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Storia | |
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L’importanza di questo testo Prefazione di David Horowitz La guerra in Medio Oriente dura ormai da quasi sessanta anni. La maggior parte delle persone che vivono oggi ha poca familiarità con la sua storia e le sue origini e manca un’adeguata conoscenza dei fatti. Questo stato di ignoranza offre un terreno fertile a persone prive di scrupoli che creano falsi miti per giustificare le loro azioni distruttive. La macchina di propaganda politica ha creato molti di tali miti per alimentare la guerra contro lo stato ebraico. Israele è l’unica democrazia nel Medio Oriente che elegge i suoi leader in libere elezioni, garantisce diritti ai suoi cittadini e onora quei diritti. Eppure Israele è l’obiettivo di quelli che sostengono di lottare per “i diritti umani”. Ci sono più di un milione e mezzo di arabi che vivono come cittadini in Israele e che eleggono rappresentanti al parlamento di Israele, e che godono di più diritti degli altri cittadini arabi di qualunque altro stato arabo. Eppure Israele è l’obiettivo di quelli che sostengono di lottare per la “giustizia sociale”. La stessa creazione di Israele è definita dai suoi nemici arabi come la “Nakba”, ovvero la “catastrofe”, cosa che implica in maniera chiara che Israele non dovrebbe esistere. Eppure Israele è l’obiettivo di quelli che affermano di sostenere l’autodeterminazione dei popoli e di opporsi al genocidio. Israele fu vittima – alla sua stessa fondazione – di un’aggressione non provocata da parte di cinque tra monarchie e dittature arabe. Israele è stato l’obiettivo di una guerra araba che continua ininterrottamente da quasi sessanta anni perché gli stati arabi hanno rifiutato di fare la pace. Eppure Israele è l’obiettivo di quelli che dicono di volere “la pace.” Israele è vittima di attacchi terroristici – i bomber suicidi – che insieme agli ebrei di cui si prefiggono l’estinzione, uccide anche donne e bambini palestinesi. Eppure Israele è l’obiettivo di quelli che sostengono di parlare per umanità e per un futuro di “libertà”. Come è possibile questo? Come può il male vestire i panni della giustizia? Come può una guerra genocida, mirata a distruggere un popolo democratico, essere giustificata come una lotta per “la liberazione nazionale”? Tutto ciò è possibile tramite la creazione di miti politici che razionalizzano l’aggressione e giustificano la guerra contro popolazioni civili. Nel romanzo futuristico di Giorgio Orwell, «1984», il Ministero della Verità per lo stato totalitario proclama: «La Conoscenza è Ignoranza; la Libertà è Schiavitù». La natura del doppio linguaggio politico non cambia mai e la sua missione è sempre la stessa: obliare la memoria storica al servizio del potere. «La lotta dell’uomo contro il potere» scrive l’autore ceco Milan Kundera «è la battaglia della memoria contro l’oblio». Solo una memoria ristabilita può demolire i miti del totalitarismo e rendere liberi gli uomini. David Meir-Levi ha scritto un testo che ristabilisce la memoria dei fatti che giacciono al cuore del conflitto in Medio Oriente. Fatti che sono cruciali non solo per il recupero della conoscenza storica e politica oscurata, ma anche per la sopravvivenza di un popolo che vive all’ombra della sua distruzione. Chiunque sia interessato alla giustizia vorrà leggere questo piccolo libro. Grandi bugie, di David Meir Levi 1. La questione dei rifugiati Origini del problema Lo stato di Israele fu creato dalle Nazioni Unite in seguito ad un pacifico e legittimo provvedimento. Non fu creato su “terra palestinese”, bensì su territori appartenenti all’Impero Ottomano, dominato per quattrocento anni dai turchi, che li persero quando furono battuti nel corso della Prima