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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.03.2006 Le minacce all'Italia servono a Gheddafi per conservare il potere
e compiacere i Fratelli musulmani

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 marzo 2006
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam
Titolo: «Il colonello in mano agli islamici»

Dal CORRIERE della SERA di venerdì 3 marzo 2006:

Povero Calderoli! Ora che lo stesso Gheddafi ha detto che le vignette blasfeme su Maometto non c'entrano niente e che l'assalto al consolato italiano a Bengasi è una reazione al mancato indennizzo per i danni coloniali, Berlusconi dovrebbe riconsiderare la decisione di dimetterlo. Paradossi. In ogni caso ora sappiamo che l'Italia, qualunque cosa faccia, è stata prescelta come vittima sacrificale sull'altare di una consacrazione storica.
La consacrazione dei Fratelli Musulmani libici che da ieri sono ufficialmente legittimati e i cui militanti sono stati tutti rilasciati dalle carceri. Ed è così che nel ventinovesimo anniversario della nascita della «prima Jamahiriya (governo delle masse) della storia», il sistema politico inaugurato nel 1977, Gheddafi segue le orme dell'Egitto legalizzando il potente movimento integralista islamico. Il semplice fatto che nel comunicato ufficiale in cui si annuncia il rilascio di 130 prigionieri politici di cui, si specifica «85 appartenenti ai Fratelli Musulmani», costituisce un riconoscimento di un gruppo fino a un attimo prima qualificato come «traditore», «nemico del popolo» e «terrorista». Ne prendano atto tutti coloro che, in Italia e in Occidente, hanno finora giustificato il loro sostegno a Gheddafi come un imperativo imposto dal rischio che la Libia cada nelle mani degli integralisti islamici. Ora che lo stesso Gheddafi li ha legittimati e si appresta a farne un partner nella gestione del potere, sarebbe bene che riconsiderassero le loro valutazioni.
E' del tutto evidente come Gheddafi sia stato costretto a allearsi con il diavolo. Bengasi, la seconda città del Paese, gli era sfuggita di mano. Dopo aver istigato la popolazione a protestare contro gli italiani, sfruttando una dichiarazione «crociata» fatta da Calderoli l'8 febbraio scorso (una settimana prima dell' esibizione della provocatoria maglietta in televisione), la manifestazione del 17 febbraio gli sfuggì di mano. A gestirla, ora lo sappiamo, furono i militanti dei Fratelli Musulmani che assaltarono e bruciarono il nostro consolato. Di qui l'ordine di sparare a vista lasciando sul terreno 11 morti. Ma di fronte al moltiplicarsi della rabbia, Gheddafi lasciò mano libera agli islamici che saccheggiarono il consolato, incendiarono una chiesa e un monastero, proclamò «martiri» le sue vittime, decise di sacrificare il ministro dell'Interno.
Ieri Gheddafi ha precisato che i rivoltosi avrebbero voluto uccidere il console italiano Pirrello. Precisando che nuove aggressioni contro gli italiani sono assolutamente possibili se l'Italia non provvederà all'indennizzo per i danni coloniali. La verità è che Gheddafi non ha nessuna intenzione di chiudere questo contenzioso. Per lui è molto più prezioso utilizzarlo come arma di ricatto e di minaccia ogni qual volta gli torna utile fare dell'Italia una valvola di sfogo per calmare le acque interne.
Ed è esattamente quanto sta succedendo ora. L'Italia viene data in pasto ai libici in rivolta e agli integralisti islamici assetati di vendetta e di potere. Gheddafi che per l'ennesima volta si conferma del tutto inaffidabile, dimostra che l'unica priorità è la salvaguardia del potere. Che, a questo punto, coincide con la salvaguardia della sua vita.

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