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La Stampa Rassegna Stampa
06.03.2006 La colpa dell'antisemitismo é di Israele ?
sì secondo Leila Shahid, rappresentante dell'Anp presso l'Unione Europea. E Domenico Quirico, che la intervista, non ha nulla da obiettare

Testata: La Stampa
Data: 06 marzo 2006
Pagina: 9
Autore: Domenico Quirico
Titolo: ««Abbiamo visto il muro invisibile che sigilla le banlieue di Francia»»

La STAMPA di lunedì 6 marzo 2006 pubblica un'intervista di Domenico Quirico a Leila Shahid, "per 13 anni rappresentante di Arafat a Parigi e oggi ambasciatrice presso l'Unione europea", sulle banlieu francesi.
Alla propaganda dell'ambasciatrice in Francia del tiranno e terrorista palestinese, Quirico non oppone nessuna obiezione.
Un esempio di come non condurre un'intervista. Ecco il testo:

«Nelle banlieue francesi ho trovato lo stesso muro che in Palestina impedisce a ebrei e palestinesi di comprendersi e costruire la pace»:

Una frase che da immediatamente l'idea della preoccupazione principale di Leila Shaihid: il "muro" tra palestienesi e israeliani cui allude é evidentemente la barriera di sicurezza costruita di Israele. Analogamente, a "dividere" i francesi di origine magrebina dal resto della società e dagli ebrei sarebbero  il razzismo di quest'ultima e, soprattutto, la politica di Israele.  

Leila Shahid, per 13 anni rappresentante di Arafat a Parigi e oggi ambasciatrice presso l'Unione europea, insieme a Michel Warschawski, militante israeliano per la pace,

sarebbe più corretto scrivere "militante israeliano antisionista", ceh denuncia la soscietà israeliana come "razzista" e "fascista", in accordo con la più estrema propaganda dei nemici di Israele arabi e occidentali

e Dominique Vidal giornalista di Monde diplomatique

rivista di estrema sinistra, antisionista e antisraeliana

, ha per due anni e mezzo fatto il giro dei quartieri sensibili di 25 città francesi; dove ha incontrato 18 mila persone, soprattutto giovani, parlando di pace, razzismo, antisemitismo. Questo viaggio è diventato un libro appassionato e choccante: «Les banlieues, le Proche Orient e nous».
Come è nata l'idea?
«Nel 2003 al momento della grande offensiva dell'esercito israeliano contro Arafat c'è stata una reazione molto forte in Europa e soprattutto in Francia.

Andrebbero ricordate le circostanze di tale "offensiva": Israele subiva da 3 anni una offensiva terroristica senza precedenti, che faceva seguito al rifiuto dell'offerta negoziale del governo di Ehud Barak a Camp David, la migliore che fosse mai stata fatta ai palestinesi dal 1948. Arafat e l'anp proteggevano e finanziavano i terroristi anziché combatterli.

 In certe banlieue ci furono scontri tra la comunità araba e quella ebraica.

non ci furono scontroi tra comunità, ma aggressioni antisemite ai danni della comunità ebraica, con roghi di sinagoghe e violenze a singoli ebrei

 Abbiamo pensato che non si doveva fare dell'amalgama, che si correva il rischio che ogni cittadino ebreo francese venisse considerato rappresentante di Israele. I giovani francesi di origine magrebina si sentivano feriti dalla brutalità della repressione israeliana e era necessario spiegare che ogni ebreo che vive qui non è responsabile della politica di Sharon.

Sarebbe stato necessario innanzitutto spiegare la falsità della propaganda di odio che dipingeva Israele come brutale aggressore, indicando le molte falsità e distorsioni e le ancor più cruciali omissioni circa il contesto ( Israele si difendeva)