guerra mondiale. A quei tempi non vi era alcuna terra “palestinese” perché non esisteva alcun popolo che affermasse di essere tale. Vi erano arabi che vivevano nella regione della Palestina che si consideravano siriani. Fu solo dopo la Prima guerra mondiale che gli attuali stati di Giordania, Siria, Libano ed Iraq furono creati – e per di più artificialmente – mediante lo smembramento dell’Impero turco ad opera dei vincitori britannici e francesi. La Giordania fu stabilita su circa l’ottanta per cento della Palestina Mandataria, la quale fu inizialmente designata dalla Lega delle Nazioni come parte della madrepatria ebraica. Da allora, essa negò agli ebrei i diritti di proprietà. Sebbene due terzi dei suoi cittadini siano arabi palestinesi, la Giordania è guidata da una monarchia Hashemita. Nel 1947 il piano di partizione delle Nazioni Unite stabiliva la creazione di due stati sul rimanente venti per cento della Palestina Mandataria: lo stato di Israele per gli ebrei, ed un altro stato per gli arabi. Gli arabi rifiutarono il loro stato e dichiararono guerra ad Israele. Questa è la causa prima del problema dei rifugiati arabi, all’incirca 725.000 persone, che partirono a causa della guerra cominciata dagli stati arabi, e non dagli arabi palestinesi. Gli stati arabi – interamente dominati da dittature – non volevano uno stato non arabo in Medio Oriente. I comandanti di otto paesi arabi le cui popolazioni superavano enormemente gli ebrei residenti nell’impero turco, iniziarono la guerra con l’invasione simultanea su tre fronti del nascente stato di Israele, il quale aveva invece chiesto la pace e offerto amicizia e cooperazione ai suoi vicini. I dittatori arabi rifiutarono la sua offerta e risposero con una guerra di annientamento contro gli ebrei. La guerra fallì. Ma lo stato di guerra è continuato ininterrottamente a causa dell’incapacità degli stati arabi – Arabia Saudita e Iraq in particolare – di firmare trattati di pace con Israele. A tutt’oggi gli stati arabi e i palestinesi si riferiscono al fallimento della loro aggressione e alla sopravvivenza di Israele come alla Nakba, la “catastrofe”. Se non vi fosse stata l’aggressione araba, né guerra né invasione da parte degli eserciti arabi il cui intento era apertamente genocida, non sono non vi sarebbero stati rifugiati arabi, ma ci sarebbe stato uno stato di Palestina nella West Bank e a Gaza sin dal 1948. Con la guerra, Israele acquisì ulteriori territori, In assenza di un trattato di pace tra i belligeranti, le leggi internazionali permettono l’annessione della terra di un aggressore dopo un conflitto – sebbene la terra in questione appartenesse ai turchi ai tempi della Prima guerra mondiale. Israele invece offrì la restituzione delle terre acquisite mentre difendeva la sua sopravvivenza dall’aggressione araba in cambio di una pace formale. Un’offerta ribadita in occasione dell’armistizio di Rodi e della Conferenza di Losanna del 1949. I leader arabi rifiutarono le terre pur di mantenere lo stato di guerra allo scopo di distruggere lo stato ebraico. Se le offerte di Israele fossero state accettate, ci sarebbe stata una rapida e giusta risoluzione a tutti i problemi che da allora hanno afflitto la regione. L’unico problema che non sarebbe stato risolto con la soddisfazione degli arabi era il loro desiderio di annientare lo stato di Israele. Dopo la sua vittoria, Israele approvò una legge che permetteva ai rifugiati arabi di ristabilirsi in Israele a condizione di firmare una dichiarazione di rinuncia alla violenza, giurare fedeltà allo stato di Israele e diventare pacifici e produttivi cittadini. Nel corso dei decenni grazie a questa legge oltre 150.000 rifugiati arabi ne hanno approfittato per costruirsi una vita proficua in Israele. Gli ebrei non hanno