Le aperture ad Hamas cancellano la road map vengono da Russia, Turchia, Francia e Spagna
Testata: Il Foglio Data: 14 febbraio 2006 Pagina: 4 Autore: Anna Barducci Mahjar Titolo: «Il premier palestinese»
Dal FOGLIO di martedì 14 febbraio 2006:
Tunisi. Hamas non è più un movimento bandito dall’intera comunità internazionale, nonostante continui a comparire nella lista dei gruppi terroristici di Unione europea e Stati Uniti. Russia, Francia, Turchia e altri paesi del medio oriente sono disposti a tessere rapporti diplomatici con il gruppo islamico. Nei giorni scorsi, Khaled Mashaal, leader di Hamas a Damasco, ha dichiarato che il movimento creerà “un nuovo modo di fare politica”: cioè dimostrare che è possibile essere accettati da altri stati pur senza aver riconosciuto Israele. La strategia dell’“hudna” (tregua) decennale va in questa direzione, ma il gruppo ha dichiarato più volte la volontà di mantenere intatta la propria identità di movimento di liberazione e di non volere aprire alcun dialogo con Israele, nonostante le tante pressioni interbazionali. “C’è una differenza tra negoziare e avere contatti (con gli israeliani, ndr) nei canali esistenti (accordi firmati dall’Olp, ndr), questi servono soltanto a proteggere gli interessi dei palestinesi – ha detto Ismail Haniye, capolista del gruppo nelle elezioni legislative e, secondo molte indiscrezioni, possibile primo ministro del prossimo governo dell’Anp – Ciò non significa affatto un riconoscimento dell’altro, si tratta soltanto di un fatto circostanziale”. Ma le regole imposte dal gruppo armato sembrano già dare i primi risultati. Durante una visita a Madrid, Vladimir Putin, presidente russo e membro del Quartetto per la road map, ha annunciato la sua intenzione di invitare a Mosca una delegazione di Hamas. L’incontro potrebbe già venire a fine mese, nonostante la reazione dura di Israele – che ha sottolineato i legami tra il Movimento islamico e la guerriglia cecena antirussa – e la richiesta di spiegazioni di Washington, che vede in pericolo il progetto della road map. Il premier spagnolo, José Luís Zapatero, ha accolto favorevolmente la presa di posizione russa, decretando il suo sostegno a tutte le “iniziative individuali” in questa direzione. La Turchia ha proposto di adottare la stessa politica del Cremlino e di iniziare rapporti con il nuovo governo palestinese. Secondo il quotidiano egiziano al Ahram, l’ambasciatore americano ad Ankara avrebbe definito la decisione turca “molto positiva”. Anche la Francia ha detto di voler seguire la politica del “dialogo”, anche se da parte di Hamas non sussiste la volontà di aprire negoziati con Israele. Poi ci sono i soliti – Siria e Iran – che hanno espresso il totale sostegno al nuovo governo, con il corollario – sottolineato con solerte frequenza dal leader iraniano, Mahmoud Ahmadinejad – della distruzione di Israele. Il Qatar sta finanziando per Hamas una banca per lo sviluppo nei Territori; l’Arabia Saudita, per paura di una reazione americana, non ha dichiarato il suo sostegno, ma non si dispiace della vittoria del Movimento islamico e ha già offerto ingenti somme di denaro. All’interno dell’Anp, il partito sconfitto del presidente Abu Mazen, Fatah, sta cercando di non perdere il controllo della situazione. Il rais, dopo aver tolto al ministero dell’Interno la gestione delle forze di sicurezza, ha sottratto ieri alla competenza del Parlamento anche la nomina dei giudici. Hamdan, leader di Hamas in Libano, ha subito fatto sapere che nessuna delle decisioni prese in questa fase transitoria saranno accettate dal nuovo governo. Ma i pragmatici di Hamas sanno di aver bisogno di Abu Mazen per i contatti “circostanziali” con Israele e per scongelare i finanziamenti: per questo tentano di formare un governo di coalizione. Tra due giorni, il Movimento islamico si riunirà con le varie fazioni palestinesi ed entro due settimane – sostengono i vari portavoce – sarà presentato il nuovo governo. Hamas, per tutelarsi da un eventuale non-accordo con Fatah, sta organizzando un governo dall’apparenza innocua, tecnico e dialogante. Asharq al Awsat, quotidiano arabo con base a Londra, ha scritto che il nome più ricorrente per il ruolo di premier è quello di Haniye, ma Hamas ha smentito ogni indiscrezione. Fonti del Foglio interne a Hamas sostengono invece che sia ancora il nome di Jamal Khodary, circolato già settimana scorsa, il più accreditato. Khodary, che viene da una famiglia di industriali (produttori di letti) ed è oggi il rettore dell’Università islamica di Gaza, ha l’aspetto europeo e i modi borghesi: si era presentato come candidato indipendente alle elezioni, vincendo un seggio. Con posizioni in linea con Hamas, potrebbe essere lui il nuovo volto presentabile del movimento.
Cliccare sul link sottostante per inviare uane-mail alla redazione del Foglio