All'interno del regime iraniano, sostengono alcuni analisti, sarebbe in corso uno scontro di potere. Sarebbe dunque nel nostro interesse continuare a "dialogare" ed evitare situazioni di "scontro frontale" , per sostenere i pragmatci e i riformisti contro gli oltranzisti. Peccato che i riformisti nell'Iran attuale non contino nulla e che le loro aperture siano sempre state così ambigue e deboli che il loro vero valore ha finito per essere esclusivamente quello propagandistico e diplomatico. Peccato che l'ayatollah Khamenei non perda occasione per rilanciare sullo stesso terreno di Ahmadinejad, per esempio incoraggiando il terrorismo suicida palestinese "fino alla distruzione di Israele". Nonostante questo si continua ha ricercare ogni minima conferma della teoria. Farian Sabahi, ad esempio, sulla STAMPA di mercoledì 1 marzo 2006 presenta alcune dichiarazioni dell'ex presidente iraniano Khatami come una netta presa di distanza dal negazionismo di Ahmadinejad. In realtà la semplice lettura dell'articolo ridemensiona molto la portata delle parole di Ahmadinejad. La "storicità dell'Olocausto" significa per lui che i nazisti hanno ucciso molti innocenti, tra i quali "senza dubbio un grande numero di ebrei": anche David Irving potrebbe sottoscrivere un simile "riconoscimento" dell'Olocausto. La stessa Sabahi sottolinea poi l'uso antisionista e di delegittimazione di Israele che Khatami vuole fare della memoria della Shoah. Da tutto questo risulta abbastanza plausibile che a dividere veramente Ahmadinejad da Khatami sia soltanto una diversa strategia propagandistica. Uno pensa di ottenere effetti migliori negando i crimini nazisti, l'altro sminuendo il ruolo che in essi ha avuto la persecuzione antiebraica e facendo degli israeliani i "nuovi nazisti ". Ecco il testo dell'articolo:
L’OLOCAUSTO è «un fatto storico», ha dichiarato l’ex presidente iraniano Khatami rivolgendosi indirettamente al suo successore Ahmadinejad, che negli ultimi mesi ha più volte espresso slogan negazionisti. «Dobbiamo prendere atto che uno dei crimini commessi dai nazionalsocialisti tedeschi è stato il massacro di innocenti, fra cui senza dubbio un grande numero di ebrei».
Perché l’ex presidente è uscito allo scoperto, dopo mesi di silenzio? Khatami è alla guida di un’organizzazione non governativa che promuove il dialogo fra le culture e le religioni. E in questo momento l’amministrazione di George W. Bush è alla ricerca di organizzazioni non governative, sindacati, gruppi studenteschi e per la difesa di diritti umani cui elargire 20 milioni di dollari, ovvero una parte di quei 75 milioni chiesti dal segretario di stato americano Condoleezza Rice al Congresso per finanziare l’opposizione iraniana.
All’interno della Repubblica Islamica non esiste però un Nelson Mandela e, tra gli iraniani della diaspora, nessuno può vantare la spregiudicatezza di Ahmed Chalabi che, con il suo falso dossier sulle armi di distruzione di massa, diede ai neocon statunitensi il pretesto per invadere l’Iraq. Tra gli oppositori al regime degli ayatollah vi sono personaggi che non vanno in Iran dalla rivoluzione del 1979, giovani cresciuti all’estero che non hanno nulla in comune con i loro coetanei residenti in Iran.
In mancanza di un’alternativa credibile, quando Condoleezza Rice fa l’appello è l’ex presidente Khatami ad alzare la mano ricordando che, seppur soffocato dai conservatori, in Iran esiste ancora un movimento riformista. Rispetto a quando era a capo dell’esecutivo, molto è però cambiato in Iran: per le riforme sembra non esserci speranza, solo il 20% dei giornali è ancora in stampa, il movimento studentesco non riesce a risollevarsi, la società civile fa fatica a far sentire la propria voce e gli scioperi proclamati dai sindacati sono bloccati anticipatamente. I «duri e puri» eredi del khomeinismo non accettano compromessi con i moderati e mai la lotta di potere era stata tanto difficile.
Dopo l’invasione americana dell’Iraq, inoltre, gli iraniani non sono più così tanto affascinati dagli Stati Uniti e nei confronti della politica di Washington in Medio Oriente sono alquanto scettici. Khatami è comunque abituato a tenere i piedi in due scarpe, un’arte che ha affinato negli otto anni in cui è stato presidente. E quindi, se da una parte fa l’occhiolino all’America, dall’altra non perde l’occasione di dichiarare che dell’Olocausto «Israele ha fatto un cattivo uso, con la soppressione della nazione palestinese» e «coloro che si considerano vittime del fascismo stanno attuando politiche fasciste in Medio Oriente», riallineandosi così con i vertici della Repubblica.
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