Un grafico israeliano "fa il verso" alle vignette antisemite per dimostrare che la libertà d'espressione non è uno slogan ipocrita
Testata: La Stampa Data: 17 febbraio 2006 Pagina: 10 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «La beffa ebraica: vignette antisemite»
Un articolo di Fiamma Nirenstein sulla controversa iniziativa di un giovene artista grafico israeliano, da La STAMPA di venerdì 17 febbraio 2006:
OGNUNO ha la sua ispirazione, e quella del popolo ebraico è sempre stata densa di interrogativi. Adesso, anche in occasione della vicenda delle vignette anti Profeta, da Israele un giovanotto di 29 anni, di nome Amitai Sandy, artista grafico, nato a Tel Aviv, ha trovato una strada davvero strana per intervenire. Facciamoci da soli la satira più terribile, ha detto, che gli ebrei ridano degli ebrei e li sbeffeggino con vignette secondo il peggiore stile antisemita, e facciamogliela vedere noi se siamo in grado di applicare la libertà di espressione anche alla denigrazione di noi stessi. Un breve riassunto per capire: prima, su un giornale danese è uscita la vignetta incriminata: il profeta in veste di terrorista. Da qui è nata una micidiale protesta antioccidentale, carica di odio, con morti e feriti, in cui folle furiose hanno assalito ogni simbolo occidentale con promesse di vendetta. Ahmadinejad il presidente iraniano, affiancato dal leader degli Hezbollah Hassan Nasrallah oltre a suggerire al solito un’ipotesi di complotto ebraico dietro le vignette, hanno spinto sul pedale antisemita sostenendo che la libertà di espressione si può usare solo contro i mussulmani mentre è proibito ridere degli ebrei. Il giornale filogovernativo iraniano Hamshahri ha annunciato una gara per vignette sull’Olocausto per verificare i limiti della libera espressione. La prima vignetta mostrata è quella di Anna Frank a letto con Hitler, per suggerire che gli ebrei sono stati complici dei nazisti nel promuovere la Shoah, per propri loschi scopi. L’iniziativa di fatto non chiama in ballo la libertà di espressione, ma serve a suggerire che gli ebrei sono al di sotto del livello umano, animali degni di essere eliminati col loro stato, Israele. Tutti i giorni le vignette lo suggeriscono ossessivamente. Ovvero: sono strumento di propaganda, e non di satira. Amiytay Sandy spiega dunque: «Noi, invece, vogliamo rispondere alla sfida islamica in modo pacifico, solo dicendo che per noi non ci sono tabù o limiti di fronte a una risata su noi stessi. Abbiamo quindi chiesto agli ebrei di tutto il mondo di proseguire in quella che è una antica tradizione del nostro popolo, e di mandarci vignette antiebraiche, proprio così, antisemite. Ne abbiamo già ricevuto tante, in cui si ride di noi, e, lo si voglia o no, anche della disgustosa volgarità degli stereotipi antisemiti». Sandy, ci racconta, ha ricevuto molte lettere di congratulazioni che gli esprimono anche la speranza che il mondo musulmano impari qualcosa dalla disponibilità e dalla laicità degli ebrei. Dal museo della Shoah - Yad va shem - vengono però commenti non troppo soddisfatti: «Non ci sembra che questa sia la maniera migliore di rispondere» dice la portavoce Esti Yaari. Di fatto lo stereotipo dell’ebreo nasuto, armato, crudele, assetato di sangue, oggi purtroppo non è un’immagine sepolta nel tragico passato, ma piuttosto un attivo grilletto che mette in moto sentimenti fatali. Sandy, che è in genere non un caricaturista politico ma un autore di libri di satira anche per ragazzi, sorride: «Le vignette degli antisemiti continueranno, cercheranno sempre di colpirci... noi cerchiamo solo di dire una parola di civiltà e ironia nella disputa odierna. Forse anche loro comprenderanno che devono smetterla di essere tanto aggressivi e violenti, vedendo che noi crediamo davvero, ma proprio davvero, nella libertà di espressione». Le vignette ricevute da Amitay saranno mostrate prossimamente in una mostra a Tel Aviv. Quelle che accetta di mostrarci, sono davvero poco incoraggianti: anche se Amitay suggerisce l’ispirazione dell’autoironia ebraica di Woody Allen, dei fratelli Marx, di Charlot, degli eroici giornali yddish che in Polonia seguitarono a ridere degli ebrei fino allo sterminio, le vignette odierne (come questa in cui il profeta Mosé ricorda l’undicesimo comandamento «non ti dimenticare di dominare i media») sono più una sfida all’aggressività islamica che una forma d’arte. Una risata forzata. La battuta più carina l’ha mandata dagli Stati Uniti un ragazzo iraniano non ebreo: «Ho sentito dire che gli ebrei intendono dominare il mondo», scrive; «Spero accada presto». In realtà è difficile dimenticare quello che in Medio Oriente si vede ossessivamente sulla stampa araba: la satira sulla Shoah e sull’ebreo nasuto carico di dollari e missili, l’immagine di Sharon che mangia i bambini palestinesi con i denti da dracula, gli ebrei con le corna che vogliono come diavoli dominare il mondo e imporre un regime di sangue, non sono comici. Sono strumento di mortale propaganda.
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