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La Stampa Rassegna Stampa
07.02.2006 Soldi per distruggere il consolato
la regia siriana dietro le violenze in Libano

Testata: La Stampa
Data: 07 febbraio 2006
Pagina: 5
Autore: Lorenzo Trombetta
Titolo: «Mi hanno dato venti dollari per distruggere il consolato»

Un articolo da La STAMPA di martedì 7 febbraio 2006:

BEIRUT. «Domani scendiamo nella capitale a fare un po' di casino. Andiamo a vendicarci contro chi insulta la nostra religione l'Islam. Partiamo presto e la sera siamo già tutti a casa». Così centinaia di giovani dell'Akkar, regione nord-orientale del Libano, sono stati reclutati da shaykh e dignitari dei villaggi di una delle aree più povere e depresse del paese dei Cedri per assaltare a Beirut il consolato danese nell'elegante e ricco quartiere cristiano di Tabaris. Proteste a Beirut Rami K. (non è il suo vero nome) è uno dei giovani che ha risposto all'appello di sabato scorso perché «spinto dall'idea una gita in città. Qui - racconta - ho uno zio che lavora come tassista e ho colto l'occasione del viaggio di domenica per venirlo a trovare. Mi hanno pagato venti dollari, quel che guadagno in una settimana, e sono venuto a manifestare. Non ho rotto nulla, ho solo lanciato qualche pietra». Rami non sa dove sia la Danimarca né ha mai visto le vignette incriminate. «Io sono comunque musulmano e non mi va che insultino il Profeta». Ma i giovani non sono venuti solo dall'Akkar, dove la frontiera con la Siria è a pochi chilometri, ma anche da Tripoli e dai suoi dintorni. La seconda città del Libano è anche la tradizionale roccaforte della comunità sunnita e qui da anni sono attivi numerosi gruppuscoli d'ispirazione salafita. «L'ultimo venerdì di preghiera - spiega Ahmad al-Ayubi, leader di una corrente moderata dell'islam tripolitano - in molte moschee della città i predicatori hanno aizzato i fedeli a scendere in piazza bellicosi. Il clima era già teso da settimane e hanno soffiato sul fuoco della questione delle vignette, da noi condannate, per esasperare gli animi». Così ha fatto lo shaykh Muhammad Shahhal o anche lo shaykh Bilal Barudi invitando la folla a «rispondere all'ennesimo attacco lanciato dai crociati». Lo stesso leader del partito sciita Hezbollah, Hasan Nasrallah, per tutta la settimana si era espresso duramente: «Se qualche musulmano avesse eseguito la fatwa dell'imam Khomeini contro l'apostata Salman Rushdie, oggi quei vigliacchi non si permetterebbero di infangare l'onore del Profeta in Danimarca, Norvegia e Francia. (...) Se noi tolleriamo oggi - aveva detto Nasrallah - solo Iddio sa che cosa gli empi potranno fare domani». Moltissimi giovani sono così giunti dalle località rurali musulmane della valle della Beqaa, in parte in mano al Partito di Dio e in parte controllate da shaykh sunniti. Questi sono rimasti per decenni clienti dei servizi di sicurezza siriani, da qui ritiratisi solo formalmente. «V'è senza dubbio il regime siriano dietro l'assalto al consolato danese», ha affermato ieri Elias Atallah, uno dei deputati della coalizione che si oppone alla tutela di Damasco nel paese. Per lui «gli incidenti nel quartiere cristiano di Beirut sono stati scatenati da elementi non libanesi introdotti nel paese dalla Siria. Si tratta - ha spiegato - di giordani fatti entrare nella regione libanese di Akkar attraverso i confini siriani. Tra loro v'erano molti membri delle forze speciali di Damasco vestiti con abiti civili. I servizi siriani si sono coordinati con loro alleati libanesi nell'Akkar, nella regione di Zghorta e di Tripoli, nella Beqaa. Sono loro che hanno reclutato i giovani servendosi di shaykh e notabili locali». Tra i manifestanti c'erano anche palestinesi e ragazzi senza alcun documento di riconoscimento: «Per i primi - spiega Zouhair Hawari, docente all'Università libanese ed esperto di movimenti estremisti in Libano - si tratta di quella manovalanza giovanile presente nei campi profughi palestinesi, mentre i secondi saranno stati scelti tra le poche migliaia di beduini che vivono in semipovertà all'estremo nord del paese. Non sono registrati come cittadini e quindi sono più facili da usare come mercenari». Si comprende allora meglio da dove sia arrivata quella «carica dei 500» di cui racconta lo shaykh Husam al-Ghali, del villaggio di Aramun. «Noi e molti altre autorità religiose eravamo sul luogo del sit-in per una protesta pacifica. Poi sono arrivati dei pullman che hanno scaricato circa 500 giovani, con bandiere e simboli non concordati, tutti armati di bastoni e pietre. Questi hanno guadagnato la testa del corteo e sono partiti senza aspettare alcun segnale. Sono loro che hanno assaltato il quartiere cristiano e bruciato il consolato». Mentre dalla manifestazione si sarebbero allora ritirate molte sigle dell'Islam fondamentalista locale (come la «Jamaa Islamiyya» e il movimento «Tawhid») che giurano di esser scese in piazza solo per «protestare contro la Danimarca», centinaia di vandali devastavano gli uffici del palazzo di Tabaris.

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