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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.02.2006 Perché la dissacrazione di Maometto e la negazione di Auschwitz non sono sullo stesso piano
lo spiega André Glucksmann

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 febbraio 2006
Pagina: 1
Autore: André Glucksmann
Titolo: «Le vignette danesi e Auschwitz»

Dal CORRIERE della SERA del 28 febbraio 2006:

È un segno dei tempi: dodici caricature apparse su un giornale sono bastate a far sprofondare i 25 Paesi dell'Unione Europea in una confusione intellettuale e politica inconsueta. Bisogna condannare la Danimarca o dirsi solidali? Conviene «comprendere», addirittura fare gli occhi dolci agli integralisti islamici gridando: «A morte!»? L'Unione Europea punta sulla disunione.
Praticamente, ogni governo cerca di cavarsela nel migliore dei modi, Parigi o Londra non sono Copenaghen, diamine! Teoricamente, lo smarrimento mentale è al colmo: dove comincia il rispetto dovuto alle opinioni altrui, dove si ferma la libertà di critica? Le cancellerie si accontentano di avvertire che non è da persone perbene bruciare le ambasciate. E il manifestante fanatico, con una torcia in mano, replica: chi ha cominciato? Voi avete incendiato il mio cervello, io mi limito a dare fuoco alle vostre residenze e bandiere, ammirate la mia mansuetudine!
L'imbarazzo e la cacofonia degli europei incoraggiano ad esagerare. Cinquantasei nazioni della «conferenza islamica» hanno tentato d'imporre all'Onu, ricorrendo ai diritti dell'uomo, una serie di leggi contro «la diffamazione delle religioni e dei profeti». Il rischio è notevole. Il diritto di esprimere la propria opinione, fosse pure traumatizzante, e di mettere in discussione i tabù religiosi, sessuali e sociali, fossero pure maggioritari, è un diritto acquisito dell'umanesimo classico e della democrazia moderna, pagato molto caro. Una censura al di là dello Stato, ai comodi delle molteplici autorità morali e religiose, significa una regressione decisiva. Può imporsi solo sotto la minaccia.
L'escalation segue il suo corso. La «logica dell'intimidazione e la cultura dell'odio», come scriveva su questo giornale Magdi Allam, cercano di imporsi. La campagna anti-caricatura è cominciata in un giornale, poi ha preso di mira la Danimarca e ormai se la prende con l'Europa, accusata di praticare due pesi e due misure. L'Unione europea non ammette forse che si denigri impunemente il profeta, mentre vieta e condanna altre «opinioni» come il negazionismo? Perché è consentito scherzare su Maometto e non sul genocidio degli ebrei?, chiedono a gran voce gli integralisti lanciando un concorso di disegni umoristici su Auschwitz. Non si dà niente per niente: o tutto deve essere autorizzato in nome del free speech, oppure censuriamo equamente quello che turba gli uni come quello che irrita gli altri. Molti difensori del diritto alla caricatura si sentono in trappola. In nome della libertà d'espressione, pubblicheranno battute sulle camere a gas?
Irriverenza per irriverenza? Trasgressione per trasgressione? Dobbiamo mettere sullo stesso piano la negazione di Auschwitz e la dissacrazione di Maometto?
È qui che due filosofie inesorabilmente si oppongono. Una dice sì, si tratta di due «credenze» equivalenti, ugualmente sbeffeggiate; non esiste differenza tra verità di fatto e professione di fede; la convinzione che il genocidio è esistito e la certezza che Maometto fu illuminato dall'angelo Gabriele sono dello stesso registro. L'altra filosofia dice no, la realtà dei campi della morte è stata verificata, mentre la sacralità dei profeti dipende dall' impegno dei fedeli. Simile distinzione fra una realtà di fatto e la convinzione religiosa è alla base del pensiero occidentale. Già Aristotele separa, da un lato, il discorso indicativo («apofantico») che può essere discusso per giungere ad un'affermazione o ad una negazione; dall'altro, le preghiere. Queste ultime sfuggono alla discussione poiché implorano, promettono, giurano, e non constatano; non mirano ad un'informazione ma ad una performance
(de interpretatione, IV). Quando l'islamista fanatico afferma che gli europei praticano la «religione della Shoah» come lui pratica quella di Maometto, abolisce la distinzione tra fatto e convinzione religiosa; per lui, esistono solo convinzioni religiose e quindi l'Europa favorisce ipocritamente le une contro le altre. Il discorso civile, senza distinzione di razza o di confessione, analizza e circoscrive verità scientifiche, verità storiche e stati di fatto che non dipendono dalla fede, ma dalla conoscenza. Verità che si possono considerare per profani e di dignità inferiore; ciò non toglie che esse non si confondono con le verità della religione, che uno sia sciita, sunnita, cristiano, ebreo, buddista o agnostico. Il nostro Pianeta non è vittima di uno scontro di civiltà, è il luogo di una battaglia decisiva fra due metodi di pensiero. Vi sono coloro i quali decretano che non esistono fatti ma soltanto interpretazioni, che sono altrettanti atti di fede. E questi cadono nel fanatismo («Io sono la verità») o nel nichilismo («Nulla è vero, nulla è falso»). E vi sono coloro per i quali la libera discussione con l'intento di separare il falso dal vero ha un senso, in modo che l'uomo politico come lo scienziato o il semplice giudizio possano regolarsi su dati profani indipendenti dalle opinioni prestabilite.
Un pensiero totalitario non sopporta d'essere contestato. Dogmatico, è un pensiero che afferma, brandendo il libretto rosso, nero o verde. Oscurantista, esso fonde politica e religione. Invece, i pensieri antitotalitari prendono i fatti come tali e riconoscono anche i fatti più odiosi. La rivelazione del Gulag ha permesso il rifiuto del «socialismo reale». La presa di coscienza delle nefandezze naziste e l'apertura molto reale dei campi di sterminio hanno convertito l'individuo europeo alla democrazia dopo il 1945. Invece, il rifiuto della storia nelle sue verità più crudeli annuncia il ritorno delle crudeltà. Piaccia o meno agli integralisti — che certo non rappresentano i musulmani —, non c'è paragone fra la negazione di fatti avveratisi come tali e la critica verbale o disegnata delle molteplici convinzioni religiose che ogni europeo ha il diritto di coltivare o di prendere in giro.
Da secoli, Giove o il Cristo, Geova o Allah hanno subito una quantità di scherzi e segni di mancanza di rispetto. In questo, del resto, gli ebrei sono i critici migliori di Yaveh, ne hanno addirittura fatto una loro specialità. Ciò non impedisce al vero credente di qualsiasi confessione di credere e di lasciar vivere coloro che non credono come lui. È a questo prezzo che si instaura la pace religiosa. Mentre invece scherzare sulle camere a gas, santificare le decapitazioni televisive e le bombe umane annuncia un avvenire insopportabile.
È tempo che i democratici si riprendano e gli Stati di diritto ritrovino i loro principi; essi devono ricordare solennemente e solidalmente che una, due, tre religioni, quattro o cinque ideologie non possono decidere quello che il cittadino ha il diritto di dire o pensare. Non c'è di mezzo solo la libertà di stampa, ma il permesso di dire pane al pane, vino al vino e che una camera a gas è un fatto abominevole, quali che siano le nostre convinzioni e la nostra fede. C'è di mezzo il principio di qualsiasi morale: su questa Terra, il rispetto dovuto ad ogni individuo comincia dalla denuncia universale e dal comune rifiuto degli esempi più flagranti di disumanità.

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