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Gara a chi la dice più grossa tra gli araldi del pensiero pacifista 09/06/2006
Spettabile Redazione,
 

tra i benpensanti araldi del pensiero pacifista mi pare ci sia in atto una gara a chi la fa (o la dice) più grossa. Dopo che Diliberto si è affettuosamente incontrato con il capo degli Hezbollah (considerato dall’impareggiabile segretario del Pdci quale autorevole e qualificato interlocutore per promuovere la pace in Medio Oriente, mica come quel boia di Sharon), dopo che la gentile signora Morgantini ha messo in guardia le brave persone contro i ricatti di chi denuncia pretestuosamente il pericolo rappresentato dall’antisemitismo, dopo che la stampa progressista ci ha spiegato come le sommosse nei Paesi islamici successive alla pubblicazione delle vignette su Maometto siano colpa… dello Stato di Israele (come spiega mirabilmente nel suo ultimo editoriale la Signora Deborah Fait), Francesco Caruso, leader dei Disobbedienti e candidato con Rifondazione comunista in Calabria, ha deciso di non essere da meno e invitato a manifestare la propria opinione sui terroristi suicidi che seminano morte in Medio Oriente, ha spiegato che, secondo lui, «i kamikaze (sic!) sono una forma di disperazione sociale»; di conseguenza, per tale ragione, «non mi sento di condannarli». Mirabile ragionamento, questo. È come se io dicessi che la violenza fanatica delle Camice Brune di hitleriana memoria fosse dovuta alla disperazione di molti tedeschi per le condizioni imposte dal trattato di Versailles (che richiedevano alla Germania onerose riparazioni di guerra, con inevitabili ripercussioni economiche) e non già all’intrinseca perversa malvagità della loro pessima ideologia. A sentire Caruso, coloro che massacrano innocenti mediante le cinture esplosive sono tutti bravi figlioli che in circostanze normali non farebbero del male a una mosca e passerebbero il tempo a raccogliere i mughetti, se non fosse (maledetta scalogna) che Hitler prima ed i tiranni arabi poi hanno fallito nel portare a compimento la loro meritoria "soluzione finale" del problema ebraico. Per certa gente, si sa, l’unico ebreo buono e degno di rispetto è quello che è passato per le ciminiere dei forni crematori. Una domanda a questo punto al Professor Prodi: se l’Unione dovesse vincere le elezioni, quali saranno i futuri rapporti tra Italia e Israele in vista di un esecutivo sostenuto da certe teste pensanti come quelle sopra citate? Vorrei anche fare un accenno alle polemiche scoppiate all’Università Roma 3, dopo la decisione della Preside della Facoltà, Maria Paola Potestio, avallata dal Rettore Guido Fabiani, di vietare la manifestazione in ricordo delle vittime italiane trucidate tra il 1943 e il 1945 dagli sgherri di Tito, organizzata dai giovani di «Azione universitaria», movimento studentesco vicino ad AN, e dal "Comitato 10 febbraio". «Il mio "no" – ha spiegato la Preside - è stato dettato dalla crudezza di certe immagini. Ho pensato che una mostra così potesse accendere gli animi e suscitare tafferugli. Ma se altrove tutto andrà liscio ammetterò pubblicamente di aver sbagliato, chiedendo scusa». Verrebbe da chiedere alla Preside: e le immagini degli ebrei deportati nei campi di sterminio, allora? È stato forse un errore che abbiano fatto il giro del mondo per dare testimonianza della bestialità del Terzo Reich? Oppure per la Preside, le fosse piene di corpi carbonizzati, le pile di cadaveri ammonticchiati, i visi martoriati e sfigurati dei sopravvissuti, le orrende cicatrici di coloro che venivano utilizzati come cavie umane per atroci esperimenti (per non parlare di paralumi, stringhe e sapone ottenuti da corpi umani), non sono forse immagini abbastanza crude? È probabile che la Preside ignori ciò che disse il giornalista americano Edward Murrow, corrispondente della CBS in Europa, allorché entro nel campo di sterminio a Buchenwald: «se state facendo colazione, spegnete la vostra radio, perché intendo parlarvi di Buchenwald», concludendo a chiusura della radiotrasmissione: «se con la mia descrizione di Buchenwald vi ho disgustati, ebbene, vi dico che non mi dispiace affatto». Davvero la Preside ritiene che la delicatezza di stomaco di qualcuno giustifichi la censura sulla visione dei delitti compiuti dai dittatori criminali?

 
Molti cordiali saluti
Luigi Prato, Sassari

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