una possibilità simile di diventare cittadini degli stati arabi da cui sono stati cacciati. Dovrebbe apparire ovvio a qualsiasi osservatore ragionevole ed equanime che dal punto di vista storico non fu certo Israele l’origine del problema dei rifugiati arabi, così come non fu Israele ad ostacolare la soluzione a tale problema. Al contrario, la questione dei rifugiati arabi fu la conseguenza diretta dell’aggressione degli stati arabi e del loro rifiuto, dopo il fallimento nell’annientamento di Israele, di firmare una pace formale, o almeno di prendersi carico dei rifugiati arabi rimasti ai confini di Israele. I rifugiati ebrei Vi furono altri rifugiati causati dal conflitto arabo–israeliano che ciascuna parte araba sceglie convenientemente di dimenticare. Tra il 1949 e il 1954, circa 800.000 ebrei furono costretti a lasciare i paesi arabi e islamici in cui avevano vissuto per centinaia e persino migliaia di anni, tra cui Iraq, Marocco, Tunisia, Giordania, Iran, Siria, Egitto, Libano ed altri. Questi ebrei erano pacifici cittadini di quei paesi arabi e nessuno di essi era loro ostile. Ciò nonostante essi furono costretti con le armi a partire senza neppure i loro vestiti indosso. La sola ragione della loro espulsione fu la voglia di vendicarsi dei paesi arabi contro i propri cittadini ebrei a causa della vergognosa sconfitta araba subita in seguito alla loro guerra di aggressione. Molti di questi rifugiati ebrei giunsero in Israele, dove furono integrati nella normale quotidianità del giovane stato ebraico. Gli stati arabi (e più tardi l’OLP) rifiutarono di fare altrettanto per i rifugiati arabi, preferendo tenere queste persone in un limbo di dolore con cui alimentare la loro guerra contro Israele. Alcuni osservatore hanno suggerito che il duplice problema dei rifugiati andrebbe compreso come uno “scambio di popolazioni” – gli arabi trasferiti verso paesi arabi e gli ebrei verso lo stato ebraico, entrambi in conseguenza della guerra del 1948, una condizione che ambo le parti considerano un’evacuazione forzata. Sull’altro versante, nessuno stato arabo ha mai suggerito l’ovvio: se i rifugiati ebrei sono stati insediati sulle terre abbandonate dagli arabi, perché non insediare i rifugiati arabi sulle terre degli ebrei costretti a lasciare i paesi arabi? Il motivo per cui nessuno ha avanzato tale proposta è che nessuno stato arabo, con l’eccezione della Giordania, permetterà mai ai rifugiati arabi di diventare cittadini. Tenendo conto dei beni dei rifugiati ebrei confiscati alla loro fuga dai paesi arabi e islamici, si potrebbe dedurre che gli ebrei hanno già pagato considerevoli “riparazioni” sebbene senza alcuna garanzia. I beni e le proprietà dei rifugiati ebrei confiscati dai governi arabi e islamici furono stimati in circa 2 miliardi e mezzo di dollari nel 1948. Investendo tale cifra al ragionevole tasso di interesse del 6.5% per 57 anni si ottiene la somma odierna di 80 miliardi di dollari, che quei governi avrebbero potuto utilizzare per il bene dei rifugiati arabi. Tale somma è più che sufficiente a pagare le riparazioni ai rifugiati arabi. Non vi sono stime accurate del valore delle proprietà arabe lasciate sotto il controllo di Israele; ma nessuna di queste raggiunge la somma di 2 miliardi e mezzo di dollari al 1948. La parte araba ha già ottenuto il miglior risultato dalla ipotetica trattativa. Durante le molte guerre del XX° secolo, vi furono decine di milioni di rifugiati in Europa e in Asia. Nel 1922, 1.800.000 persone furono trasferite per risolvere la guerra tra Turchia e Grecia. Nella successiva Seconda guerra mondiale. 