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La Stampa Rassegna Stampa
26.02.2006 Free Palestine, Boycott Israel
detto da chi se ne frega dei palestinesi, spinto solo dall'odio contro Israele

Testata: La Stampa
Data: 26 febbraio 2006
Pagina: 45
Autore: Francesca Paci
Titolo: «L' "opera d'arte" anti-Israele galleggia solo mezz'ora sul PO»

Chi odia Israele non ha perso l'occasione dei Giochi olimpici di Torino. Come riferisce la cronaca della STAMPA, articolo a pag.45 a firma Francesca Paci, un artista torinese, Piero Gilardi, da sempre in prima linea contro Israele, ha organizzato un happening in riva al Po. Un grande striscione  con la scritta "Free Palestine, Boycott Israel", in inglese per farsi riprendere dalle molte TV internazionali presenti. La manifestazione è durata mezz'ora, giusto il tempo per raggiungere lo scopo che si era prefissa. La STAMPA ha pubblicato una cronaca, dando spazio ad un commento di Angelo Pezzana, in contro tendenza con quanto sostenuto da Gilardi.

Ecco l'articolo:

Torinesi e turisti affacciati sul ponte Vittorio Emanuele I ci hanno messo un po’, ieri pomeriggio, a capire che il gruppetto di uomini e donne indaffarati sulla riva del Po lavorava a una performance, un’azione agit prop secondo la storica definizione di arte militante e in movimento. L’ideatore Piero Gilardi, uno dei protagonisti della corrente Nouveau Realisme e dell’arte povera degli Anni 60, è un nome noto a studiosi, intellettuali e frequentatori di mostre, ma un volto sconosciuto ai più. Difficile riconoscerlo dall’alto. Quando la grande kefia palestinese galleggiante con scritto sopra «Free Palestine. Boycott Israel» ha preso il largo, qualcuno ha fotografato l’attimo, altri si sono allontanati scuotendo la testa in segno di disapprovazione («i soliti no global»), tutti comunque hanno capito l’obiettivo di tanto sbattimento. Compresa la polizia, che nel giro di mezzora ha sequestrato «l’opera».
L’happening è durato poco, il tempo di qualche flash tra le 16 e le 16 e 30, ma Gilardi se l’aspettava: «L’importante è aver lanciato il messaggio in sostegno dello Stato Palestinese». Nei giorni scorsi aveva cercato inutilmente d’affittare una barca: fino al termine dei Giochi quel tratto di fiume non è navigabile. Troppo rischiosa la vicinanza con casa Stati Uniti e casa Sassonia, la security pattuglia palmo a palmo il lato dei Murazzi. Così, il performer e gli attivisti dell’International Solidarity Movement hanno ripiegato sulla kefia gonfiabile con il caratteristico reticolato bianco e nero e con una serie di tiranti l’hanno spinta in acqua dalla sponda opposta, la Gran Madre.
Un luogo simbolico, secondo Gilardi: proprio qui, alcuni giorni fa, la fondazione Pistoletto aveva steso una fila di drappi neri contro la mancanza d’acqua. «Magari diventerà l’angolo della libertà di critica», butta là. Una versione torinese dell’Hyde Park Corner, dove la domenica mattina improvvisati oratori prendono la parola e dicono la loro su qualsiasi argomento gli balzi in testa ad uso e divertimento dei passanti.
L’argomento «Free Palestine. Boycott Israel» non è di quelli che si lascino ascoltare così, distrattamente. Alcuni attivisti dell’International Solidarity Movement sono reduci dalla sciagurata manifestazione di Roma, durante la quale sono state bruciate bandiere d’Israele e qualcuno ha intonato lo slogan più infelice, «Dieci, cento, mille Nassiriya». Piero Gilardi ha condannata subito entrambe le iniziative, «proteste stupide e controproducenti». Ma avesse potuto avrebbe partecipato al corteo.
«Sempre la stessa storia», commenta Angelo Pezzana, membro dell’associazione Italia-Israele e direttore del sito Informazione Corretta. «Gilardi non è nuovo a questo genere di cose. Insieme ad altri, in questi anni, ha esaltato la politica del corrotto Arafat danneggiando i palestinesi anziché aiutarli». Secondo Pezzana azioni come quella di ieri «finiscono per spianare la strada ai fondamentalisti di Hamas e non accelerano il processo di formazione di uno Stato Palestinese, il cui primo paladino, ultimamente è stato Sharon».

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