russia annuncia un piano per convincere gli iraniani ad arricchire l’uranio sul suolo russo. Ma prima di arrivare a questo punto, nel ruolo di protagonisti hanno figurato gli europei. I primi ministri dei più importanti paesi dell’Ue – Inghilterra, Francia e Germania – hanno cercato per anni di convincere gli iraniani a rinunciare alle proprie ambizioni nucleari, anche in tempi recentissimi, come in occasione del meeting di venerdì a Vienna, finito anch’esso in un completo fallimento. Ma l’Iran sapeva perfettamente che questo terzetto – la “troika”, come viene chiamato – non aveva alcuna autorità negoziale e non avrebbe mai preso provvedimenti seri. La troika sa che l’Iran sapeva che l’Europa era debole? Naturalmente. La posizione europea era debole fin dal principio. La sola arma che l’Ue era disposta a considerare, come ultima soluzione, era un boicottaggio economico che avrebbe danneggiato gli interessi economici europei più ancora che quelli iraniani. I mullah sapevano anche che la troika non poteva sostenere la propria minaccia di boicottaggio economico con la minaccia di un intervento militare. Se, in occasione della crisi balcanica, non è riuscita a dimostrare la propria volontà di combattere nel proprio cortile senza la guida dell’America, l’Ue non sarà certo pronta a sacrificare la vita dei propri uomini fuori dalle frontiere del continente. Al contrario, l’Iran, che è ufficialmente una democrazia ma in realtà una tirannia religiosa, possiede un tratto caratteriale praticamente assente nell’Europa moderna: gli iraniani, nella stragrande maggioranza sciiti, sono pronti a soffrire. Questa qualità ha profonde radici nella loro religione. L’ashura, un dei più importanti rituali sciiti (nel quale si festeggia la morte dell’imam Hussain nella battaglia di Karbala, combattuta nel 680 d.C.), celebra la flagellazione, il sangue e il dolore. E un’orgia di immagini di morte. L’Europa è in grado di comprendere questo impegno alla sofferenza volontaria? Per accettare la perdita dei propri soldati sul campo di battaglia, gli uomini hanno bisogno di ideali e valori collettivi capaci di trasformare la loro società in un’entità sacra. Agli occhi degli europei, gli sciiti hanno ritualizzato questo sentimento fino a un livello di totale assurdità. Dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale, l’Europa occidentale ha sposato i nuovi ideali del pacifismo radicale e del post-nazionalismo. Negli anni cinquanta, il desiderio di evitare altre guerre ha fatto nascere una nuova ideologia, che ha permeato la società e la politica e che considerava relativi gli interessi nazionali e le tradizioni culturali. Di conseguenza, la gente ha iniziato a credere che la coesistenza pacifica con l’Europa orientale comunista fosse una soluzione migliore che quella di mettere in risalto le differenza tra oriente e occidente. Negli ultimi decenni è cambiato ben poco. L’Europa è diventata più ricca e più convinta nella propria idea che la pace mondiale può essere raggiunta anche con il solo ricorso ai colloqui e ai negoziati. Persino paesi europei che fanno parte della coalizione americana in Iraq vi partecipano soltanto in modo simbolico per non offendere il loro principale alleato. In Olanda, quando discutono del coinvolgimento militare del paese in Iraq e Afghanistan, le autorità parlano di “missioni di pace”, evitando termini come “guerra” e “violenza”. Se la minaccia fosse limitata al medio oriente, la riluttanza europea all’azione potrebbe essere quasi comprensibile. Ma è chiaro che la teocrazia iraniana ha mire che vanno ben oltre la regione mediorientale. La retorica del regime iraniano è evidente ormai da anni. Come nella Germania degli anni trenta, l’antisemitismo gioca un ruolo chiave nella politica iraniana. Se l’Iran realizzerà il proprio obiettivo nucleare, le armi atomiche saranno sotto il controllo di persone convinte che la loro missione sia quella di avvicinare la Fine dei Giorni: un’idea non dissimile dalle visioni di Hitler. La bomba atomica iraniana minaccia l’esistenza stessa della civiltà occidentale. Ma che cosa significa, in Europa e per l’Europa, l’espressione civiltà occidentale? Nel welfare state europeo, il sistema garantisce che ogni individuo può contare su un notevole grado di assistenza sociale. Il welfare state è la suprema realizzazione della civiltà europea. Ma si è affermato portando con sé anche una precisa filosofia: il welfare state ha dato nascita al relativismo culturale postmoderno che minaccia le società tolleranti, liberali, pacifiste e laiche dell’odierna Europa. Ma sulla terra le forze contrastanti continuano a cozzare le une contro le altre. Il welfare state, fondato sulla fornitura di servizi sociali e sulla partecipazione di civili responsabili, non è in grado di rispondere alla sfida della globalizzazione o dell’immigrazione di massa. Il sistema funziona fintanto che rimane chiuso. Ma a causa dei cambiamenti demografici ed economici, il welfare state è diventato troppo costoso. In tutta Europa le fondamenta su cui poggia stanno vacillando. La crisi è piuttosto seria. L’establishment politico europeo è troppo preoccupato dai suoi problemi interni anche soltanto per considerare i problemi che vanno al di là delle sue coste. Secondo la sua filosofia, in qualsiasi conflitto tra blocchi di potere, ideologie o civiltà può essere utilizzato soltanto il “soft power”. L’Ue non comprende perché dovrebbe sacrificare i propri figli in un conflitto. Quali sacri valori devono essere per forza difesi, anche a un simile prezzo? L’Ue non è preparata per entrare in guerra con l’Iran, una guerra che potrebbe avere effetti devastanti sul piano delle perdite umane e delle difficoltà economiche. Così, per molti anni la troika ha continuato a parlare, aggrappata all’illusione che Teheran stesse rispettando le regole del gioco e cieca di fronte alla realtà del fatto che i mullah otterranno in un futuro molto prossimo una grande influenza economica e militare sull’Europa. L’Europa avrebbe potuto neutralizzare la minaccia iraniana se, due anni fa, fosse riuscita a convincere i mullah del fatto che era pronta la possibilità di un intervento militare. Soltanto che non possiede più valori fondamentali che ritiene sacrosanti e che è pronta a difendere a ogni costo. Continuerà a operare sul terreno diplomatico e a ricorrere al soft power, benché questo sia la strada di una sconfitta sicura nel caso di uno scontro con potenze infiammate da ambizioni geopolitiche e religiose. Per colpa delle illusioni europee sul soft power, al mondo libero, per quanto riguarda l’Iran, sono rimaste soltanto due scelte: il disastro o la catastrofe. L’America e Israele sanguineranno per la mancanza di convinzione dell’Europa.
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