3 milioni di tedeschi furono costretti a lasciare i paesi dell’Europa dell’Est per la Germania. Quando il sub-continente indiana fu ripartito, più di 12 milioni di persone furono trasferite tra India e Pakistan. Tutti questi problemi di rifugiati sono stati risolti, ad eccezione di quello dei 725.000 arabi che lasciarono Israele durante la guerra del 1948 e che gli stati arabi e l’Autorità palestinese hanno preferito tenere nei campi profughi. Il problema dei rifugiati arabi Sommario dei fatti salienti La crisi dei rifugiati arabi è stata artificialmente protratta e mantenuta per 57 anni dai governi arabi allo scopo di: sfruttare le sofferenze di quella gente; creare un’«immagine cartolina» della “vittima palestinese”; fornire un quadro di riferimento per la propaganda contro Israele nonché un centro di addestramento per il terrorismo arabo; e infine, per Sakher Habash, allo scopo di avere una carta vincente da giocare quando tutto il resto (guerra, terrorismo, diplomazia internazionale) avesse fallito. La «Haq el-Auda», la “legge del ritorno” degli arabi palestinesi a case, fattorie e frutteti che sono parte di Israele da 57 anni, è una mistificazione. Sessant’anni fa vi erano oltre un milione di ebrei negli stati arabi del Medio Oriente: cittadini onesti che lavoravano sodo contribuendo alla cultura e all’economia dei loro paesi. Oggi non vi sono più praticamente ebrei in quei paesi e leggi razziste di apartheid proibiscono persino ai turisti ebrei di entrare in alcuni paesi arabi. D’altra parte, in Israele gli arabi che non fuggirono erano circa 170.000 nel 1949. Oggi il loro numero supera 1.400.000 persone. Essi hanno 12 rappresentanti al Parlamento israeliano, giudici presso la corte ordinaria e la Corte Suprema, nonché professori che insegnano liberamente presso le scuole e le università israeliane. Si tratta di una popolazione che gode di maggiori libertà, educazione ed opportunità economiche di qualsiasi altra popolazione araba vivente ovunque nel mondo arabo. I governi arabi causarono il problema dei rifugiati arabi nel 1948 con la loro guerra di aggressione contro il nascente stato di Israele, legalmente stabilito dalle Nazioni Unite; i governi arabi hanno da allora mantenuto i rifugiati arabi in campi profughi, negando loro ogni possibilità di tornare ad una vita normale nei loro paesi, allo scopo di usare le sofferenze da essi stessi create come un’arma nella guerra infinita contro Israele. Durante tutti questi decenni i campi profughi e i loro sfruttatori arabi sono stati finanziati con miliardi di dollari dalle Nazioni Unite, dagli Stati Uniti, dal Regno Unito, dall’Unione Europea e altri. 2. GLI OTTO EVENTI CHE HANNO CREATO IL PROBLEMA La partenza degli Arabi da quello che stava per divenire lo stato di Israele ebbe luogo in otto momenti diversi. 8. Durante i colloqui in occasione dell’armistizio di Rodi del febbraio 1949, Israele offrì agli arabi di tornare alle terre da esso occupate come conseguenza della guerra e che erano originariamente destinate a diventare parte dello stato palestinese se gli arabi avessero firmato il trattato di pace. Ciò avrebbe permesso il ritorno di migliaia di rifugiati alle loro case. Ma gli arabi rifiutarono l’offerta perché, come essi stessi ammettono, stavano pianificando una nuova offensiva. Avevano perduto il primo scontro ma speravano in ulteriori battaglie finché non avessero ottenuto la vittoria. La loro nuova offensiva ebbe luogo sotto forma di 9.000 attacchi terroristici, portati dai fedayeen provenienti per la maggior parte dall’Egitto, perpetrati ai danni di Israele dal 1949 al 1956. Alla conferenza di Losanna che si svolse da agosto a settembre del 1949, Israele offrì a 100.000 rifugiati arabi la possibilità di rimpatriare anche in assenza di un trattato di pace. Ma gli stati arabi rifiutarono l’offerta perché accettarla avrebbe comportato un tacito riconoscimento dello stato di Israele. In altre parole, nonostante le continue offerte