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Il Foglio Rassegna Stampa
09.02.2006 La vicenda delle vignette danesi vista da Israele
dove ci si chiede: "che cosa deve ancora accadere perché l'Europa si svegli "?

Testata: Il Foglio
Data: 09 febbraio 2006
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Per le vie di Gerusalemme si tifa Danimarca, ma non Europa»

Da Il FOGLIO di giovedì 9 febbraio 2006:

Gerusalemme. “A Tel Aviv ho visto arabi israeliani protestare in modo pacifico fuori dall’ambasciata danese, senza violenza”. Uri Ginott ha vent’anni, è uno studente universitario, e al Foglio racconta che “si può capire che musulmani siano offesi” dalle vignette su Maometto pubblicate dal quotidiano danese Jyllands Posten, la protesta è lecita, ma ciò “non giustifica l’incendio dei palazzi e delle bandiere della Danimarca né gli assalti ai turisti europei” che ancora ieri si sono verificati nei Territori, tanto che la missione di monitoraggio dell’Unione europea a Hebron, in Cisgiordania, ha dovuto abbandonare la città. La violenza è incomprensibile per chi, come gli israeliani, è abituato a essere oggetto di satira feroce, come ricorda un’amica di Uri, Lia: “I giornali palestinesi sono pieni di vignette antisemite, ma non è che gli israeliani e gli ebrei si mettono ad assaltare le moschee o a bruciare le bandiere dei paesi musulmani o a paragonare i musulmani ai nazisti”. Un signore sulla cinquantina sente i ragazzi parlare, s’avvicina e dice: “Il mondo si perde a parlare del clima e del riscaldamento della terra e non s’accorge che il vero problema è il jihad globale – il tono è preoccupato – Eppure dovrebbe essere tutto chiaro, soprattutto dopo quel che è successo in medio oriente, in Afghanistan e in Europa, a Londra per esempio”. Le proteste contro le vignette sul Profeta, fuori e dentro il Vecchio continente, non accennano a diminuire, nonostante il Consiglio degli ulema e la Corte suprema afghani ieri abbia lanciato un appello per bloccare le violenze. Alcuni direttori che hanno deciso di riprodurre i disegni sono sotto processo, come in Yemen e Giordania, e sono in arrivo altre manifestazioni – a Parigi, sabato, scendono in piazza le associazioni musulmane – e il boicottaggio dei prodotti danesi è diventato altrettanto globale. Israele costituisce un’eccezione. Sugli scaffali dei negozi di Gerusalemme compaiono i brand danesi, anzi, secondo alcuni ne è cresciuto l’acquisto, in segno di solidarietà. Ashirah Yosefah, una bella signora quarantenne, sta andando a fare la spesa: dice al Foglio di non avere sulla lista della spesa più prodotti danesi rispetto a prima – “ma sono molto preoccupata per le ripercussioni economiche sul popolo danese”, puntualizza – perché “l’estremismo” mostrato dai musulmani “indica che le vignette danesi non sono né la vera fonte né la vera motivazione di tutta questa violenza”. Il caso è stato montato da religiosi e predicatori – soprattutto dall’imam Abu Laben in Danimarca e da Yusuf Qaradawi su al Jazeera – ben dopo la pubblicazione dei disegni – che risale al 30 settembre 2005 – con lo scopo specifico di infiammare la piazza musulmana. Yosefah lo ricorda: “Sarebbe un vantaggio per tutti se ci mettessimo a valutare la reale ragione di questa violenza e il pericolo che l’occidente corre oggi. E’ evidente che esiste un doppio standard”, conclude. La reazione – tra la paura e il silenzio – dell’Europa ne è un ennesimo segnale. Yaakov Kirschen, vignettista del Jerusalem Post, spiega al Foglio che tutto questo “affare” è chiara espressione di uno scontro di civiltà: “In occidente i vignettisti usano il loro diritto di esprimersi nel modo che preferiscono, ma nelle società totalitarie questo tipo di libertà non è tollerato”. Per esempio, è illegale rappresentare la stella di David in Arabia Saudita, ma sul sito web dell’Autorità palestinese è riportata e ribadita la storia degli ebrei che uccidono i bambini non ebrei. Il doppio standard, secondo gli israeliani, si è fatto in questi giorni ancor più evidente: non esiste reciprocità tra quel che è concesso al mondo musulmano e quel che il mondo occidentale può permettersi di dire o fare. Pinhus David, un programmatore, ha un unico commento da fare, una domanda che molti, per le strade di Gerusalemme, si pongono senza nascondere lo stupore: “Che cosa deve ancora succedere perché l’Europa si svegli e la smetta di sentirsi intimidita dagli islamisti?”.

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