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Il Foglio Rassegna Stampa
28.02.2006 Antioccidentale e antisemita, ha spopolato tra i turchi in Germania
é il film sulla guerra in Iraq "La valle dei lupi"

Testata: Il Foglio
Data: 28 febbraio 2006
Pagina: 2
Autore: Andrea Affaticati
Titolo: «Chiusa “la valle dei lupi”. Berlino teme il film antioccidentale che appassiona i turchi»

Dal FOGLIO  di martedì 28 febbraio 2006:

Berlino. Dalla settimana scorsa le sale tedesche della catena Cinemaax non proiettano più il film turco “Iraq, la valle dei lupi”. Quelle dell’Uci hanno invece deciso di tenerlo in tabellone, sostenute anche dall’associazione registi tedeschi. L’appello del ministro degli Interni bavarese, Günther Bechstein, che sin da subito aveva chiesto il ritiro del film, è stata dunque almeno in parte accolto. Secondo Bechstein il messaggio profondamente antiamericano e antisemita del film non è ammissibile in Germania. Gli ha già risposto l’eurodeputata liberale Koch- Mehring, affermando che, per quanto la critica sia fondata, il film va combattuto sul piano dialettico e non con la censura. L’allarmismo del ministro bavarese è nato dal grande successo che il film ha riscosso anche nella comunità turca in Germania. Se nella sola prima settimana in Turchia oltre un milione di spettatori erano andati a vedere il film di Serdar Akar, anche i connazionali all’estero hanno mostrato lo stesso entusiasmo. Il film è uscito da poco più di due settimane in Germania e i cinema dei quartieri berlinesi a maggioranza turca, stanno registrando fin dall’inizio il tutto esaurito. La pellicola proiettata in lingua originale (i tedeschi devono accontentarsi dei sottotitoli) attira intere famiglie, nonni e ragazzi compresi. Nessuno sembra volere perdere la storia del coraggioso agente Polat Alemandar – già eroe di una seguitissima fiction televisiva trasmessa via satellite anche in Germania, in cui dà la caccia a terribili organizzazioni mafiose – spedito in Iraq per vendicare un gruppo di ufficiali turchi catturati dagli americani e poi sottoposti a un trattamento ispirato ai fatti del carcere di Abu Ghraib. La critica turca ha osannato il film e il quotidiano Vatan ha scritto: “Chi va a vederlo amerà il proprio paese ancora di più”. In Germania i mass media sono allarmati. C’è chi teme che il suo palese antiamericanismo scateni a posteriori la reazione che per fortuna non c’è stata per le vignette danesi. Chi vede – in scene come quelle in cui il medico ebreo americano espianta organi a prigionieri coscienti, per venderli a ricchi ebrei – una chiara incitazione all’antisemitismo. Per Anil Sahin di origine turca e proprietario della Maxximum Film und Kunst Gmbh, distributore unico in Europa, le preoccupazione dei media sono solo una montatura. Non così la pensano i giornali, che si occupano del film quasi quotidianamente. La Frakfurter Allgemeine, normalmente piuttosto pacata nei toni, ha inviato un suo uomo in sala e ha dedicato al film anche un editoriale in cui si leggeva: “Non succede spesso che nei cinema tedeschi scoppino applausi a scena aperta perché un ufficiale americano è accoltellato. E invece è quello a cui si assiste in questi giorni in alcune delle 65 sale che hanno in tabellone “Iraq, la valle dei lupi”. Ad applaudire c’è un pubblico prevalentemente giovane e quasi esclusivamente turco. L’inviato in sala, Faz Eberhard Rathgelb, ha vissuto sulla pelle “la sensazione di essere ormai io parte di una minoranza”. “Adesso inizio ad avere le mie prime difficoltà di integrazione tra i turchi di Berlino. Sentivo parlare lo sceicco dallo schermo, che incitava a non arrendersi davanti al nemico occidentale, e pensavo ai problemi che io e quelli più giovani di me avremo tra qualche decina d’anni. Problemi che non saranno più semplicemente confinati a una sala cinematografica di Neukölln, ma si estenderanno a ogni aspetto della realtà quotidiana”.

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