Cosa lega l'omicidio antisemita in Francia e la vicenda delle vignette danesi? la pretesa islamica alla sovranità universale, risponde Mark Steyn
Testata: Il Foglio Data: 28 febbraio 2006 Pagina: 2 Autore: Mark Steyn Titolo: «Tra l’ebreo ucciso in Francia e le reazioni alle vignette c’è un nesso, l’assalto alla sovranità»
Il FOGLIO di martedì 28 febbraio pubblica un articolo di Mark steyn ripreso dal New York Sun. Ecco il testo:
Da qui a cinque anni, quanti ebrei vivranno in Francia? Due anni fa, Sebastien Selam, un dj di Parigi di 23 anni, uscito dall’appartamento dei genitori per andare al lavoro, è stato aggredito nel garage del parcheggio dal vicino musulmano Adel, che gli ha tagliato la gola due volte, quasi decapitandolo, gli ha squarciato il volto e gli ha cavato gli occhi. Adel è corso sulle scale del condominio, grondando sangue e urlando: “Ho ucciso il mio ebreo. Andrò in paradiso”. Nella stessa città, in quella stessa sera, un’altra donna ebrea è stata assassinata, in presenza della figlia, da un altro musulmano. Sembrano i prodromi di una “tendenza”, e i mezzi di comunicazione amano le tendenze. Eppure, nessuna delle principali testate francesi ha riportato il fatto. Questo mese si è verificato un altro omicidio. Ilan Halimi, un altro ebreo di 23 anni, è stato trovato riverso accanto a un binario fuori Parigi, con il corpo ricoperto di ustioni e ferite. E’ morto durante il trasporto in ospedale, dopo che, per quasi tre settimane, la banda che lo aveva rapito, chiedendo alla famiglia un riscatto di mezzo milione di dollari, gli aveva inflitto brutali torture, tenendolo nudo e incappucciato. Si possono azzardare congetture sull’identità della banda? Lo zio racconta che, durante le telefonate per il riscatto, alla famiglia erano fatte sentire le urla di Ilan, che veniva bruciato mentre i suoi torturatori leggevano ad alta voce versi del Corano. Questa volta i quotidiani francesi hanno reso nota la storia, anche se ogni pubblico ufficiale interpellato ha sottolineato l’assenza di elementi di antisemitismo. E’ un episodio che sarebbe potuto capitare a chiunque. Se la banda è sembrata fissata sugli ebrei, è stato perché – ha detto un detective di polizia – “ebreo equivale a denaro”. A Londra, l’Observer non si è neppure preoccupato di considerare quel punto di vista. Nel suo resoconto dell’assassinio è riuscito a evitare di citare l’ebraicità dello sfortunato ragazzo. Un altro quotidiano inglese, l’Independent, si è soffermato sull’identità dei gruppi coinvolti nell’incidente, ma solo nel contesto di una marcia di protesta indetta dagli ebrei parigini, rovinata da “giovani ebrei radicali”, che hanno assaltato una “drogheria gestita da arabi”. In un certo senso hanno ragione: potrebbe capitare a chiunque (…). Ma ciò che danneggia la società il silenzio dello stato, dei mezzi di informazione e della società. Per dirla nel modo più gentile possibile, sono in molti a provare indifferenza per gli ebrei. Nel 2003, secondo una ricerca promossa dalla Commissione europea, il 59 per cento degli europei considerava Israele “la più grande minaccia per la pace mondiale”. Soltanto il 59 per cento? E tutti gli altri? Tranquilli: in Germania la percentuale raggiungeva il 65, in Austria il 69 e nei Paesi Bassi il 74 per cento. Da allora, l’Iran si è offerto di risolvere il problema della minaccia israeliana alla pace mondiale cancellando l’entità sionista dalla mappa. Ma che tragedia il fatto che gli iraniani, così amanti della pace, siano stati provocati a lanciare l’Armageddon nucleare da ebrei pressanti. Paul Oestreicher, cappellano anglicano dell’University of Sussex, ha scritto sul Guardian: “Non posso rimanere calmo quando sento un presidente iraniano parlare dei suoi propositi di cancellare Israele. Le paure degli ebrei hanno radici profonde. Non sono irrazionali. Ma non posso neppure accettare che molti cittadini d’Israele pensino e parlino dei palestinesi come molti tedeschi pensavano e parlavano degli ebrei quando ero uno di loro e sono stato costretto a fuggire”. Non sorprende neppure che si possa perdere il senso delle proporzioni nel momento in cui si viene colpiti nel proprio paese, quando si è così coinvolti – come lo è l’establishment europeo – in un’assurda equivalenza tra un pazzo nuclearizzato, che si considera il precursore del dodicesimo Imam, e coloro che costruiscono la barriera di sicurezza di Israele. I “giovani ebrei radicali” non sono una minaccia per le “drogherie gestite da arabi”. Ma i giovani musulmani radicali stanno cambiando la vita degli ebrei, dei gay e delle donne di Parigi, Bruxelles, Amsterdam, Copenaghen, Oslo e di altre città. Se non vi interessano gli ebrei, almeno preoccupatevi per voi stessi: gli ebrei stanno svolgendo il tradizionale ruolo dei canarini nella miniera di carbone della storia. Sta accadendo qualcosa di davvero rilevante nel mondo, un manifestante musulmano l’ha riassunto l’altro giorno a Toronto: “Sospenderemo le nostre proteste soltanto quando il mondo obbedirà alla legge islamica”. Detto in modo così schietto sembra ridicolo. Ma è un dato di fatto che, ogni anno, una parte sempre più vasta del mondo si assoggetti alla legge islamica: il Pakistan l’ha adottata nel 1977, l’Iran nel 1979, il Sudan nel 1984. Quarant’anni fa, la Nigeria viveva sotto la Common Law. Ora metà del paese è sotto il controllo della sharia, l’altra metà ne sente la pressione. Altrettanto significativa è la rapidità con cui il mondo ha interiorizzato la prospettiva islamica. Nella pietosa copertura della spregevole Intifada che affligge la Francia da cinque anni, la stampa europea non dimostra un atteggiamento più razionale dei mass media mediorientali. Qual è il denominatore comune di tutti questi eventi apparentemente scollegati, che vanno dalle reazioni alle vignette danesi all’assassinio di un regista olandese fino alle lezioni di nuoto divise per sessi nelle piscine comunali francesi? La risposta è la sovranità. L’islam pretende, e ha sempre preteso, una giurisdizione universale. L’unica differenza è che ora è passato ai fatti. La ratifica di questa nuova era è stata la presa dell’ambasciata statunitense a Teheran: perfino gli stati ostili rispettano la convenzione secondo cui le missioni diplomatiche rappresentano il territorio sovrano dei rispettivi paesi. Teheran è andata oltre, pretendendo diritti sui cittadini degli stati sovrani e uccidendoli, come aveva fatto con i traduttori e gli editori di Salman Rushdie. Nel jihad delle vignette, come in altri episodi, le restrizioni della legge islamica si diffondono a macchia di leopardo nel mondo tramite l’intimidazione e la violenza, ma anche con i soliti subdoli mezzi di promozione di un falso “rispetto” multiculturale da parte di Bill Clinton, la Chiesa Unita del Canada, i ministri degli Esteri europei. Chi sostiene la necessità dell’armonia globale si è sempre dichiarato favorevole a un mondo unito. Dalle pagine dei quotidiani ai sobborghi parigini, i panislamisti si stanno dando da fare.
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