Un bambino prodigio – Irène Némirovsky Casa editrice Giuntina
A rivelare Irène Némirovsky in Italia è stato il libro Suite francese uscito da Adelphi alla fine del 2005 e tuttora ai primi posti nelle classifiche dei libri più venduti. Questo magnifico romanzo, che narra i primi bombardamenti su Parigi e l’arrivo dei tedeschi nel 1940, è rimasto incompiuto perché l’autrice, ebrea, viene deportata ad Auschwitz dove muore nelle camere a gas. Allo scoppio della rivoluzione d’Ottobre Irène Némirovsky, ancora adolescente, fugge con la sua famiglia dalla Russia e trova rifugio in Francia dove si iscrive alla facoltà di Lettere della Sorbona. Irène debutta presto nel mondo letterario; nel febbraio del 1926, ancor prima del suo romanzo d’esordio, David Golder, dal quale sarà tratto un film, pubblica una novella intitolata “Un bambino prodigio” che ora la casa editrice Giuntina ripropone ai lettori italiani. E’ il racconto della tragica storia di Ismaele Baruch, un bambino ebreo nato in una famiglia povera e numerosa di Odessa. I fratelli di Ismaele “non appena erano un po’ cresciuti, migravano verso il porto dove facevano i mestieri più strani; aiutavano gli scaricatori, i facchini, vendevano cocomeri rubati…..a casa non tornavano quasi mai, ghermiti dalla città o dal mare, ma la maggior parte moriva in tenera età”. Ismaele impara a leggere e a scrivere a casa del Rabbi “che per un rublo al mese insegnava l’alfabeto ai ragazzi del quartiere”. A casa del Rabbi Ismaele stava bene perché era caldo ma quando “gli si volle insegnare a contare scappò e diventò un vagabondo del porto, come i suoi fratelli avevano fatto prima di lui”. Peregrinando fra l’umanità che brulicava nel porto Ismaele comincia a frequentare, insieme a marinari e vagabondi, le bettole del quartiere e presto si accorge di possedere doti di poeta: quando qualcuno era triste Ismaele cominciava a cantare, inventando le parole e scandendo le frasi secondo il ritmo delle canzoni popolari. “Tutta la notte lo fecero cantare; riprendevano in coro i ritornelli che egli scopriva nella sua anima, come tesori deposti lì da Dio fin dall’eternità”. Questo dono prodigioso incanta un aristocratico, il poeta Romain Nord,che decide di toglierlo dalla strada e di portarlo dalla sua amante, una ricca vedova che Ismaele chiamerà sempre la “principessa”. Il bambino vive in una casa stupenda coccolato e vezzeggiato dalla “principessa” che tuttavia lo considera come una scimmia ammaestrata. Ismaele, ormai adolescente, si ammala gravemente; dopo lunghe settimane di febbre e delirio si riprende ma scopre di non possedere più i talenti che nell’infanzia gli avevano permesso di brillare e arriva a giudicare puerili quei versi e quei canti che avevano suscitato tanta ammirazione attorno a lui. Pur cercando l’ispirazione nelle letture cui si è dedicato si accorge che la cultura non lo renderà un genio e, anzi, la sua originalità ne risulterà distrutta. A quel punto anche la “principessa” lo allontana e a Ismaele non resterà che tornare nel vecchio ghetto di Odessa dove però si accorge di non avere più legami con quel mondo. Ormai è un giovane assimilato e il mondo nel quale aveva trascorso la sua infanzia lo respinge. “L’indomani trovarono Ismaele impiccato in cantina….si era dato la morte con semplicità, una morte modesta, senza scalpore….” Anche l’autrice di questa straordinaria novella si sentiva lacerata fra due mondi: ebrea e russa di nascita aveva cercato di assimilarsi diventando cattolica e francese. Eppure l’assimilazione nella quale credettero tanti ebrei francesi e tedeschi non potè salvarla dalla barbarie nazista alla quale dovette soccombere per l’unica colpa di essere ebrea. Ammirati dalla forza narrativa delle sue storie drammatiche e commoventi, dove vita e finzione si mescolano e si intrecciano, nel fluire di una prosa nitida, senza retorica né sentimentalismi, non possiamo che rimpiangere i capolavori che Irène Némirovsky avrebbe potuto scrivere e accogliere con riconoscenza ogni nuova opera che gli editori italiani ripropongono.