di rimpatrio da parte di Israele, gli arabi insisterono nel tenere i rifugiati arabi nei campi profughi nello squallore e nella sofferenza. I portavoce arabi in Siria e in Egitto dichiararono ai giornali: «Noi terremo i rifugiati nei loro campi finché la bandiera della Palestina sventolerà sopra tutta la terra. Essi torneranno indietro solo da vincitori, sulle fosse e sui cadaveri degli ebrei». Inoltre, secondo le dichiarazioni di qualche arabo (candido abbastanza da affermarlo in pubblico) il problema dei rifugiati doveva servire come «una pustola purulenta sul didietro dell’Europa», ovvero come sistema di leva morale da usare contro Israele per guadagnarsi l’appoggio emotivo dell’Occidente a danno di Israele. Conclusioni Il problema dei rifugiati arabi fu creato dal conflitto scatenato dalle dittature arabe che umiliarono l’ONU, invasero Israele, incoraggiarono gli arabi a fuggire, e infine tennero di proposito i rifugiati arabi in uno stato di umiliante povertà a scopo di propaganda. Il ruolo di Israele nella creazione della questione dei rifugiati è relativamente minore e limitato al legittimo contesto militare. Israele ha tentato di risolvere la questione dopo la guerra, ma le sue offerte sono state rifiutate dagli stati arabi. Il problema dei rifugiati fu allora intenzionalmente perpetuato dagli stati arabi mediante il loro rifiuto di obbedire alle risoluzioni dell’ONU e alla Convenzione di Ginevra, al loro rifiuto di integrare i rifugiati nei loro sotto-popolati stati arabi (ad eccezione della Giordania), al loro rifiuto di intraprendere qualunque passo verso la soluzione del problema offerta da Israele o da chiunque altro. Perpetuando il problema dei rifugiati, i leader arabi miravano a guadagnare uno pseudo-vantaggio morale nei riguardi dell’Europa e di Israele, sfruttando una “umanità dolente” per la loro propaganda di guerra contro Israele, usando la questione come arma politica. Anche dopo il 1979, quando l’Egitto firmò il trattato di pace con Israele, gli egiziani rifiutarono di gestire la questione dei rifugiati della Striscia di Gaza e ne lasciarono tutto il controllo ad Israele. Analoghe modalità furono adottate nel trattato di pace del 1994 tra la Giordania e Israele. La Giordania aveva già integrato migliaia di palestinesi nella sua economia e non vide alcun bisogno né alcuna responsabilità per trattare riguardo all’allocazione di quelli residenti sulla West Bank. Gli abusi, le esagerazioni, le bugie e le distorsioni perpetrate dai governi arabi, dall’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite e dagli stessi portavoce dei rifugiati hanno reso impossibile, fin dal 1949, identificare una popolazione rifugiata in bona fide. Nel 1967 gli stati arabi lanciarono una nuova guerra di aggressione contro Israele e, come risultato, Israele divenne l’autorità di governo sulla Striscia di Gaza, sulla penisola del Sinai, sulle alture del Golan e sulla West Bank. Sotto la guida israeliana, dal 1967 al 1992, la popolazione palestinese della West Bank hanno sperimentato gli standard di vita più elevati rispetto a quelli di qualsiasi altra popolazione residente in qualsiasi paese arabo (ad eccezione dei paesi petroliferi). Ciò vale ancor di più per gli arabi israeliani. La popolazione araba della West Bank e della striscia di Gaza è triplicata dal giugno del 1967! Al contrario, dal trasferimento dell’autorità su tali territori nelle mani dell’OLP di Arafat nel 1993, le condizioni della popolazione palestinese si sono deteriorate precipitosamente. Gli standard vi vita nella West Bank palestinese si sono erosi, e il PIL è ora un decimo di quello registrato sotto l’amministrazione israeliana. Ciò si deve alla sottrazione di circa 5,2 miliardi di dollari da parte dell’Autorità Palestinese a favore