Si parla poco di antisemitismo sovietico. Da REPUBBLCA di oggi 5 marzo 2006 riprendiamo l'articolo di Giampaolo Visetti, a pag.34, dal titolo "E Stalian tacque per nascondere i propri crimini". E' un'intervista con Alla Gerber,storica e scrittrice di Kiev, la cui famiglia è stata sterminata. Oggi presiede la Fondazione Holocaust di Mosca.
Ecco l'articolo:
Mosca
«Fino all´avvento di Gorbaciov, l´Olocausto fu ignorato in Unione Sovietica. Gli ebrei ammazzati dai nazisti durante l´occupazione tedesca venivano citati come russi caduti durante la Guerra di liberazione. Solo ora comincia a prendere corpo un vero e proprio archivio della Shoah». Alla Gerber è una signora minuta e gentile. Figlia di una famiglia ebrea sterminata a Kiev, storica e scrittrice, dissidente perseguitata ai tempi dell´Urss, deputata democratica ai tempi della perestrojka, leader della difesa dei diritti umani in Russia, ha dedicato la vita a far emergere la verità sul massacro degli ebrei russi in Germania e nei Paesi dell´Est. Oggi presiede la Fondazione Holocaust di Mosca, l´unica istituzione dell´ex Urss che raccoglie testimonianze e reperti della Shoah. «Per mezzo secolo», dice, «è stato quasi impossibile trovare documenti delle persecuzioni sul territorio sovietico. Stalin prima tradì gli ebrei per dimostrare amicizia a Hitler, poi per nascondere i propri pogrom. I comunisti, successivamente, hanno cancellato l´Olocausto per coprire le proprie stragi e per non ammettere la diffusa complicità popolare nella Shoah. Il Male in Russia fu la normalità, ma poi tutti se ne sono vergognati».
Esiste in Russia documentazione fotografica sui lager nazisti, o sulle fucilazioni di massa degli ebrei?
«Nemmeno una foto. Il comunismo, a differenza del nazismo, non è crollato alla fine della Seconda guerra mondiale. Sul territorio sovietico non furono mai costruiti lager. I nazisti non avevano bisogno di nascondere nulla. Le fucilazioni avvenivano sotto gli occhi di tutti. L´Urss ha poi distrutto tutti i documenti compromettenti».
Perché invece si sono salvate le immagini dei gulag?
«I gulag non erano finalizzati allo sterminio di un popolo. Erano campi di prigionia, le persone erano ridotte in schiavitù. Ma erano essenzialmente luoghi di lavoro. Non è morta il novanta per cento della loro popolazione, come nei lager».
Hitler e Stalin hanno ridotto l´abominio a normalità, a ordinaria occupazione quotidiana degli aguzzini: come ha potuto verificarsi una tale concomitanza?
«È stato un fenomeno strano, unico nella storia. Non c´è una spiegazione razionale. La violenza razziale era vissuta come un diritto. Hitler negli anni Trenta studiò i metodi repressivi di Stalin. Li ammirava e li adottò, rendendoli poi più sofisticati. Stalin, alla fine degli anni Trenta, inviò funzionari in Germania a studiare l´organizzazione dei lager. Sapevano entrambi di essere gli architetti di un´industria della morte, ma il clima era simile a quello che si crea oggi quando una delegazione straniera visita una fabbrica o una centrale elettrica».
Cosa cambiò per gli ebrei dopo l´invasione tedesca dell´Urss?
«Iniziò anche qui lo sterminio sistematico degli ebrei. Stalin di fatto li consegnò ai nazisti. Per non incrinare l´amicizia con Hitler, prima del tradimento, la propaganda sovietica dipingeva la Germania come la nazione più illuminata e tollerante del mondo. Nessuno immaginava l´Olocausto. I nazisti furono accolti dagli ebrei, discriminati in Urss, come dei liberatori. Nessuno, avvisato in extremis, fuggì».
Perché le autorità sovietiche non sfruttarono la Shoah per convincere milioni di ebrei russi a combattere contro i nazisti?
«Storicamente la Russia è un paese antisemita. Stalin conosceva gli umori profondi del popolo. Lasciò che i tedeschi facessero il lavoro sporco, contando sulla complicità sociale. Tra il 1941 e il 1945, sul territorio sovietico, sono stati uccisi oltre tre milioni di ebrei. Tutti fucilati: non è stato necessario costruire nemmeno un carcere».
Come reagiva la gente davanti alle esecuzioni di massa?
«Le racconto quanto avvenne a Kiev, alla mia famiglia. Dopo l´invasione, i tedeschi pubblicarono subito un giornale antisemita in lingua russa. Poi iniziarono lo sterminio in un quartiere. Portavano gli ebrei sulle rive del Dniepr e li fucilavano. A migliaia. All´inizio non accadde nulla. Dal terzo giorno in poi si riuniva la folla per assistere alle esecuzioni. Facevano la coda per assistere allo spettacolo, contavano i cadaveri, ammirati come fossero bottino di caccia. Nell´Olocausto troviamo sempre tre categorie: vittime, carnefici e spettatori».
Quale è stato l´atteggiamento dei russi dopo la sconfitta della Germania nazista?
«Sotto l´Urss non si è mai parlato dell´Olocausto degli ebrei. Vassilij Grossman e Ilija Ehrenburg compilarono il libro nero sullo sterminio, ma non riuscirono a pubblicarlo. Nel 1948 Stalin iniziò a combattere la battaglia persa di Hitler, perseguitando i cosidetti "cosmopoliti", ossia gli ebrei. Poi li accusò di collaborazionismo con i tedeschi. Alla strage seguì una strage, nell´indifferenza collettiva».
Perché Stalin, nonostante i russi avessero liberato Auschwitz, perseguitò gli ebrei anche dopo il 1945?
«L´Urss era al disastro economico. Montava il malcontento popolare. Iniziava la Guerra Fredda. L´attenzione della gente andava sviata. La liberazione di Auschwitz fu taciuta. Si puntò sulla presenza dannosa dei ricchi ebrei, dati in pasto alla rabbia dei poveri russi. Per anni il Kgb assicurò che ogni presunta spia Usa era ebrea».
E dopo la morte di Stalin?
«Cambiò poco. La nomenklatura comunista rimase intimamente antisemita. L´Olocausto è stato sempre ignorato, o minimizzato. Non era un argomento ufficialmente proibito, ma si consigliava di evitarlo. L´aria è cambiata con Gorbaciov, ma pure con Eltsin».
Com´è il clima oggi?
«Il popolo russo resta povero e deluso, ha ancora bisogno di un colpevole, di un capro espiatorio. La Russia continua a ignorare la Shoah. Non vuole ammettere che milioni di sovietici, in particolare nei Paesi baltici e in Ucraina, eseguirono le stragi di ebrei ordinate dai nazisti. Per questo il terreno per l´antisemitismo resta fertile».
Ritiene che le autorità siano responsabili?
«Putin non è antisemita, non c´è un nuovo Hitler russo. Si tollera però la presenza di decine di gruppi e piccoli partiti che alimentano e sfruttano l´odio contro gli ebrei. Negli strati marginali della popolazione gli episodi di violenza antisemita si moltiplicano, senza essere contrastati né condannati con la necessaria fermezza. La voglia di riabilitazione di Stalin porta con sé il recupero di Hitler. Per anziani e giovanissimi sono due leader che hanno portato ordine. Così in Russia gli ebrei ormai sono meno di un milione. E chi può se ne va».
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