Già il titolo lascia perplessi: "Vignette choc, ora tocca all'Olocausto". Prima è toccato Maometto, oggi alla Shoah, sottointende il quotidiano cattolico il 14 febbraio 2006, come se davvero vi fosse un' equivalenza tra la serie di illustrazioni raffiguranti Maometto, tra le quali alcuni dirette a una critica della religione islamica, e gli insulti alla memoria della Shoah del concorso indetto dal regime negazionista di Teheran. Nell'articolo poi si moltiplicano la confusione e le indebite equiparazioni morali. Scrive Francesca Bertoldi: "Non bastasse, a mettere carne sul fuoco è arrivato anche il quotidiano tedesco Der Tagesspiegel che, nel fine settimana, a margine del dibattito in corso in Germania sull'opportunità di impiegare l'Esercito per la sicurezza ai mondiali di calcio della prossima estate, ha pubblicato una vignetta che raffigura quattro calciatori iraniani con le magliette coperte da grandi cinture esplosive da kamikaze. L'Iran ha chiesto «pubbliche scuse» da parte del quotidiano tedesco." E' noto che il regime iraniano arruola apertamente "shahid", candidati al "martirio" jihadista e incoraggia il terrorismo palestinese. La richiesta di scuse per la vignetta del Der Tagesspiegel é dunque un esempio di assoluta ipocrisia. Criticare, come fa la Bertoldi, il quotidiano e non Teheran è quanto meno un segno di ingenuità. Paragonare la vignetta del quotidiano tedesco a quelle neonaziste sponsorizzate da Ahmadinejad va però molto oltre la semplice ingenuità. Significa rifiutarsi di capire e di chiamare le cose con il loro nome.
Ecco il testo:
La vignetta è divisa in due parti. La prima si intitola «Auschwitz 1942»: si vede un ebreo che entra nel campo di concentramento portando un fagotto. Sopra il cancello, la famigerata scritta: «Il lavoro rende liberi». Nella seconda, intitolata «Israele 2002», si vede lo stesso ebreo che, con un fucile a tracolla, si avvia verso un campo simile a quello di Auschwitz: oltre il reticolato, è in corso un combattimento. Questa volta sopra il cancello è scritto: «La guerra porta la pace».
La caricatura sull'Olocausto è stata pubblicata ieri su un sito iraniano che, insieme al quotidiano Hamshahri, ha indetto un concorso internazionale per vignette su questo tema: un'inizitiva annunciata nei giorni scorsi come reazione alle caricature sul profeta Maometto pubblicate da diversi giornali in Europa.
Non bastasse, a mettere carne sul fuoco è arrivato anche il quotidiano tedesco Der Tagesspiegel che, nel fine settimana, a margine del dibattito in corso in Germania sull'opportunità di impiegare l'Esercito per la sicurezza ai mondiali di calcio della prossima estate, ha pubblicato una vignetta che raffigura quattro calciatori iraniani con le magliette coperte da grandi cinture esplosive da kamikaze.
L'Iran ha chiesto «pubbliche scuse» da parte del quotidiano tedesco. E intanto la Procura generale della Repubblica islamica ha "avvertito" che si assumerà il compito di «perseguire e punire» i responsabili delle caricature di Maometto se non lo faranno le magistrature dei Paesi in cui sono state pubblicate (in Iran, in base alla legge islamica, è prevista la pena di morte).
La questione iraniana sembra dunque destinata a riaccendere gli animi già esacerbati da una crisi che va avanti ormai da una settimana. Ieri, per cercare di ricucire i rapporti fra islam e Unione europea, il rappresentante Ue per la Politica estera, Javier Solana, ha incontrato a Gedda, in Arabia Saudita, il segretario generale dell'Organizzazione della conferenza islamica (l'O ci, che riunisce 57 Stati musulmani del mondo) Ekmeleddin Ihsanoglu, prima tappa della sua tournée diplomatica in tutto il Medioriente.
Compito non facile, quello di Solana. Perché i sentimenti anti-occidentali e anti-cristiani crescono di giorno in giorno. Spesso abilmente "monopolizzati" dagli organi di stampa. «Fintanto che su canali televisivi e sui giornali assistiamo a programmi che mettono in cattiva luce il cristianesimo e lo mostrano nemico dell'islam - ha detto monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, nella sua omelia di domenica nella cattedrale di Iskenderun, nella Turchia meridionale -; fintanto che persone come la moglie dell'ex primo ministro Bulent Ecevit dichiarano in tv che "la religione islamica sta scappando dalle nostre mani e sono molti i musulmani che si convertono al cristianesimo", come possiamo pensare a un clima di pace?».
A dimostrare quanto ancora si sia lontani da una soluzione, le proteste in atto in tutto il mondo musulmano. Ieri, l'episodio più grave si è registrato in Pakistan, a Peshawar, dove migliaia di studenti hanno assaltato uffici e negozi collegati ad interessi occidentali e anche l'università cristiana. Ma scontri e violenze ci sono state anche in Egitto, e a Hebron (Cisgiordania)
"Hamas: siamo pronti a rinunciare alle armi" è il titolo dell'articolo di Giorgio Ferrari sulle dichiarazioni propagandistiche di Hamas. Il richiamo in prima è ancora più ingannevole : "Hamas annuncia stop alla violenza se Israele si ritira. No di Gerusalemme". Anche l'articolo è impostato in modo fuorviante. Le dichiarazioni di Hamas sono presentate come una riedizione del piano saudita del 2002, già di per se improponibie, in quanto poneva come condizioni per il semplice riconoscimento dell'esistenza di Israele (non per la pace definitiva) da parte del mondo arabo il ritiro israeliano da tutti i territori e da Gerusalemme Est e una soluzione della questione dei profughi accettata anche dai palestinesi (ai quali veniva dunque riconsegnata la possibilità di prolungare indefinitamente il conflitto di Israele con l'intero mondo arabo). Il "piano" di Hamas, va notato, é però ancora peggiore di quello saudita, in quanto non prevede nessun riconoscimento , anzi, ne esclude esplicitamente la possibilità. Ciò che manca maggiormente alla cronaca di Ferrari è comunque una chiara informazione sulle vere intenzioni di Hamas. Informazione che non è difficile procurarsi, dato che i vari leader della formazione terroristica sono piuttosto espliciti. Per esempio al Zahar ha dichiarato: “ Vogliamo tutta la Palestina. La calma serve per il nuovo round. Cancelleremo Oslo" (vedi israele.net ). Invece di presentare il quadro d'insieme, caratterizzato da un'univoca costanza della posizione di Hamas, Ferrari si limita a scrivere:
ha detto i leader Khaled Meshal, "Israele è un Paese nemico che svolge nei nostri confronti una politica di aggressione: non verrà riconosciuto in lacun caso e che il movimento islamico farà ciò che è in suo potere per distruggere l'entità sionista"
per poi concludere
Basta questo per far dire al premier ad interim Olmert che "Israele non si farà ingananre da Hamas, da cui ci attendiamo che prenda una posizione ferma e chiara in merito alle condizioni che sono state poste per la conduzione dei nostri rapporti con loro"
come se Israele avesse preso a pretesto una dichiarazione isolata .
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