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"Il nostro obiettivo è la distruzione di Israele. Non ci può essere né compromesso né moderazione. No, noi non vogliamo la pace. Vogliamo la guerra e la vittoria. La pace per noi significa la distruzione di Israele e niente altro." (Yasser Arafat su "Esquire", Buenos Aires, 21.3.1971) "Nulla ci fermerà fino a quando Israele non sarà distrutto. Scopo della nostra lotta è la fine di Israele. Non vi sono compromessi né mediazioni possibili. Non vogliamo la pace: vogliamo la vittoria. Per noi la pace è la distruzione di Israele e niente altro. (Yasser Arafat su "New Republic", 16.11.1974) Con questi propositi Arafat ha organizzato per una ventina d'anni una serie impressionante di attentati terroristici, tra cui il massacro della squadra olimpica israeliana alle olimpiadi di Monaco del 1972. Nella guerra del golfo del 1991 si è schierato dalla parte di Saddam Hussein, che aveva chiaramente manifestato l'intenzione di distruggere Israele. Dopo la tragica disfatta del dittatore iracheno, Arafat però si è clamorosamente "pentito". Dev'essere stato qualcosa di folgorante, per spiegare un cambiamento così radicale. Ma il mondo gli ha creduto, non gli ha più ricordato il suo passato, lo ha perdonato, e più che perdonato: lo ha elevato all'onore evangelico di "facitore di pace". Infatti gli ha conferito il premio Nobel della pace. Ma Arafat ha continuato a parlare. Seguono altre sue dichiarazioni, tratte dal libro citato in fondo a questo foglio. "E' nostro diritto avere uno Stato, e non soltanto sulla carta, perché questo Stato sarà uno Stato palestinese indipendente, che servirà come trampolino di lancio dal quale libereremo Giaffa, Akko e tutta la Palestina." (1992) "La fondazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania e in Gaza sarà l'inizio della sconfitta dell'entità sionista. Nella fiducia in questa sconfitta, noi saremo in grado di portare a compimento il nostro obiettivo finale." (1992) "La marcia vittoriosa andrà avanti fino a che la bandiera palestinese sventolerà a Gerusalemme e in tutta la Palestina, dal Giordano al mare, da Rosh Hanikra fino a Eilat." (1992) "Ci sono due fasi del nostro ritorno: la prima fase fino alle frontiere del 1967, la seconda fino alle frontiere del 1948." (1992) "La riacquisizione dei nostri territori occupati è solo la prima tappa sul cammino della completa liberazione della Palestina" (1992). "Il nostro primo obiettivo è il ritorno a Nablus [Cisgiordania], poi proseguiremo per Tel Aviv" (1994). "Noi aspiriamo alla fondazione di uno Stato che useremo per la liberazione dell'altra parte dello Stato palestinese." (1994). "La battaglia contro il nemico sionista non è una battaglia che riguarda i confini di Israele, ma l'esistenza di Israele." (1994). "Non abbiamo posato il fucile. Fatah continua ad avere gruppi armati che continueranno ad esistere. Tutto quello che sentirete [di contrario], serve solo ed esclusivamente per scopi strategici." (1992) "[Il processo di pace] è soltanto una tregua d'armi fino al prossimo stadio della lotta armata. Fatah non ha mai preso la decisione di cessare la lotta armata contro l'occupazione." (1994) Nota: E' per questo che Arafat si presenta sempre ai colloqui di "pace" in divisa, anche se non non ne avrebbe nessun bisogno. Il segnale rassicurante che manda ai suoi è: "Non vi preoccupate, siamo sempre in guerra". Il 13 settembre 1995, lo stesso giorno in cui si svolse la cerimonia degli accordi di pace in Wahshington, Yasser Arafat disse alla televisione giordana: "Poiché non possiamo sconfiggere Israele in guerra, lo faremo per gradi. Prenderemo tutto il territorio che potremo in Palestina, stabiliremo lì la nostra sovranità e l¹useremo come trampolino per prendere di più. Quando arriverà il tempo opportuno, chiederemo alle nazioni arabe di unirsi a noi per il colpo finale contro Israele." Nel 1998, quando il processo di Oslo era già stato firmato, il Fatah di Arafat inserì la sua costituzione sul suo sito internet. Uno degli obiettivi della sua costituzione è espresso con queste parole: "La completa liberazione della Palestina e lo sradicamento economico, politico, militare e culturale dell¹esistenza sionistica." Nel 1999, nel giorno del suo 70° compleanno, Arafat disse davanti a molti simpatizzanti [ICEJ News Service, August 6, 1999]: "Allah volendo, continueremo la nostra battaglia, la nostra Jihad... e ancora una volta entreremo nella città di Gerusalemme come fecero i Musulmani la prima volta." |
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