Pubblichiamo l'editoriale del Foglio del 7 febbraio 2006:
Un prete missionario venuto da Latina è stato ucciso in una città turca del Mar Nero, lo sappiamo. Sappiamo che era cristiano di confessione cattolica. Sappiamo che è stato ucciso in nome del dio unico e massimo, in nome di Allah. Sappiamo che di quel sacerdote la sua Chiesa si proclama orgogliosa e che esercita il perdono cristiano verso l’assassino. Sappiamo purtroppo anche altro. Per esempio, che quel prete non è l’unica vittima dell’odio religioso in terra arabo-islamica. Che il martirio, seme del cristianesimo, non è protostoria, ma storia contemporanea a diverse latitudini. Che si muore e si va in galera per la libertà religiosa, di culto, per la libertà di vivere e annunciare la propria fede. Che questa libertà è conculcata nei loro paesi dalle stesse genti che la pretendono giustamente per sé in Europa e in America. Non c’è reciprocità in questo multiculturalismo a senso unico. Noi finanziamo la costruzione delle moschee, loro vietano la messa e l’espressione pubblica del culto. Noi abbiamo protestato civilmente davanti all’ambasciata iraniana a Roma il 3 novembre, agitando la bandiera iraniana e gridando slogan pacifici in farsi, loro incendiano ambasciate e consolati dal Libano a Gaza, da Giacarta a Damasco. Protestano per l’irrisione della religione islamica e dei suoi precetti letteralisti, ma irridono il dio degli ebrei e dei cristiani ed estirpano con la violenza le ultime vestigia del cristianesimo nella loro terra, minacciando di estinzione la patria ebraica. Chiedono che sia sostenuto dai nostri soldi il popolo palestinese e la sua burocrazia di governo, ma si accingono con Hamas a proporre l’applicazione della legge coranica e irrompono armati con Fatah nella sede dell’Unione europea o aggrediscono a sassate l’ambasciata austriaca a Teheran perché l’Austria oggi presiede l’Unione. Sappiamo anche altro. Che da noi è fervoroso e diffuso il cretinismo multiculturale. Che salta su uno e dice: non ci credo, è tutto un complotto, l’islam è pacifico e moderato e va declinato al plurale (frase che è segno sicuro di demenza grammaticale). Un altro salta su e dice: la colpa è della destra xenofoba europea. Un altro ancora danna chi chiede di guardare in faccia lo scontro di civiltà e di attrezzarsi per combatterlo con intelligenza, con prudenza, con spirito di dialogo e anche con la fermezza dell’identità che ci appartiene. Il cretino multiculturale non sa distinguere tra l’inopportunità di una vignetta e la barbarie della violenza contro la libertà di stampa. Non sa capire che la campagna di odio sacro è stata fomentata da un imam che fu confessore spirituale del numero due di bin Laden, che agisce da provocatore e si dissimula nel cuore di un grande paese civile come la Danimarca. Che bisogna mobilitarsi contro il boicottaggio dei prodotti danesi, essere uniti, solidali con chi rischia la vita per la nostra libertà di dire e di pensare invece che prosternarsi di fronte ai produttori televisivi globali di sentenze e condanne islamiche, i Qaradawi di al Jazeera che per tempo questo giornale additò all’attenzione del pubblico italiano ed europeo. Una volta non si poteva morire per Danzica, questione molto discussa, ma morire per un branco di cretini, questo è troppo.
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