01/03/2006
Ora che si va spegnendo l’eco delle violente manifestazioni islamiche avvenute prendendo a pretesto la pubblicazione di vignette giudicate blasfeme, ora qualcuno, forse, ci ascolterà.
Nei giorni scorsi un crimine odioso e terribilmente crudele, un omicidio razzista, è avvenuto nel cuore della democratica Europa. Ilan Halimi, cittadino francese di 23 anni di professione commesso, è stato sequestrato, torturato per tre settimane e abbandonato nei pressi di una stazione ferroviaria nudo e morente, con ferite, segni di bruciatura ed ematomi in tutto il corpo. Alla famiglia non in grado di pagare il riscatto chiesto, i rapitori hanno detto “se non potete pagare rivolgetevi alla sinagoga”. Sì, Ilan è stato barbaramente torturato e ucciso perché ebreo. Il suo omicidio è avvenuto in Francia per mano di una banda criminale di giovani islamici. Eppure la sua morte non ha meritato espressioni indignate da parte di esponenti politici italiani, non ha urtato la sensibilità di coloro i quali sono sempre pronti a dichiararsi per il dialogo, la tolleranza, la convivenza civile. L’uccisione di Ilan è passata nel silenzio e nell’indifferenza.
In Iran, in questi stessi giorni, centinaia di lavoratori degli autobus di Teheran sono stati arrestati. Nonostante qualche lavoratore sia stato rilasciato, centinaia risultano ancora detenuti nel carcere di Evin senza un' accusa formulata e senza processo. Gli arresti sono cominciati dopo che il comitato esecutivo del sindacato, l'Unione dei Lavoratori della Compagnia di bus di Teheran e dell'area suburbana, ha proclamato uno sciopero in sostegno delle varie istanze dell'Unione. Nel frattempo anche numerosi familiari dei lavoratori sono stati picchiati e sequestrati dalla polizia iraniana. Non abbiamo ascoltato dai sindacati italiani e dai difensori dei diritti umani parole di sdegno e solidarietà per questi lavoratori che, a rischio della vita, stanno sfidando la dittatura degli ayatollah per affermare basilari principi democratici.
E’ così che funziona il fondamentalismo islamico, con la sua violenza polarizza le attenzioni, tiene sotto minaccia costante, impone ricatti politici. Dalle democrazie vuole ottenere l’omertà sull’antisemitismo, vuole la testa degli ebrei, vuole la rinuncia a segmenti di libertà, l’abbandono di ogni ipotesi di costruzione democratica in Medioriente. Per Ilan il ricatto ha funzionato: l’omertà sul suo assassinio è stata ottenuta. Alla vita spezzata di un ragazzo ebreo in Europa non è stato attribuito lo stesso valore dato a quella di un sacerdote cristiano ucciso in Turchia. Di fronte alla comune matrice dell’odio non dovremmo permettere che il massacro dell’uno venga ignorato, quello dell’altro onorato.
Così come non possiamo abbandonare i lavoratori di Teheran. Occorre reagire al più presto, alzare una voce in loro difesa superando le urla scomposte dei fondamentalisti. Prima che sia troppo tardi, per le loro vite, per la nostra democrazia. In pericolo entrambe. In memoria di Ilan.
Ora che si va spegnendo l’eco delle violente manifestazioni islamiche avvenute prendendo a pretesto la pubblicazione di vignette giudicate blasfeme, ora qualcuno, forse, ci ascolterà.
Nei giorni scorsi un crimine odioso e terribilmente crudele, un omicidio razzista, è avvenuto nel cuore della democratica Europa. Ilan Halimi, cittadino francese di 23 anni di professione commesso, è stato sequestrato, torturato per tre settimane e abbandonato nei pressi di una stazione ferroviaria nudo e morente, con ferite, segni di bruciatura ed ematomi in tutto il corpo. Alla famiglia non in grado di pagare il riscatto chiesto, i rapitori hanno detto “se non potete pagare rivolgetevi alla sinagoga”. Sì, Ilan è stato barbaramente torturato e ucciso perché ebreo. Il suo omicidio è avvenuto in Francia per mano di una banda criminale di giovani islamici. Eppure la sua morte non ha meritato espressioni indignate da parte di esponenti politici italiani, non ha urtato la sensibilità di coloro i quali sono sempre pronti a dichiararsi per il dialogo, la tolleranza, la convivenza civile. L’uccisione di Ilan è passata nel silenzio e nell’indifferenza.
In Iran, in questi stessi giorni, centinaia di lavoratori degli autobus di Teheran sono stati arrestati. Nonostante qualche lavoratore sia stato rilasciato, centinaia risultano ancora detenuti nel carcere di Evin senza un' accusa formulata e senza processo. Gli arresti sono cominciati dopo che il comitato esecutivo del sindacato, l'Unione dei Lavoratori della Compagnia di bus di Teheran e dell'area suburbana, ha proclamato uno sciopero in sostegno delle varie istanze dell'Unione. Nel frattempo anche numerosi familiari dei lavoratori sono stati picchiati e sequestrati dalla polizia iraniana. Non abbiamo ascoltato dai sindacati italiani e dai difensori dei diritti umani parole di sdegno e solidarietà per questi lavoratori che, a rischio della vita, stanno sfidando la dittatura degli ayatollah per affermare basilari principi democratici.
E’ così che funziona il fondamentalismo islamico, con la sua violenza polarizza le attenzioni, tiene sotto minaccia costante, impone ricatti politici. Dalle democrazie vuole ottenere l’omertà sull’antisemitismo, vuole la testa degli ebrei, vuole la rinuncia a segmenti di libertà, l’abbandono di ogni ipotesi di costruzione democratica in Medioriente. Per Ilan il ricatto ha funzionato: l’omertà sul suo assassinio è stata ottenuta. Alla vita spezzata di un ragazzo ebreo in Europa non è stato attribuito lo stesso valore dato a quella di un sacerdote cristiano ucciso in Turchia. Di fronte alla comune matrice dell’odio non dovremmo permettere che il massacro dell’uno venga ignorato, quello dell’altro onorato.
Così come non possiamo abbandonare i lavoratori di Teheran. Occorre reagire al più presto, alzare una voce in loro difesa superando le urla scomposte dei fondamentalisti. Prima che sia troppo tardi, per le loro vite, per la nostra democrazia. In pericolo entrambe. In memoria di Ilan.
Associazione Romana Amici d’Israele
Presidente Piero Terracina
Ufficio Stampa: Anna Borioni Adriana Martinelli