Dal FOGLIO di mercoledì 15 febbraio 2006, un articolo su come la piena percezione del pericolo rappresentato dal regime iraniano sia comune alla destra e alla sinistra americane. E in Europa? Cosa aspettiamo a prenderne coscienza? Ecco il testo:
Milano. “Siamo nel 1935. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è più vicino a Hitler di quanto si possa pensare. Ora sappiamo chi è, il punto è: chi siamo noi? Siamo Stanley Baldwin o Winston Churchill?”. L’ex leader repubblicano alla Camera di Washington, Newt Gingrich, descrive così la crisi internazionale con l’Iran e con un presidente negazionista dell’Olocausto al comando di un paese ricco di gas e petrolio oltre che deciso a farsi la bomba atomica per esportare la rivoluzione islamista e distruggere Israele. Baldwin è il primo ministro britannico che negli anni Trenta rifiutò di riarmarsi e di considerare Hitler una minaccia, Churchill è il leader che ha riconosciuto il pericolo e lo ha affrontato. Chi siamo noi?
“Ahmadinejad è un dono dal cielo”, ha scritto provocatoriamente Reuel Marc Gerecht in un saggio sul Weekly Standard, perché “non pratica la taqqiyah, la tipica arte di dissimulazione sciita” adottata dai predecessori di Ahmadinejad per ingannare l’occidente e guadagnare tempo per costruirsi l’arma di sterminio. In Italia la sinistra di governo ci è cascata in pieno: Luciano Violante ha scritto la prefazione a un libro dell’ayatollah Khatami e ha detto pubblicamente che le idee politiche di Khatami erano “molto simili all’idea italiana di democrazia”. Giuliano Amato ha ricevuto Khatami con parole dolci: “Mohammad, sei tu la via per la democrazia”. Eppure è stato proprio il presunto riformista Khatami ad accelerare la corsa iraniana al nucleare. Ora che il mondo libero s’è svegliato e nessuno crede più alla barzelletta degli ayatollah riformisti, perfino l’iper pacifista Howard Dean, domenica mattina, ha detto: “L’Iran è uno stato terrorista. Non ci possiamo permettere in nessun modo che si doti di armi nucleari. Il presidente ha detto giustamente che nessuna opzione può essere tolta dal tavolo”. Mentre Hillary Clinton critica la Casa Bianca di aver sottovalutato la minaccia iraniana e di aver affidato agli europei la gestione della crisi.
La Casa Bianca è criticata anche dai cultori del cambio di regime, i quali accusano in particolar modo il Dipartimento di stato di aver bloccato al Congresso l’Iran Freedom and Support Act, dopo il passaggio in commissione a luglio dello scorso anno. I diplomatici hanno fatto pressioni sulla leadership del Congresso per evitare che l’approvazione di una legge che finanzia l’opposizione democratica iraniana potesse far saltare le trattative tra Teheran e il terzetto europeo. Trattative che sono fallite ugualmente, vista la caparbietà dei turbanti atomici. Il progetto di legge prevede l’assistenza alla transizione democratica in Iran attraverso il finanziamento diretto a gruppi d’opposizione laici, liberali e nonviolenti, il sostegno a televisioni e radio indipendenti e l’appoggio a un referendum nazionale sul regime.
Sempre dalla prima pagina del FOGLIO un articolo sulla repressione dei sindacati e delle manifestazioni non promosse dal regime.
Roma. In Iran ci sono due tipi di manifestazioni: quelle in cui la manovalanza di regime imbraccia molotov e vecchi slogan rivoluzionari per minacciare i suoi demoni occidentali – ultima, in ordine di tempo, la mobilitazione per le vignette su Maometto – e quelle in cui il regime brandisce le stesse molotov e gli stessi slogan per punire i cittadini. Di queste non si sente parlare: in Iran perché la censura funziona, in Europa perché le proteste di regime coprono tutto il resto. Il paradosso è che, mentre la maggioranza silenziosa subisce impunemente nell’indifferenza (o quasi) della comunità internazionale, gli aguzzini sono elevati dalla stampa occidentale a campioni rappresentativi della società iraniana.
Le ultime vittime di questa prospettiva distorta sono gli autisti della municipalità di Teheran: intimiditi, minacciati e percossi per aver cercato di difendersi dalle vessazioni delle finte organizzazioni del lavoro, controllate dal governo. Fondato nel 1968, il sindacato fu costretto a sciogliersi nel 1979. L’ayatollah Khomeini temeva che potesse trasformarsi nella roccaforte dei comunisti e per cautela preferì disfarsene. Nel 2004 il presidente, Mohammed Khatami, ha concesso una licenza al sindacato su pressione dell’International labour association, ma il ministero del Lavoro di Ahmadinejad ne contesta la legittimità. Di qui le proteste e la repressione. Le autorità temono che il sindacato si trasformi in un ben più pericoloso avversario del movimento studentesco, traendo ispirazione da Solidarnosc.