 Siamo stati invitati a Strasburgo in un quartiere sensibile, uno di quelli dove poi ci sono stati i moti. Questi giovani che sono per lo più del Maghreb incontravano per la prima volta insieme un palestinese, un ebreo e un giornalista francese specialista di razzismo».
Uno choc?
«Uno choc positivo perchè abbiamo spiegato ciò che facciamo per la pace, insieme. Volevamo ripetere quell'esperienza nei quartieri dove i giovani hanno la sensazione che non si parli con loro. E a poco a poco c'è stato l'effetto valanga».
Lei parla di una frontiera che divide banlieue e città.
«Sono i giovani della banlieue Arianne a Nizza, una cité dura perchè la disoccupazione tocca il cinquanta per cento, che ci hanno chiesto se, arrivando, avevamo visto ''il muro'' che li divide dalla città. Abbiamo risposto di no e loro ci hanno detto: è trasparente, ma c'è e noi siamo i soli che lo vediamo. Ci hanno raccontato una storia che ci ha molto colpito: non c'è alcun trasporto pubblico per collegare Arianne con il centro, anni prima un progetto di tram era stato cancellato dal sindaco perchè non voleva vedere i ''teppisti'' in città. La rivolta di ottobre, le auto bruciate sono la conseguenza purtroppo di questo senso di esclusione fisica, di ghetto, vissuta come una stigmatizzazione, una punizione. Una parte del risentimento contro le comunità ebraiche da parte dei giovani magrebini delle banlieue, poi, nasce dal fatto che questi ebrei che vengono anche loro da Algeria Marocco e Tunisia hanno avuto successo sul piano economico, non sono disoccupati, vivono di piccolo commercio: c'è anche un risentimento di classe. I giovani ci chiedevano: ma perchè vi prendete la pena di venire da noi?

Una circostanza  da verificare. Anche i rapitori di Ilan Halimi pensavano che "tutti gli ebrei sono ricchi",ma si sbagliavano, la loro vittima era povera come loro. Ma se effettivamente si potesse constatare un maggiore successo  degli ebrei di origine araba, certamente non immuni dall'ostilità razzista e dalle difficoltà di integrazione che sempre incontrano gli immigrati,    ci si dovrebbe chiedere se davvero il "muro" tra le comunità magrebine  e la società francese sia determinato soltanto da fattori economico-sociali e dal razzismo della maggioranza e non vi siano, al contrario, fattori culturali interni alla comunità arabo-musulmana, che impediscono l'integrazione nel tessuto economico e sociale del paese. Se cioé non vi sia alla base della mancata integrazione degli immigrati musulmani anche un rifiuto ideologico e culturale dei valori della Repubblica, ispirato al comunitarismo esclusivista, al vittimismo terzomondista, all'antiliberalismo, all'antisemitismo e anche all'influenza del fondamentalismo islamismo. 

I politici del nostro paese, i politici francesi di tutte le parti non vengono mai».
Il feroce assassinio di un giovane ebreo ha riaperto il dibattito su razzismo e antisemitismo.
«Dopo i terribili attentati di Bin Landen c'è stata una intossicazione del discorso religioso nel discorso politico, a tutti i livelli; si è fatto di Bin Laden il rappresentante di tutti i musulmani, c'è stata della islamofobia grazie ai discorsi di Bush. Dopo la dura repressione israeliana nel 2002, 2003, 2004 si è sviluppata anche una reazione di antiebraismo che rendeva ogni ebreo del mondo responsabile di quello che Sharon faceva nei territori occupati.

Strano modo di ribaltare il significato dei fatti. L'11 settembre non dimostra l'esistenza di un'aggressione islamista contro l'Occidente, ma é la semplice premessa dello scatenarsi dell'islamofobia occidentale. Il terrorismo antisraeliano, un terrorismo stragista che identifica ogni ebreo come nemico, in base a una demonizzazione fondata sui più classici stereotipi antisemiti,  neppure é citato; mentre la "reazione di antiebraismo" e l'omicidio di Ilan Halimi  diventano, in definitiva, una conseguenza della sua "repressione" da parte israeliana 

 Questo razzismo è il rovescio del voler parlare di una guerra di religione che non è. Non lo è in Palestina visto che in tremila anni di vita comune tra arabi e ebrei

quali tremila anni? la presenza araba in "Palestin" risale all'espansione dell'islam dopo il Seicento dopo Cristo

 ci sono solo 50 anni di guerra e il genocidio ha avuto luogo in Europa. Semmai è una guerra coloniale».
Ma in Francia il problema dell'antisemitismo è forte....
«In Francia vivono la più grande comunità ebraica e la più grande comunità araba d'Europa. Il razzismo c'è perchè la religione è diventato il fattore fondatore della identità e questo è grave. Ma la religione è un rifugio solo quando la cittadinanza fallisce, quando i cittadini hanno la sensazione di non avere gli stessi diritti degli altri. La ondata dell'immigrazione clandestina in Europa ha creato panico, il razzismo è sempre la conseguenza della paura dell'altro, nero musulmano, ebreo. Ma in tutti i giovani incontrati nelle banlieue c'è una immensa fiducia nell'essere francesi, nella cittadinanza che non vogliono sostituire nè con un ritorno nei loro paesi di origine nè con l'islamismo nè con una rivoluzione di sinistra nè con una intifada».

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