Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Le scuse alla Libia non risolvono i nostri problemi che derivano dai ricatti delle dittature e dei fondamentalismi
Testata: Corriere della Sera Data: 23 febbraio 2006 Pagina: 1 Autore: Magdi Allam Titolo: «Troppe scuse a Gheddafi»
Dal CORRIERE della SERA di giovedì 23 febbraio 2006:
Chi l'avrebbe mai detto che saremmo dovuti intervenire a difesa di Roberto Calderoli, per scagionarlo dall'accusa di aver provocato l'assalto terroristico di Bengasi? E quindi difenderlo dalla responsabilità indiretta per i 14 morti uccisi dalla polizia libica davanti al nostro consolato. E non va neanche bene, come ha fatto Fini ieri, sostenere da un lato che se non ci fosse stata la provocazione di Calderoli «le manifestazioni difficilmente avrebbero preso di mira obiettivi italiani», per poi precisare, dall'altro, che «il vero problema sta nell'ondata di violenza globale che è stata scatenata dall'integralismo islamista». Così come c'è una incongruenza nella tesi di Pisanu secondo cui, per un verso, «nulla fino ad ora induce a previsioni pessimistiche per la sicurezza interna» ma, per l'altro, «non possiamo escludere l'ipotesi di autonome iniziative di rivalsa, anche individuali». Cari ministri, mettetevi nei panni degli italiani: quale messaggio recepiscono quando dite una cosa e l'esatto opposto? Di questi tempi il cerchiobottismo non può funzionare, perché l'estremismo e il terrorismo non si cancellano esorcizzandoli. Facciamo un minimo di cronaca giornalistica per spiegare la successione dei fatti. L'8 febbraio scorso la Repubblica intervista il ministro leghista e registra queste sue dichiarazioni: «Questa gente la sconfiggi solo con la forza (...) Deve intervenire il Papa, come fecero Pio V e Innocenzo XI nel '500 e nel '600». Lo stesso giornale il 9 febbraio interpella e pubblica la reazione del figlio di Gheddafi, Seif al-Islam: «Berlusconi deve licenziare quel ministro e chiedere scusa all'islam». Arriviamo al 15 febbraio scorso. A Tripoli il nostro ambasciatore Francesco Trupiano riceve nella mattinata una nota di protesta ufficiale in cui la Libia, nel condannare le dichiarazioni di Calderoli e nel chiederne le dimissioni, riapre minacciosamente il dossier delle relazioni bilaterali. Ed è solo nella serata del 15 febbraio che Calderoli esibisce su Raiuno,in modo irresponsabile e provocatorio, la maglietta con la vignetta su Maometto. Passano due giorni. I sermoni delle moschee di Bengasi, il cui testo deve essere approvato preventivamente dal regime, aizzano contro gli italiani. Ora sappiamo che la situazione è sfuggita di mano al regime, che la collera è stata strumentalizzata dagli integralisti islamici, che nel caos totale la polizia ha sparato all'impazzata. Ma è del tutto evidente che non c'è alcun rapporto di causa- effetto tra la provocazione di Calderoli e l'attacco terroristico al nostro consolato. Eppure il giorno stesso Berlusconi chiede le dimissioni di Calderoli. Il 18 febbraio Pisanu telefona a Gheddafi. L'Apcom afferma che «le spiegazioni (date da Pisanu) sarebbero state accolte con favore da Tripoli che comunque attenderebbe le dimissioni di Calderoli come segno tangibile della buona volontà italiana». Il 19 febbraio il figlio di Gheddafi dichiara compiaciuto: «Sì, l'ho detto dall'inizio di questa vicenda (che Calderoni doveva dimettersi). Berlusconi l'ha fatto ed è stato un gesto responsabile (...) Ma questo è il primo passo». Ora che Calderoli si è dimesso, i problemi di fondo restano irrisolti. La nostra classe politica, governo e opposizione, sembrano impegnati in un numero di magia che esorcizzerebbe il nemico e il pericolo facendo finta che non esistano e professandoci buoni, dialoganti e pacifici. Ci scusiamo con Gheddafi per l'attacco al nostro consolato. Ci scusiamo con l'insieme dei musulmani per le vignette pubblicate da un quotidiano danese quando lo stesso governo danese, attenendosi allo stato di diritto, non si è scusato. Ma al tempo stesso incrociamo le dita sperando che Dio ce la mandi buona. Insomma, neghiamo l'evidenza e ci facciamo del male.
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