dei conti personali di Arafat e dei suoi luogotenenti, alla negligenza sulle infrastrutture, e alla continua guerra terroristica contro cui Israele ha dovuto esercitare il controllo difensivo e deterrente. Dare giustizia ai rifugiati ebrei ed arabi avrebbe potuto essere parte di un accordo di pace se gli stati arabi l’avessero voluto. Oggi vi sono possibili soluzioni, ma solo se l’Autorità Palestinese fermerà la guerra del terrore. APPENDICE Fonti a conferma del fatto che i leader arabi chiesero agli arabi di partire e i rapporti relativi alla fuga dei rifugiati arabi: 1. «Il primo gruppo della nostra quinta colonna è formato da quelli che abbandonano le loro case… Al primo segnale di guai essi mettono le gambe in spalla e scappano per dividere il fronte della lotta» – Ash-Sha’ab, Jaffa, 30 gennaio 1948 2. «…stanno abbattendo il disonore su tutti noi… abbandonando i loro villaggi» – As-Sarih, Jaffa, 30 marzo 1948 3. «Ogni sforzo è fatto dagli ebrei per persuadere il popolo arabo a restare e continuare le loro vite normali, tenere i loro negozi e le loro attività aperte, nella certezza che le loro vite ed interessi resteranno sicuri.» – HQ della Polizia britannica del Distretto di Haifa, 26 aprile 1948, (citato in Campo di battaglia da Samuele Katz). 4. «L’evacuazione di massa, causata in parte da paura, in parte da ordini di leader arabi, rese il quartiere arabo di Haifa una città fantasma.... Portando via i lavoratori arabi i loro leader speravano di paralizzare Haifa.» – Time Magazine, 3 maggio 1948, p. 25 5. «Le strade arabe (della Palestina) sono curiosamente abbandonate (perché) … seguendo l’esempio meschino della classe danarosa, c’è stato un esodo da Gerusalemme, anche se non della stessa estensione come a Jaffa e Haifa». – London Times, 5 maggio 1948 6. «I civili arabi furono colti dal panico e fuggirono ignominiosamente. I villaggi furono spesso abbandonati prima ancora che fossero minacciati dal progredire della guerra.» – Generale John Glubb “Pasha,” The London Daily Mail, 12 agosto 1948 7. «Il fatto che ci siano questi rifugiati è la conseguenza diretta dell’azione degli stati arabi contro la partizione e contro lo stato ebraico. Gli stati arabi furono d’accordo unanimemente su questa politica e ora devono partecipare alla soluzione del problema.» – Emile Ghoury, segretario del Palestinian Arab Higher Committee in un’intervista col Beirut Telegraph del 6 settembre 1948. (La stessa intervista apparve sul London Telegraph, nell’agosto 1948) 8. «Il fattore più potente [nell’esodo dei palestinesi] fu costituito dai proclami fatti diffondere dall’Arab-Palestinian Higher Committee, che esortava tutti gli arabi di Haifa arabi a fuggire... Fu chiaramente intimato che gli arabi che fossero rimasti in Haifa ed avessero accettato la protezione degli ebrei sarebbero stati considerati rinnegati.» – Economist di Londra, 2 ottobre 1948 9. «Non deve essere dimenticato che l’Arab-Palestinian Higher Committee incoraggiò i rifugiati a lasciare le loro case in Jaffa, Haifa, e Gerusalemme”. – Near East Arabic Broadcasting Station, Cipro, 3 aprile 1949 10. «Gli arabi di Haifa fuggirono nonostante il fatto che le autorità ebraiche garantirono la loro sicurezza e diritti come cittadini di Israele.» – Monsignor Giorgio Hakim, Vescovo di Galilea, New York Herald Tribune, 30 giugno 1949 11. «Le autorità militari e civile (israeliane) espressero il loro profondo rammarico per questa grave decisione (presa dai delegati militari arabi di Haifa e dalla catena di comando dell’Arab- Palestinian Higher Committee di evacuare Haifa nonostante l’offerta israeliana di una tregua). Il sindaco ebreo di Haifa rivolse un accorato appello alla delegazione (di leader militari arabi) a riconsiderare la loro decisione.» – Memorandum del Comitato