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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.03.2006 Con degli amici così...
a Gad Lerner D'Alema agli Esteri va bene

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 marzo 2006
Pagina: 13
Autore: Paolo Conti
Titolo: «Lerner: il presidente ds può fare il ministro degli Esteri»

Secondo Gad Lerner Massimo D'Alema, noto per le sue posizioni antisraeliane e antiamericane e per aver auspicato aperture verso Hamas, sarebbe un ottimo ministro degli Esteri. La sua presenza alla Farnesina non modificherebbe sostanzialemente la politica dell'Unione verso Israele.
E qui i casi sono due: o Lerner non sa distinguere l'ostilità verso Israele anche quando si presenta nel modo più chiaro, o ci sta dando una pessima notizia, cioé che a dettare la linea della politica estera di un eventuale governo Prodi saranno gli umori della sinistra più antisionista.
Ecco il testo dell'intervista al noto giornalista, dal CORRIERE della SERA del 3 marzo 2006:

ROMA — Dice Yasha Reibman, portavoce della Comunità ebraica milanese: «D'Alema agli Esteri ci preoccupa». Aggiunge Riccardo Pacifici, suo collega alla Comunità romana rivolgendosi a Francesco Rutelli: «Chi sarà il prossimo ministro degli Esteri? A D'Alema preferiremmo te, Francesco». Cosa pensa di tutto questo, Gad Lerner?
«Provo disagio e avverto un senso di degrado quando questi portavoce, o supposti tali, delle comunità ebraiche si siedono e compilano le loro pagelle, preparano organigrammi della politica italiana. Quasi che la funzione dell'ebraismo italiano e dei suoi organi comunitari fosse riconducibile a un lobbismo di marca Confcommercio o Coldiretti di una volta. Ben altro dovrebbe essere il senso di rappresentanza. Non queste scivolate che descrivono un potere mediatico degli ebrei italiani di gran lunga sopravvalutato».
Ma lei cosa pensa di un Massimo D'Alema titolare della Farnesina?
«Sarebbe un ottimo ministro».
Perché, Lerner?
«Non c'è dubbio sulla sua esperienza internazionale altamente consolidata e soprattutto sulla sua conoscenza dello scacchiere mediorientale: un professionista della politica del suo livello avrebbe tutte le caratteristiche di un bravo titolare degli Esteri. Come molti altri candidati. Rutelli o Fassino, dico per esempio. Proprio a quest'ultimo, per la verità, dovrebbe toccare la Farnesina secondo i giochi dei pronostici legati alla colazioni, mi pare...».
Elena Loewenthal, scrittrice ebrea di area liberal, sostiene: «Molti politici danno per scontata la legittimità di Israele ma resta diffuso l'equivoco della seconda parte del ragionamento: "Se Israele non esistesse, non ci sarebbero certi problemi": D'Alema è uno di quelli che sono ambigui su questi temi, contrariamente a Fassino». Condivide?
«Secondo me non esistono differenze, se non di qualche accento, tra Fassino e D'Alema sulla questione mediorientale.
Ecco, nel caso della Loewenthal siamo di fronte a una singola cittadina ebrea che dice la sua. Benissimo. Perché il giochino mediatico è chiaro, riguarda anche me mentre rispondo a queste domande sul dicastero degli Esteri: devo rispondere in quanto ebreo o in quanto sostenitore del centrosinistra? Io posso farlo. Ma se lo fa un portavoce che dovrebbe incarnare l'intera Comunità, la cosa cambia. Provo a immaginare: se il segretario della Conferenza episcopale manifestasse le sue preferenze, ovvero attribuisse le sue "pagelle", sui possibili candidati al ministero della Pubblica istruzione, io sono convinto che i portavoce delle Comunità ebraiche avrebbero molto da ridire. E giustamente, aggiungo».
Tornando a D'Alema. Lei non pensa che qualche esponente della Comunità ebraica lo trovi «poco affidabile» verso Israele?
«Forse D'Alema sconta l'arte e il vezzo snobistico di rendersi sgradevole. Non credo che la scelta di questo o quel candidato possa modificare sensibilmente la politica italiana nei confronti di Israele. Così come non è cambiata con la sequenza Ruggiero- Berlusconi-Frattini-Fini, nello stesso modo non ci sarebbero differenze tra un Rutelli o un D'Alema o un Fassino. Per fortuna l'ebraismo italiano mi sembra uscito dalla sindrome dell'assedio: la posizione dello "scegliamoci i politici amici" mi sembra minoritaria. È chiaro a tutti come la grande maggioranza degli italiani e dei politici sia impegnata in una politica che favorisca la sicurezza dello Stato di Israele perseguendo una politica di pace».

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