Un articolo corretto quello di Francesca Sforza da Mosca sulla STAMPA di oggi 4.3.2006. Descrive il sostanziale fallimento del tentativo di Putin di aprire un dialogo con Hamas. Peccato il titolo, del tutto fuorviante, "Hamas,un anno di tregua", come se quello e non ben altro fosse il risultato dell'incontro. Come si legge per altro nell'articolo che qui riproduciamo:
«Costruttivo e aperto». Così il leader politico di Hamas Khaled Meshaal ha definito ieri i colloqui con il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov. Ma se lo fosse stato davvero, fanno sapere fonti del Cremlino, Meshaal avrebbe incontrato anche Vladimir Putin. Il protocollo prevedeva infatti che se i colloqui avessero preso una piega positiva - permettendo alla Russia di fare un’uscita pubblica con il titolo di mediatore ufficiale nella crisi mediorientale - Putin avrebbe concesso uno scatto fotografico con tanto di stretta di mano. Non è andata così. Le prime dichiarazioni rilasciate da Mohammed Nazzal appena la delegazione palestinese è atterrata in Russia non lasciavano spazio alle interpretazioni: «Non riconosciamo Israele, la questione è chiusa».
Il compito di formulare una risposta ad affermazioni così pesanti è stato lasciato al ministro Lavrov, che si è dichiarato pronto a fare «tutto il possibile» per portare a compimento il processo di pace in Medio Oriente. A differenza dei Paesi occidentali, la Russia non ha mai considerato Hamas un’organizzazione terroristica. «Mosca rispetta la scelta democratica del popolo palestinese di portare al governo Hamas», ha detto ancora Lavrov invitando però i suoi ospiti a rendersi conto del loro nuovo ruolo di partito politico: «Se Hamas non cambia non avrà futuro».
Nel corso dei colloqui, Khaled Meshaal ha tentato di riportare il dialogo su un piano di maggiore disponibilità, sottolineando come Hamas sia «interessata a che la Russia giochi un ruolo speciale in Medio Oriente» e auspicando che «Mosca adotti una posizione di protezione dei diritti del popolo palestinese». In cambio, Hamas si dice pronta a «rinsaldare ancora di piú i rapporti di amicizia con la Russia, sia quelli russo-palestinesi che quelli arabo-russi». Come dimostrazione della propria amicizia verso Mosca, gli uomini di Hamas hanno abbandonato la loro solidarietà con la jihad cecena: «La Cecenia è un affare interno russo», ha replicato Meshaal alle domande dei giornalisti sull’argomento.
Una volta svanito il sogno diplomatico russo di ottenere da Hamas il riconoscimento di Israele - che aveva considerato l’invito di Putin ai palestinesi «una coltellata alla schiena» - i colloqui si sono ripiegati su vecchi e nuovi dettagli. Di fronte alle richieste del Quartetto (Usa, Russia, Onu e Ue) di rispettare la Road Map, Meshaal ha detto che «il problema non è la posizione di Hamas, ma quella di Israele, che ha di fatto respinto la Road Map, facendo proprio il piano Sharon». La coesistenza tra Palestina e Israele - ha aggiunto Meshaal - è possibile solo se si pone fine all’occupazione e si risolve il problema dei profughi: «Se Israele dichiarerà ufficialmente di essere pronto a tornare ai confini del 1967, a permettere il rientro dei profughi palestinesi, la distruzione del muro, e la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi, allora il nostro movimento farà passi nella direzione della pace».
In chiusura dei colloqui il ministro Lavrov è riuscito a ottenere dalla delegazione guidata da Meshaal la disponibilità a rispettare la Road Map «a condizione che ci sia un’azione di tutte le parti in causa». Ma in che cosa consista di preciso questa azione non è emerso con chiarezza. Così come non c’è chiarezza sulla tregua di un anno con Israele, a condizione che anche lo Stato Ebraico si astenga dall’uso della forza. Si tratta della proroga del cessate il fuoco informale concordato nel marzo 2005. Ma i palestinesi ieri non hanno confermato questo impegno.
A Washington, i colloqui di Mosca sono stati seguiti con qualche scetticismo: «Avremmo preferito che nessun membro del Quartetto avesse incontrato Hamas prima che quest’ultimo non avesse dato la sua disponibilità ad assolvere le condizioni fissate dal Quartetto stesso», fa sapere un portavoce dell’amministrazione Bush aggiungendo: «Ci auguriamo, a questo punto, che le aspettative dei russi producano qualche effetto reale». Secondo Alexei Malashenko, analista della Fondazione Carnegie di Mosca, «La Russia ha intrapreso un gioco rischioso, perché un eventuale ripresa degli attentati in Israele ne metterebbe in discussione l’appartenenza al circolo dei Paesi moderati».
Invitiamo i nostri lettori a scivere alla Stampa per criticare il titolo non corrispopndente al contenuto dell'articolo, quindi fuorviante. per farlo, cliccare sulla e-mail sottostante.