Nazionale arabo di Haifa ai governi della Lega araba, 1950, citato in J. B. Schechtman, I Rifugiati nel Mondo, NY 1963, pp. 192f. 12. Sir John Troutbeck, dell’Ufficio britannico per il Medio Oriente, in Cairo, riportò ai superiori (1948-49) che i rifugiati (in Gaza) non mostravano amarezza contro gli ebrei, ma piuttosto nutrivano un odio intenso verso egiziani: «Loro dicono: “noi sappiamo chi sono i nostri nemici (riferendosi agli egiziani)”, e dichiarano che i loro fratelli arabi li hanno persuasi a lasciare le loro case senza motivo… Ho anche sentito dire che molti dei rifugiati avrebbero dato il benvenuto agli israeliani qualora fossero entrati a prendere il distretto». 13. «Gli stati arabi che avevano incoraggiato gli arabi di Palestina a lasciare temporaneamente le loro case per essere fuori dai percorsi degli eserciti di invasione arabi, non sono riusciti a mantenere la loro promessa di aiutare questi rifugiati.» Dal quotidiano giordano Falastin, del 19 febbraio 1949. 14. «Il Segretario Generale della Lega araba, Azzam Pasha, assicurò al popolo arabo che l’occupazione della Palestina e di Tel Aviv sarebbe stata semplice come una parata militare... Il consiglio fraterno dato agli arabi della Palestina fu di lasciare le loro terre, case e proprietà per stare temporaneamente ai confini degli stati fratelli, lasciando il passo alla calata degli eserciti invasori arabi.» – Al Hoda, quotidiano libanese in New York, 8 giugno 1951. 15. «Chi portò i palestinesi nel Libano come rifugiati, ora patendo a causa dell’atteggiamento dannoso di giornali e leader locali privi di onore e di coscienza? Chi li portò diritto in una morsa atroce e senza un soldo, dopo avergli fatto perdere l’onore? Furono gli stati arabi, e il Libano fra questi.» – Kul-Shay, settimanale islamico in Beirut, 19 agosto 1951. 16. «Noi distruggeremo il paese con le nostre armi e cancelleremo ogni luogo in cui gli ebrei cercheranno ricovero. Gli arabi dovrebbero condurre le loro mogli e bambini ad aree sicure fino alla fine dei combattimenti». – Primo Ministro iracheno Nuri Said, citato in Sir An-Nakbah (I segreti dietro il disastro) di Nimr el-Hawari, Nazareth, 1952. 17. «L’esodo arabo… non fu causato dalla battaglia attuale, ma dal diffondersi di voci esagerate ad opera dei leader arabi per incitarli a lottare contro gli ebrei. …Per l’esodo e la caduta degli altri villaggi sono i nostri leader ad essere responsabili a causa della loro diffusione di voci esagerate sui crimini e sulle atrocità commesse dagli ebrei, mirate ad infiammare gli arabi... Diffondendo dicerie sulle atrocità degli ebrei, uccisioni di donne e bambini ecc., loro instillarono paura e terrore nei cuori degli arabi in Palestina, finché questi abbandonarono le loro case e proprietà al nemico.» Al Urdun, quotidiano giordano, 9 aprile 1953. 18. «I governi arabi ci dissero: Andate via, così che noi possiamo entrare. Quindi noi uscimmo, ma loro non entrarono.» Un rifugiato citato in Al Difaa (Giordania), 6 settembre 1954. 19. «L’esodo di massa fu in parte dovuto alla credenza degli arabi, incoraggiati dalla pompa di una stampa irrealistica e dalle espressioni irresponsabili di alcuni dei leader arabi, che potesse essere solamente una questione di alcune settimane prima che gli ebrei fossero sconfitti dagli eserciti degli stati arabi, e gli arabi palestinesi potessero rientrare e riprendere possesso del loro paese». – Edward Atiyah (Segretario della Lega araba, Gli arabi, Londra, 1955 p. 183) 20. «Nei primi mesi del 1948, la Lega araba pubblicò ordini che esortavano le persone a cercarsi un rifugio temporaneo in paesi vicini, per ritornare più tardi alle loro dimore... e prendere possesso della propria parte di proprietà ebraiche abbandonate.» – Bollettino del Gruppo di Ricerca Europeo Sui Problemi della Migrazione, 1957. 