I giudizi di Israele suonano, come da copione propagandistico, "duri, inappellabili, ultimativi". Prevale tuttavia "una certa cautela" e "la volontà assai discutibile di distinguere tra «la popolazione palestinese» e il «governo terrorista» di Hamas". Le virgolette apposte all'espressione governo terrorista rivelano il vero significato di questa frase ambigua: Hamas é il popolo palestinese sono "una sola cosa" e di terrorismo non si può proprio parlare. Fin da questo esordio la cronaca di Alberto Stabile pubblicata da REPUBBLICA il 20 febbraio 2006 si rivela faziosa e pervasa da un pregiudizio antisraeliano. La conclusione, sul "pragmatismo" del terrorista islamista dedito alla distruzione di Israele, non è da meno Ecco il testo:
GERUSALEMME - I giudizi suonano duri, inappellabili, ultimativi: «L´Autorità palestinese si trasforma di fatto in un´autorità terrorista. Israele non l´accetterà», dice il premier Ehud Olmert, aprendo i lavori del Consiglio dei ministri. Ma le misure approvate nella stessa riunione di governo, seppur destinate a provocare conseguenze pesanti, appaiono meno drastiche di quelle ventilate alla vigilia. È prevalsa, in sostanza, una certa cautela e, in fondo, la volontà assai discutibile di distinguere tra «la popolazione palestinese» e il «governo terrorista» di Hamas.
Del pacchetto di cosiddette "sanzioni" preparato dai vari consiglieri del governo, l´unica ad avere effetto immediato sarà la requisizione dei proventi fiscali. Israele cesserà di trasferire all´Autorità palestinese quei 50 milioni di dollari mensili in tasse doganali e balzelli che, in base ad un accordo economico finanziario sottoscritto nel ‘94, ancora sotto l´influsso degli accordi di Oslo, raccoglie per conto degli stessi palestinesi.
Nel tentativo d´interrompere il flusso di aiuti internazionali dai quali dipende non soltanto il funzionamento dell´Autorità palestinese ma la stessa economia dei Territori, il governo israeliano chiederà ai Paesi donatori di bloccare le loro contribuzioni, fatti salvi gli aiuti mirati a garantire «l´assistenza umanitaria alla popolazione».
Su questo punto è già evidente la spaccatura tra l´Europa da un lato e gli Stati Uniti e Israele dall´altro, e, dunque, all´interno di quel Quartetto (Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Nazioni Unite) che s´è fatto garante e sponsor della Road Map, il tracciato di pace proposto da George W. Bush per arrivare ad un negoziato definitivo che porti alla soluzione dei due Stati.
Decidendo di congelare i proventi delle tasse riscosse per conto dei palestinesi, Israele ha trovato una sponda nell´Amministrazione americana, la quale, pur invitando Israele a evitare una «crisi umanitaria» alla popolazione di Gaza e dei Territori, ha chiesto all´Autorità palestinese la restituzione di una tranche di aiuti, pari a 50 milioni di dollari, «per evitare che finiscano nelle mani di Hamas».
Quanto all´Europa, davanti a queste prime mosse punitive, l´Alto rappresentante per la politica estera e la difesa Javier Solana ha voluto mettere a verbale il suo disaccordo: «Proseguono i nostri rapporti con Abu Mazen, vogliamo che la popolazione palestinese continui a ricevere gli aiuti finanziari».
Per il presidente dell´Autorità palestinese, Mahmud Abbas (Abu Mazen), lo spettro di una grave crisi economica già sovrasta la sua amministrazione (che riceve oltre un miliardo di dollari l´anno in aiuti indispensabili ad appianare un deficit di 800 milioni di dollari e a garantire un minimo di sviluppo). «Sfortunatamente la pressione è cominciata e il sostegno economico sta già diminuendo. Siamo già di fronte ad una crisi finanziaria», ha messo in guardia Abu Mazen da Gaza dove è andato per cominciare, oggi, il negoziato con Hamas sul programma del nuovo governo.
Almeno per il momento, tuttavia, non ci sarà il blocco dei palestinesi che hanno il permesso di lavorare in Israele, ormai ridotti a poche migliaia al giorno. Né il blocco dei collegamenti tra Gaza e la West Bank, che fra le tante promesse di Oslo è rimasta allo stato teorico. In compenso saranno accresciuti i controlli ai valichi da e per la Striscia di Gaza, e all´interno della West Bank. Così come la «lotta al terrorismo» subirà un ulteriore giro di vite. Ieri, al confine tra Israele e Gaza, sono stati uccisi con un missile dell´aviazione israeliana due presunti miliziani in procinto di piazzare una bomba. Mentre, nel pomeriggio, due diciottenni che tiravano pietre contro le truppe israeliane impegnate in un rastrellamento, sono morti per i colpi dei cecchini.
«Noi non siamo interessati a provocare una crisi umanitaria e non stiamo combattendo contro i cittadini palestinesi, ma contro un governo terrorista che controlla l´Autorità palestinese», ha commentato Olmert. Immediata è arrivata la risposta di Ismail Haniyeh, indicato ieri ufficialmente da Hamas come il candidato del movimento a ricevere l´incarico di formare il governo.
«Le sanzioni - ha detto Haniyeh - non spavento i palestinesi. Queste misure vorrebbero mettere i palestinesi in ginocchio. Ma come in passato siamo stati capaci di superare molte sfide, lo stesso sapremo fare in futuro». Tono retorico, certo, ma di molti decibel più basso del tradizionale linguaggio di Hamas. Non a caso, Haniyeh, 46 anni, 11 figli, decano della facoltà di Letteratura araba all´Università islamica di Gaza, pupillo di Sheik Ahmed Yassin, il capo spirituale del movimento ucciso dagli israeliani nella primavera del 2004, viene considerato un «pragmatico», uno con cui «si può parlare»
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