Alain De Benoist, esponente di una destra antiliberale, antisionista e antiamericana, sul GIORNALE di giovedì 9 febbraio 2006 interviene sulla vicenda delle vignette danesi allineando luoghi comuni cari anche al progressismo "multiculturalista: i musulmani hanno ancora il senso del sacro che noi occidentali abbiamo perduto, acquistando così quella libertà di espressione che non possiamo imporre a popoli tanto diversi. Come al solito, si ignora che in realtà sono i musulmani fondamentalisti a voler imporre modifiche dell'ordinamento giuridico occidentale, adattandolo alla sharia, che tra i musulmani vi sono dissidenti che invocano il diritto alla libertà d'espressione, e che tra gli occidentali vi sono persone dotate di senso del sacro. Il fatto che non siano disposte a uccidere chi offende i loro sentimenti religiosi (come invece sono dispostissimi a fare i fondamentalisti islamici : ed'è questa, non, come pensa De Benoist, la disponibilità a morire, la loro caratteristica peculiare) dimostrerebbe forse che li hanno in grado inferiore? La diponbilità al crimine è la misura del senso del sacro?
De Benoist formula inoltre un paragone tra le vignette danesi e le vignette antisemite che l'Europa non sarebbe altrettanto disposta ad accettare. Quest'ultima ipotesi è contraddetta dai fatti, mentre l'assimilazione di una critica della religione islamica come quella contenuta in alcune delle vignette danesi (altre erano neutrali)( critica compiuta in un momento nel quale i terroristi si richiamano a quella religione per giustificare i loro atti), alla demonizzazione sistematica di un intero popolo, compiuta richiamando temi e stereotipi sedimentati in secoli di pregiudizio, é solo un tentativo di intorbidare le acque (nel migliore dei casi un'ingenuità).
Ecco il testo:
Le violente reazioni alle caricature di Maometto - prima su un giornale danese, poi su vari altri occidentali - erano prevedibili, vista l'estrema suscettibilità musulmana per le raffigurazioni, soprattutto se satiriche o derisorie, del Profeta. Ma perché (...) queste reazioni sono venute così tardi? Infatti i disegni incriminati sono apparsi sul Jyllands-Posten - fra i maggiori quotidiani danesi - il 30 settembre, quasi cinque mesi fa: intitolata «I dodici volti di Maometto», la serie era presentata come commento all'«autocensura» di vari disegnatori e illustratori danesi, che non avevano voluto contribuire al libro di Kaare Bluitgen Koranen og profeten Muhammeds liv («Il Corano e la vita del profeta Maometto»). Al momento, il caso aveva suscitato solo echi locali: in particolare la protesta degli ambasciatori musulmani a Copenaghen.Mail caso è riesploso a fine gennaio e il 30 ha spinto il direttore del Jylland-Posten a «scusarsi» coi musulmani offesi. Che cos'era accaduto? La vittoria di Hamas nelle elezioni palestinesi. E la campagna internazionale perché l'Unione Europea non finanziasse più l'Autorità palestinese. I musulmani del mondo in piazza contro l'Europa, scatenati contro le sue ambasciate, i manifestanti palestinesi violenti mostrati in tv, hanno spinto l'opinione pubblica europea a ritenere ovvio sospendere quel finanziamento. Davanti alle proteste islamiche, la maggior parte dei Paesi europei ha elogiato la «libertà d'espressione» (ma le caricature non sono state riprodotte né in Israele, né negli Stati Uniti e gli americani, come gli inglesi, ne hanno giudicato sconveniente la pubblicazione). E ciò pone altri problemi. Bella la libertà d'espressione, ma ogni libertà è responsabilità. «Terribile la libertà cui non corrisponde un dovere», dice André Gide. Però la libertà d'espressione non può esser limitata. Non è un diritto pensato per le opinioni dominanti e condivise, ma per quelle disturbanti o urtanti. Ammesso il «diritto alla blasfemia», va ammesso che non sia limitato. In Europa però la libertà d'espressione non è mai stata totale. Ancor oggi certe frasi od opinioni sono, a ragione o a torto, vietate dalla legge e i loro fautori soggetti a condanna penale. Chi trova normale caricature antimusulmane in un «Paese libero », accetterebbe anche caricature antiebraiche? Direbbe che «sono solo caricature», lasciando capire che è troppo «suscettibile» chi s'offende? Certo no. Alcuni Paesi europei puniscono l'antisemitismo, nessuno punisce l'islamofobia. «Due pesi, due misure», obiettano i musulmani. Infine, se la blasfemia pare così trascurabile agli occidentali, non è perché costoro, perso il senso del sacro, non credono più in nulla? Ancora recentemente la blasfemia era punita in molti Paesi europei: certe cose erano intollerabili, certi pensieri erano proibiti. E oggi definiscono «fanatici» atteggiamenti che furono loro. Il sociologo Zygmunt Bauman sottolineava di recente «la rapidità con la quale la volontà di sacrificare la vita per una causa s'è vista condannata, indicata come sintomo di fanatismo religioso, ritardo culturale o barbarie, in Paesi che, per secoli, hanno presentato il martirio per la causa come prova della sua santità. La libertà d'espressione può anche essere la maschera dell'indifferenza ». I Paesi occidentali hanno conquistato la libertà d'espressione in secoli di lotta (contro la Chiesa, per lo più). Ci sono riusciti solo quando la loro società era del tutto «disincantata » (Max Weber). I Paesi musulmani non ci sono ancora. C'è fra loro un distacco, meno nello spazio che nel tempo: i popoli del mondo non vivono la stessa ora della storia.
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