21. «Gli israeliani argomentano che gli stati arabi incoraggiarono i palestinesi a fuggire. E, infatti, gli arabi che ancora vivono in Israele ricordano di essere stati invitati ad evacuare Haifa dai comandanti militari arabi che vollero bombardare la città.» – Newsweek, 20 gennaio 1963. 22. «Il 15 maggio 1948 arrivò... In quel giorno i muftì di Gerusalemme fecero appello agli arabi della Palestina di lasciare il paese, perché gli eserciti arabi stavano quasi per entrare e lottare al loro posto.» Akhbar el Yom, quotidiano de Il Cairo, 12 ottobre 1963. 23. Nell’elencare le ragioni per il fallimento arabo nel 1948, Khaled al-Azm (Primo Ministro della Siria) nota che «… il quinto fattore fu l’appello dei governi arabi agli abitanti della Palestina affinché la evacuassero per situarsi ai confini dei paesi arabi. Fin dal 1948, siamo stati noi a chiedere il ritorno dei rifugiati, ma siamo stati noi chi li facemmo andare via. Noi portammo il disastro su un milione di rifugiati arabi invitandoli e facendo pressione su di loro per andare via. Noi li abbiamo abituati ad implorare... noi abbiamo partecipato ad abbassare il loro livello morale e sociale... E sempre noi li sfruttammo per eseguire crimini e omicidi, incendi e lanci di pietre su uomini, donne e bambini... tutto questo al servizio di scopi politici...» – Khaled el-Azm, primo ministro siriano dopo la Guerra del 1948, nella sua monografia del 1972 (pubblicata nel 1973). 24. “Gli stati arabi riuscirono a disperdere i palestinesi e a distruggere la loro unità. Loro non li riconobbero come un popolo unificato finché non lo fecero gli stati del mondo, e questo è deplorevole.» – Abu Mazen (Mahmoud Abbas), dal diario ufficiale dell’OLP, Falastin el-Thawra (“Quello che abbiamo imparato e quello che dovremmo fare”), Beirut, marzo 1976. 25. «Fin da 1948, i leader arabi si sono avvicinati al problema palestinese in una maniera irresponsabile. Loro hanno usato il popolo palestinese per scopi politici; questo è ridicolo, potrei dire anche criminale...» – Re Hussein, Regno Hashemita della Giordania, 1996. 26. «Le accuse di Abu Mazen: gli stati arabi sono la causa del problema dei rifugiati palestinesi» (Wall Street Journal, 5 giugno 2003). Mahmoud Abbas (Abu Mazen) scrisse un articolo nel marzo 1976 per Falastin al-Thawra, il diario ufficiale dell’OLP a Beirut: «Gli eserciti arabi entrarono in Palestina per proteggere i palestinesi dalla tirannia sionista, ma invece li abbandonarono, li costrinsero ad emigrare e a lasciare la loro terra natia, imposero su di loro un macigno politico ed ideologico e li gettarono in prigioni simili ai ghetti nei quali gli ebrei vivevano in Europa Orientale.» Come Abu Mazen sosteneva, fu in gran parte dovuto alle minacce e al panico diffuso dai leader arabi che circa 700.000 arabi abbandonarono Israele nel 1948, quando il nuovo stato fu invaso dagli eserciti arabi. Sin da allora, la popolazione dei rifugiati è cresciuta (giungendo oggi a circa 4 milioni di persone, secondo le stime dell’ONU) rinchiusa come il bestiame in un recinto, in campi squallidi sparsi attraverso il Medio Oriente – in Libano, Giordania, Siria, Gaza e West Bank. Nel 1950, l’ONU allestì l’UNRWA come un sforzo assistenziale provvisorio per i rifugiati palestinesi. Il primo direttore dell’UNRWA, Ralph Galloway, ha affermato otto anni più tardi che, «gli stati arabi non vogliono risolvere il problema dei rifugiati. Loro vogliono tenerlo aperto come una ferita dolente, come un’arma contro Israele. Ai leader arabi non importa un accidente se i rifugiati arabi vivono o muoiono. L’unica cosa che è cambiata da allora [1949] è il numero di palestinesi rinchiusi in questi campi di prigionia.» |
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