La prima ondata di arresti è iniziata a dicembre, dopo uno sciopero. Il leader del sindacato, Massour Ossanlu, è catturato e trasferito nella famigerata prigione di Evin, e altri 50 membri dell’organizzazione lo raggiungono prima della fine del mese, ma l’organizzazione non molla, chiede di poter operare liberamente e denuncia le intimidazioni del ministero del Lavoro. Una nuova manifestazione è indetta il 28 gennaio, ma tre giorni prima i capi dell’organizzazione sono convocati dalla Corte rivoluzionaria e arrestati. Il 27 gennaio altri 60 appartenenti al sindacato sono rinchiusi a Evin e accusati di rappresentare una minaccia alla sicurezza nazionale. “Sono entrati e hanno chiesto di mio padre, mia madre ha risposto che non c’era. L’ hanno colpita al cuore con calci e pugni”, ha raccontato la dodicenne Mahdiye Salimi, figlia di uno degli arrestati.Violenze e rastrellamenti raggiungono l’acme il 28 gennaio. Sono almeno seicento, ma forse anche mille, i membri del sindacato nella custodia dei puri di Ahmadinejad.
Il giorno dello sciopero gli autisti che non sono stati arrestati sono costretti a salire sugli autobus per effettuare regolarmente il loro tragitto, ma molti cittadini a Teheran si rifiutano di usare i mezzi di trasporto in segno di solidarietà. Hanno denunciato le violenze Human Rights Watch e Amnesty International, ma in Europa se ne sono accorti in pochi. In America li ha ricordati, invece, il presidente Bush nel discorso sullo stato dell’unione e il dipartimento di stato ha espresso indignazione per gli arresti e sostegno alle istanze legittime dei dimostranti.
E il testo del discorso di Ahmadinejad trasmesso da Jaam-e Jaam Tv l'11 febbraio 2006:
L’affronto all’onore del Profeta dell’islam è un affronto al culto di Dio e alla ricerca della verità e della giustizia, e un affronto a tutti i profeti di Dio. Ovviamente, tutti coloro che oltraggiano l’onore del Profeta dell’islam… Dal pubblico: “Morte alla Danimarca, morte alla Danimarca, morte alla Danimarca!” (…) Come rappresentante del grande popolo iraniano, chiedo a tutte le persone libere del mondo – cristiani ed ebrei – di insorgere insieme con i musulmani e di non lasciare un piccolo gruppo di sionisti senza vergogna – sconfitti in Palestina – a oltraggiare la santità del Profeta. Chiedo il loro intervento per evitare che pochi, deboli governi – che devono la loro ascesa al potere al sostegno dei sionisti – li sostengano in questa maniera orribile. Come ho già detto, nel momento in cui alcuni governi aggressivi d’Europa sono coinvolti, nel momento il cui il Grande Satana (gli Stati Uniti, ndr) è coinvolto, allora è possibile oltraggiare l’onore dei profeti divini, invece diventa un crimine porre domande sul mito dell’Olocausto e su come il falso regime che occupa la Palestina abbia cominciato a esistere. Sulla base di questo mito, il devastante regime sionista è riuscito, per sessant’anni, a estorcere soldi da tutti i governi occidentali e a giustificare i suoi crimini nelle terre occupate, uccidendo donne e bambini, demolendo case, rendendo rifugiati quelle che erano persone indifese Quando organizziamo proteste contro di loro (gli europei, ndr), rispondono: “Nei nostri paesi c’è la libertà”. Mentono quando dicono che hanno la libertà. Sono ostaggi nelle mani dei sionisti. Gli europei e gli americani dovrebbero pagare il prezzo più caro di questa presa in ostaggio. Com’è successo che è diventato permesso oltraggiare l’onore dei profeti nei vostri paesi, ma è vietato indagare il mito dell’Olocausto? Siete un branco di tiranni, dipendenti dai sionisti e loro ostaggi. Abbiamo una proposta: se non state mentendo, lasciate che un gruppo di onesti, neutrali ricercatori vengano in Europa, parlino con le persone, esaminino documenti, e rendano noti i risultati della ricerca sul mito dell’Olocausto. Voi avete addirittura impedito ai vostri stessi studiosi di fare ricerche su questo argomento. Hanno il permesso di studiare di tutto, tranne il mito dell’Olocausto. Non sono questi metodi medievali? (…) Anche oggi un gruppo di persone si è riunito e ha detto: “Dichiariamo che l’Olocausto è avvenuto e tutti devono pensare che è vero”. E’ un modo di pensare medievale. Se state cercando il vero Olocausto, dovete andare in Palestina. Là, i devastanti sionisti massacrano il popolo palestinese tutti i giorni. Se state cercando i crimini dell’Olocausto, potrete trovarli in mezzo al popolo oppresso dell’Iraq (…). Il vostro comportamento è l’essenza del liberalismo occidentale (…). Finora, la Repubblica islamica d’Iran ha operato sulla questione del nucleare nel quadro stabilito dall’Agenzia atomica e dal Trattato di non proliferazione (Tnp). Ma se ci accorgiamo che voi state cercando, sulla base di queste regolamentazioni, di negare al popolo iraniano i suoi diritti, sappiate che il popolo iraniano rivedrà le sue politiche (…). Avete distrutto il prestigio del Tnp. Dovreste sapere che il popolo iraniano non rinuncerà al suo incontestabile diritto. Ascoltate bene: questa è la voce del popolo iraniano, dice quel che pensa dell’energia nucleare. Ascoltate bene. Dal pubblico: “L’energia nucleare è un nostro incontestabile diritto! L’energia nucleare è un nostro incontestabile diritto!”. (…) Dovreste essere grati che il nostro popolo si sia comportato in modo tanto nobile e sia stato così paziente. Vogliamo restare pazienti. Non fateci perdere la pazienza. I popoli si sono risvegliati. Il mondo dell’islam si è risvegliato. Non fateci riconsiderare le nostre politiche”. © Memri
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