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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.03.2006 E' vero, dobbiamo sostenere il dissenso in Iran
ma intanto, che fare riguardo alle minacce a Israele e al mondo dal regime degli ayatollah?

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 marzo 2006
Pagina: 8
Autore: Shirin Ebadi - Muhamamd Sahimi
Titolo: «Per disinnescare il pericolo serve al democrazia»

Shirin Ebadi,  "avvocato, attivista per i diritti umani, Premio Nobel per la Pace 2003", e Muhammad Sahimi , docente di Ingegneria Chimica all'University of South California firmano sul CORRIERE della SERA di martedì 7 marzo 2006 un articolo nel quale, al condivisibile appello a sostenere l'opposizione democratica iraniana, si affiancano valutazioni ottomistiche ( e non condivise da tutti gli esperti) sul tempo necessario all'Iran per arrivare a costruire un arma nucleare, sottostimando la concreta minaccia che il regime di Teheran rappresenta per Israele e per gli altri  suoi vicini.
Ecco il testo:  


ale contro gramma nucleare dell'Iran e le deplorabili affermazioni del presidente Mahmoud Ahmadinejad su Israele, si è perso un elemento centrale: il rispetto dei diritti umani e un sistema politico democratico sono il deterrente più efficace contro la minaccia che qualsiasi aspirante potenza nucleare, Iran compresa, possa porre al mondo.
Negli anni Settanta, gli Usa e i loro alleati hanno incoraggiato lo Scià ad avviare il programma nucleare iraniano e hanno contribuito così a creare quel Frankestein oggi diventato così controverso. I piani atomici hanno subito un'accelerazione attorno al '97, quando il riformatore Mohammad Khatami è stato eletto presidente. I riformisti appoggiavano il programma nucleare, ma lo volevano trasparente e conforme agli impegni internazionali. Erano segnali rassicuranti. Ma anziché sostenere il neonato movimento democratico iraniano, gli Stati Uniti gli hanno tagliato le gambe demonizzando il Paese. Nonostante l'aiuto prestato agli Usa da Khatami in Afghanistan, il Presidente Bush inseriva l'Iran fra i Paesi dell'«asse del male». Nel 2003, quand'era ormai chiaro lo stallo delle riforme di Khatami, il mondo ha cominciato a interessarsi più da vicino al programma nucleare iraniano. Allora, che cos'aveva ottenuto la demonizzazione dell'Iran?
Gli Stati Uniti non risolveranno il problema nucleare minacciando attacchi militari o trascinando l'Iran davanti al Consiglio di Sicurezza Onu. La maggioranza degli iraniani disprezza i duri del regime e ne vorrebbe la caduta, ma nello stesso tempo è favorevole al programma nucleare perché è diventato fonte d'orgoglio. Un attacco militare non farebbe che infiammare i sentimenti dei nazionalisti. L'Iran non è l'Iraq. Qualsiasi mossa militare provocherebbe una reazione che risucchierebbe l'intera regione, finendo per provocare un numero incalcolabile di vittime e la distruzione dell'economia mondiale. Altrettanto controproducente sarebbe imporre all' Iran le sanzioni dell'Onu: spingerebbe Tehran ad abbandonare il Trattato di non proliferazione nucleare e il suo «protocollo aggiuntivo».
Allora, che cosa può fare l'Occidente? I Paesi occidentali dovrebbero aiutare l'Onu a nominare un responsabile al monitoraggio dei diritti umani per l'Iran. Servirebbe a ricordare annualmente all'Assemblea Generale lo stato dei diritti umani in Iran, e a condannarlo con forza se la condizione continua a peggiorare. I religiosi iraniani, contrariamente a quanto generalmente si pensi, sono sensibili alle critiche esterne. La Banca Mondiale dovrebbe smettere di concedere crediti all'Iran e lavorare, invece, con le organizzazioni non governative e il settore privato per rafforzare la società civile. L'Occidente dovrebbe sostenere chi si batte per i diritti umani e la democrazia, anche dal carcere. I Paesi occidentali dovrebbero ridurre le relazioni diplomatiche se l'Iran continua a violare i diritti fondamentali.
Secondo le stime, all'Iran mancano fra i 6 e i 10 anni prima di arrivare all'atomica. Ci sono tutti i margini di tempo per una riforma politica. Nel frattempo, l'Occidente dovrebbe consentire all'Iran un limitato programma di arricchimento dell'uranio (come da Trattato di non proliferazione) sotto stretta sorveglianza dell'Aiea. Ma solo quando Teheran avvierà riforme significative, fra cui la scarcerazione dei prigionieri politici e libere elezioni. Infine, gli Stati Uniti e l'Iran dovrebbero intraprendere negoziati diretti.
Sarà la democrazia alla fine a fare da argine fondamentale al disastro nucleare: un Iran autenticamente democratico, appoggiato da una maggioranza di iraniani, si sentirà sufficientemente sicuro da non impegnarsi in pericolose avventure militari.

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